Titolo: Palestinese
  
Autore: Samira Azzam
A cura di: Dahmash Wasim
Casa editrice: Edizioni Q
Genere: Racconti
Lingua: Italiano
Donato da: Maria d'Erme - Roma
  
Disponibilità: si
Formato: cartaceo
Posizione Libro: Centro
Settore: Palestina

[Rif. 2] Stampato anno: 2003 - Num. pagine: 112 - Costo: 10 Euro

[...] Aveva sentito dire... Insomma non poteva dire come lo sapeva, ma, si che lo sapeva che lui avava cercato di ottenere la cittadinanza libanese. Comunque, se ancora la volesse un mezzo ci sarebbe... Anzi c'è un solo mezzo... Il danaro. Eh si, proprio così purtroppo, duemila. Certo duemila sono una bella somma, più di quanto altri hanno pagato, però, si sa, le autorità sono diventate più severe adesso. I palestinesi, si sa, hanno riesumato tutte le genealogie, non c'è rimasta una sola famiglia libanese che non abbia un ramo palestinese... E poi, quegli avvocati che si sono arricchiti con il commercio delle naturalizzazioni, hanno esaurito tutte le risorse genealogiche! Duemila erano davvero una grossa cifra per lui. Anni prima non aveva accettato di pagarne un quarto per avere un «nonno libanese di un ottimo villaggio» o, in alternativa, per rifare la storia del nonno, il quale a quanto lui ne sapeva, era nato e, sempre a quanto lui sapeva, era morto a Rama, in Galilea. Se gli avessero ricostruito la storia non ne avrebbe tradito la memoria, non lo avrebbe certo misconosciuto prima che il gallo canti tre volte, gli avrebbe soltanto chiesto il permesso di modificare quel caso geografico, lo avrebbe fatto nascere in Libano invece che in Palestina. Tutto lì. Quella leggera modifica lo avrebbe liberato dalla parola «Palestinese» che lo riduceva a membro di un branco in cui si cancellavano i tratti delle persone. La pronunciavano con tono pietoso, lui non voleva essere commiserato; con astio, lui non voleva essere causa del loro risentimento; con tono minaccioso ogni volta che i padroni delle botteghe più piccole spurgavano il loro rancore e lo tessevano in teorie con cui interpretavano gli avvenimenti e i cui fili, fragili, ma fitti, lo avvolgevano. Lo avvolgevano come nebbia carica di ansia, gli facevano sentire che lui, la bottega, i quattro figli, la moglie, erano soltanto un gioco in mano ai grandi stregoni che degli avvenimenti erano i protagonisti; una nebbia che lo portava a pensare che l'unica garanzia per non dover affrontare un altro esilio ignoto consisteva nell'ottenere la cittadinanza. L'impulso s'indeboliva quando si allentavano i fili delle teorie e i suoi timori si affievolivano e morivano nelle pieghe delle preoccupazioni quotidiane, per poi rispuntare vigoroso quando gli capitava un qualcosa che scuoteva l'edificio screpolato della sua esistenza, come quella volta che il figlio maggiore aveva finito la scuola e non riusciva a trovare un lavoro che gli durasse per più di due settimane. La legge al riguardo era chiara: l'impiego è riservato ai cittadini. Il ragazzo non ebbe altra scelta che volare verso uno dei deserti che accoglievano i disgraziati come lui e tollerava di affratellare nella fatica uomini di varie nazionalità.