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Agosto 2010 nasce in Calabria Il Centro di Documentazione Invictapalestina.

Si ringraziano per i suggerimenti e discussioni:

Wasim Dahmash (Insegna Lingua e Letteratura Araba c/o la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Cagliari)

Maria d’Erme ( Dipt. di Sc. Biochimiche. Sapienza Università Roma)

I “Fiati Sprecati” di Firenze che hanno suonato per le vie di Pentone durante l’inaugurazione del Centro.

Il Comune di Pentone per la collaborazione offerta e tutti gli amici/amiche che hanno incoraggiato la preparazione di questa iniziativa.

 

 

Blog

I leader israeliani hanno sempre voluto Distruggere, Espellere, Cancellare i palestinesi

Dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967 fino ad oggi, la guerra è la stessa. Quel peccato originale ci accompagna fin dall’inizio, ma ad oggi ci domina. Nel 1967, il mostro si travestì sotto forma di dibattiti “pragmatici” a porte chiuse del governo di sinistra [nel senso israeliano-tr]. Oggi i ministri del governo di destra …

Quarta parte – La Palestina contro un mondo di eco-apartheid

Il colonizzatore crede che con sufficiente abbrutimento si possa rinchiuderci in uno stato di repressione indefinito, ma la storia si è sempre piegata verso la giustizia: non per caso, ma come risultato dell’inevitabile e implacabile resistenza dei popoli contro le forze del genocidio, per la dignità per tutti sulla terra.

OUR GOALS – I nostri OBIETTIVI

Segue traduzione in italiano.

Some of us wonder what the activism, especially the international activism, represents today. The strategies which guide the macro-politics lack reference parties and movements. Moreover, the numerous analyses on crisis areas are rarely followed by interventions. But the issue is even more complex.

It seems that nowadays the activism has been narrowed to a particular kind of activism, the one of “solitary cavaliers” who support a certain campaign following individual patterns.

In the past, this modus operandi was rooted in some particular ideologies –such as the anarchy for instance – and was countered by collective ideas and projects. These latter are represented by those deeds marking the history of classes and communities; by what Gramsci, in a letter to his son Delio written in the prison, described as “… everything concerning human beings, as more as possible, all the human beings in the world who join together to shape communities and work and fight for improving themselves” (A. Gramsci in Letters from Prison). In other words, as Gramsci claimed, the productive engagement aimed at bringing positive changes needs voices, arms, minds, hearts (in the plural) taking distance from all forms of individualism.

Of course this is not easy but for more than one century this has been the mainstream approach endorsed by activists. Activists who still consider this approach the only viable path, a kind of activism emblem, cannot understand the role of solitary activists who avoid any kind of collaboration. They prefer to act- or better to show off-   in a kind of “solo” that would be certainly more efficienti if the solitary activists joined other activits involved in the support of the same campaigns.

We do know that sometimes we part ways. Fine. But we do like to reflect on principles. We do like to reflect on different horizons of meaning of the people who are still able to place a common goal before their ego, to share this goal and to think together to establish common and better strategies; to transform the “me” in “you”; who are still able to live the gift of the activism – which sometimes become a real turmoil – not as a personal challenge, but as a shared transformation’s project. In which the individual can nourish his soul and values countering his naural egotism.

Invictapalestina

Alcuni di noi s’interrogano su cos’è oggi, o cos’è diventato, l’attivismo, specie internazionalista. Non solo sul versante delle strategie guida della macro-politica che ci trovano orfani di partiti e movimenti di riferimento, e di linee applicative in tante analisi, che comunque non mancano, però scarseggiano di possibilità applicative in diverse aree di crisi.

Il discorso s’approssima a quel genere di attivismo con cui taluni “cavalieri solitari” ritengono di agire per una causa seguendo schemi individuali. Una scelta che un tempo aveva radici ideologiche, ad esempio, nell’anarchia e vedeva su fronti paralleli e alternativi altri pensieri e progetti segnati da intenti collettivi.
Quelle gesta che segnano la storia di classi e popoli come Gramsci ricordava dal carcere al figlio Delio “… tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano a migliorare se stessi” (da “Lettere dal carcere”). Si sorvoli sul termine “uomini” inteso dal pensatore come umanità, senza esclusione per gli altri generi.

Insomma, l’impegno costruttivo per creare e lottare cerca voci, braccia, menti, cuori al plurale, fuori da ogni soggettivismo. Cosa, indubbiamente, difficile a farsi, ma per un secolo e oltre quest’approccio ha girato nella prassi militante. Chi ne fa tuttora una bandiera, o perlomeno un percorso imprescindibile, stenta a comprendere la figurae l’operato dell’attivista unico, che schiva collaborazioni e si mostra, e quasi esibisce, in un assolo che ben più forza riceverebbe compartecipando a percorsi con tutti coloro impegnati in cause comuni.

Sappiamo che le strade talvolta possono prendere indirizzi differenti, e sia. Ma è sul principio che ci piace riflettere. Sul diverso orizzonte di coloro che prima di se stessi vedono un fine, lo condividono e ragionano per stabilire comuni e migliori strategie; per convertire l’io in noi; per vivere il dono dell’azione (o dell’agitazione) non alla maniera d’una personale sfida, ma come progetto pianificato di trasformazione comune.
Nel quale anche il singolo nutre l’anima e gli ideali, perché combatte l’egoismo che vive in natura.

Il gruppo di Invictapalestina.

 

Le immagini del SITO

 

  • The documentation center aims at promoting the collection, the research, the knowledge and the divulgation of paper and electronic documents and videos focused on the history of Palestinian people.
  • Il Centro di Documentazione ha lo scopo di promuovere la raccolta, la ricerca, la conoscenza, la divulgazione, di materiale cartaceo, informatico e video sulla storia del popolo palestinese.

 

  • Let’s start with the images of our website which are all shots and/or artworks of Palestinian artists.  We’ve used five images to represent our work.
  • Incominciamo con le immagini del nostro sito che  sono tutti scatti e/o opere di artisti palestinesi. 5 immagini per rappresentare il nostro lavoro.

  • Followed by a shot by Abed Rahim Khatib which is the background of our blog “Information is resistance”; he lives in Gaza Strip as well, in the city of Rafah.
  • Segue uno scatto di Abed Rahim Khatib, che fa da sfondo al nostro BLOG: l’informazione è RESISTENZA, anche lui vive a Gaza nella città di Rafah.

  • The 3rd image is the background of the space dedicated to the Invictapalestina’s goals. It is a painting by the artist Ahmad Yaseen. He is in his early 20s and he lives in Nablus. The artist, besides painting on canvas, carves his artworks on prickly pear plants.
  • La terza immagine fa da sfondo all’obiettivo che ci siamo dati come Invictapalestina. E’  un’opera dell’artista Ahmad Yaseen, poco più che ventenne vive a Nablus, l’artista oltre alla pittura su tela  scolpisce le sue opere sulle piante di fico d’India

  • The 4th image is an artwork by Dena Mattar, from Gaza as well.
  • La quarta immagine è un’opera di Dena Mattar anche lei di Gaza.

  • The 5th image is the interior of Hirbawi Factory in الخليل, al-Khalīl (Hebron), showing one of the several faces of Palestinian resistance, the one occurring through memory and traditions.
  • La quinta immagine è l’interno di Hirbawi Factory a الخليل, al-Khalīl (Hebron), un altro aspetto della RESISTENZA Palestinese attraverso la memoria e le tradizioni.

 

 

Hir­bawi Tex­tile Factory

Kefiah, l’ultima fabbrica

Quin­dici telai lavo­rano inin­ter­rot­ta­mente pro­du­cendo un fra­stuono mec­ca­nico assor­dante. Impos­si­bile comu­ni­care senza dover urlare, ma gli ope­rai non sem­brano farci caso: cono­scono bene i loro com­piti e non hanno biso­gno di par­lare tra loro se non nelle pause per il tè, sem­pre dispo­ni­bile, ben caldo, in un ser­vi­zio arran­giato al cen­tro del grande capan­none illu­mi­nato dai neon della fab­brica. Tes­suti di vari colori e fan­ta­sie fuo­rie­scono dai telai, men­tre gli ope­rai pas­sano da una mac­china all’altra con in mano un sem­plice col­tello da cucina per eli­mi­nare le pic­cole imper­fe­zioni del prodotto.

Imma­gini di Yas­ser Ara­fat cam­peg­giano un po’ ovun­que nello stan­zone della fab­brica. Una gigan­to­gra­fia del lea­der pale­sti­nese acco­glie i visi­ta­tori nello shop adia­cente i mac­chi­nari. I ritmi scom­po­sti dei telai arri­vano tal­volta a sovrap­porsi. Per alcuni istanti sem­bra che i mac­chi­nari cer­chino di accor­darsi, tro­vare una velo­cità comune e allora, nell’aria, regna un senso di sospen­sione, di attesa. Pochi attimi, poi tutto torna all’abituale chiasso che accom­pa­gna i lavo­ra­tori della Hir­bawi Tex­tile Factory .