Questo israeliano sollecita Lorde: piuttosto canta  la Palestina

Invece di cancellare semplicemente il tuo spettacolo a Tel Aviv, attraversa i checkpoint e il muro di separazione e fai ciò che la maggior parte delle icone pop deve ancora fare: esibirsi in Cisgiordania. Una lettera aperta a Lorde.

Cara Lorde,

potresti esserti gia imbattuta nelle mie parole. Tre anni fa, la tua arte e il tuo personaggio pubblico mi hanno ispirato a produrre qualcosa di ambizioso. “The Israel-Palestine Lorde Diaries“, una stramba rubrica per fan apparsa su questo sito in ben 15 capitoli. In questi ho descritto le difficoltà che ho dovuto affrontare mentre cercavo di creare un tributo bilingue, bi-nazionale, israeliano-palestinese al tuo primo album “Pure Heroine”.

In questa terra antica e travagliata, tutto è extra politico. I potenziali artisti palestinesi erano inizialmente entusiasti del progetto, prima di ritirarsi. Amano le tue cose. Volevano partecipare. Non avevano nulla di personale contro di me o il mio produttore/partner. Eppure, cantare “Team” con noi, membri di una società che mantiene il controllo militare su milioni di loro fratelli privandoli dei dei diritti fondamentali, avrebbe creato un falso senso di normalità.

Ritorno su questo discorso perché sembra che tu stia affrontando una sfida che non è del tutto estranea. La settimana scorsa, è stato annunciato che canterai a Tel Aviv nel giugno del prossimo anno. Poco dopo la notizia, importanti sostenitori del movimento BDS ti hanno invitata a unirti a loro nel boicottare Israele, per protestare contro le sue politiche di occupazione. [Aggiornamento: Lorde ha annunciato che avrebbe annullato il suo spettacolo in Israele poco dopo la pubblicazione di questo post]

Hai sicuramente letto molto sull’argomento, eppure mi sento in dovere di aggiungere qualche altra parola dal mio punto di vista come  israeliano che ama la sua società e tuttavia e’ consapevole del suo coinvolgimento in un crimine orribile. In realtà, sto per aggiungere molte parole, quindi per favore scusami per quanto scriverò. Queste cose meritano un certo approfondimento. E inoltre, qui non parlo inutilmente.

Il problema stesso è semplice. I tuoi fan israeliani sono tanti ed entusiasti; sarebbe un peccato deluderli. D’altra parte, sei una persona attenta alla politica.  Se io fossi un artista internazionale e sapessi cosa so dell’occupazione, probabilmente la boicotterei.

La storia di una ragazza

Se solo i tuoi fan israeliani condividessero la stessa conoscenza, le cose sarebbero più semplici. Purtroppo, siamo stati educati a evitare la ricerca di informazioni critiche sulla politica locale e, quando ci imbattiamo in essa, la respingiamo come una calunnia.

Utilizzerò una storia per spiegarlo. Potresti già conoscerla, dal momento che è attualmente in primo piano nei media. È la storia di un piccolo villaggio palestinese chiamato Nabi Saleh, di una ragazza cresciuta lì, di quello che ha fatto quella ragazza in un momento di rabbia e di come noi, come israeliani, ne parliamo.

Foto: Un soldato israeliano è di guardia a un pozzo  nei pressi di Nabi Saleh, dopo essere stato preso dai coloni il 22 aprile 2012. (Oren Ziv / Activestills.org)

 

Come in molti villaggi palestinesi della Cisgiordania, lo stato ha confiscato una parte della terra di Nabi Saleh per favorire la costruzione di un insediamento israeliano. L’insediamento fu costruito a ridosso della valle. Le due comunità ora si tengono testa in un confronto senza fine. Sulla collina meridionale vivono i coloni, che hanno tutti i diritti di cittadinanza dello stato, sulla collina settentrionale i non cittadini. I coloni ottengono acqua dai rubinetti senza problemi, i palestinesi di tanto in tanto devono far fronte a mancanza di acqua.  I coloni temono i palestinesi e i palestinesi temono l’esercito.

Alcuni anni fa, quando l’antico pozzo del villaggio fu occupato dai coloni con la protezione dell’esercito, gli abitanti del villaggio decisero di superare la loro paura e prendere posizione. Hanno iniziato a organizzare manifestazioni settimanali. Essendo non cittadini, a loro è legalmente vietata ogni forma di protesta, e l’esercito le reprime severamente. Hanno sparato sul villaggio  così tanti lacrimogeni che persino i coloni vicini hanno iniziato a risentirne. I contenitori di gas sono stati lanciati nelle case attraverso le finestre. In un caso, un soldato ha sparato un lacrimogeno a bruciapelo direttamente in faccia a un dimostrante, uccidendolo.

Foto: Mustafa Tamimi, un palestinese di 28 anni di Nabi Saleh, fotografato pochi secondi prima di essere colpito da un  lacrimogeno sparato da un soldato israeliano a breve distanza durante la dimostrazione settimanale nel villaggio di Nabi Saleh, in Cisgiordania, 09.12.2011 . (foto: fotografo ospite Haim Scwarczenberg / Activestills)

 

Ahed Tamimi aveva circa 10 anni quando iniziò a manifestare. La casa della sua famiglia è situata in una posizione privilegiata e spesso viene presa d’assalto dai soldati che la utilizzano come un appostamento per i cecchini. Da bambina, avrebbe urlato ai soldati di andarsene. Naturalmente, senza sortitre alcun effetto.

Non e’ piu’ una bambina ora. Ha l’eta’ che avevi quando e’ uscito il tuo album “Pure Heroine”  – eloquente e intelligente,  e sfoggia una chioma selvaggia che richiama alla mente il tuo look iconico.

Ha finito di urlare  la scorsa settimana, quando i soldati sono arrivati, lei li ha spinti e li ha anche presi a pugni.

I soldati hanno reagito moderatamente. (In seguito hanno confessato che avrebbe agito diversamente se le telecamere non fossero state presenti). Il video è diventato virale e una notte dopo, prima dell’alba, i soldati sono entrati in casa e hanno arrestato Ahed. Sua madre che l’ha seguita  fino alla base militare, e’ stata lei stessa arrestata per “incitamento”.

Foto: Ahed Tamimi durante l’udienza nella corte militare di Ofer. 20 dicembre 2017. (Oren Ziv / Activestills)

 

Mentre scrivo questo, quasi una settimana dopo l’accaduto, Ahed è ancora sotto interrogatorio. Vi esorto a usare la vostra immaginazione: in luoghi come la Cisgiordania, l’interrogatorio assume molte forme.

A questo punto lascerò andare la mia stessa narrativa, che ha preso forma attraverso viaggi e conversazioni (ho visitato Nabi Saleh prima e dopo l’incidente) e vi racconto come i media israeliani presentano i fatti ai tuoi fan.

In poche parole: una ragazza rude, membro di una nazione intrinsecamente violenta e una potenziale terrorista che ha osato attaccare un membro delle forze di difesa del popolo ebraico. Essendo disarmata, chiaramente non avrebbe potuto arrecare particolari danni fisici; il suo scopo era quindi quello di arrecare un danno a livello mediatico – tale da favorire la perpetua diffamazione del popolo ebraico.

Gli adolescenti credono in questo. Ragazzi ribelli! E perché non dovrebbero? Tutte le voci del dissenso sono state messe a tacere nella società israeliana. Nel frattempo, le voci di condanna sono ovunque. A seguito del cosiddetto “attacco” di Ahed sui soldati, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti ha accusato I Palestinesi di vestire appositamente Ahed con “abiti americani” per attirare simpatia. Il giornalista editorialista israeliano  Ben Caspit ha elogiato i soldati per la loro calma e ha sostenuto che la vendetta avrebbe potuto aver luogo “più tardi, al buio, quando nessuno stava guardando”.

Ora che Ahed è davvero in quell’oscurità, la discussione mediatica in ebraico rimane centrata sulla bontà dei soldati armati dalla testa ai piedi. L’empatia per il “nemico” è fuori discussione, e una discussione più profonda sulla storia del villaggio e sulla realtà punitiva è del tutto assente.

Non portare un “messaggio di pace”

È possibile che Ahed sia libera entro giugno, ma ci saranno ancora molti Ahed in custodia quando (e se) atterrerai all’aeroporto Ben Gurion. I bambini e gli adolescenti della West Bank vengono arrestati ogni notte, soprattutto per il lancio di pietre, ma anche come strumento di intimidazione. Poiché sono “non cittadini”, Israele nel loro caso non si ritiene obbligato a seguire lo standard accettato a livello internazionale per il trattamento dei minori.

Immagina una ragazza simile ad Ahed che viene “interrogata” mentre sei sul palco. Immagina di cantare “Yellow Flicker Beat”, una canzone che celebra il coraggio di una giovane donna Katniss Everdeen, personaggio del romanzo Hunger Games, ad un pubblico indottrinato a tal punto da sostenere l’arresto militare di adolescenti che sono detenuti senza accusa e senza giusto processo.

L’ironia è ovvia, e dubito che tu non sia troppo coscienziosa per ignorarla del tutto. Inoltre, il movimento di boicottaggio si descrive come una spinta non violenta verso il cambiamento, e difficilmente ti biasimo per aver sperato di partecipare a cambiare la realtà finora descritta.

Foto: Una donna palestinese cammina accanto a un cartellone che chiama a boicottare Israele esposto in una strada nella città di Betlemme, in Cisgiordania, l’11 febbraio 2015. (Miriam Alster / Flash 90)

Ma poi, se decidi di non venire, cosa ne sarebbe del pubblico? Non hanno una conoscenza approfondita di questa realtà. Invischiati in un paradigma paranoico, i media e il sistema scolastico continuano a ripetere lo stesso mantra: siamo noi contro tutti. Secondo questa dottrina, chiunque dedichi a chi ci odia parte del suo tempo ci odia a sua volta o, perlomeno, è talmente sciocco da scendere a patti col diavolo.  La lunga e tragica storia del popolo ebraico e la persistenza dell’antisemitismo in tutto il mondo rafforzano queste nozioni e sono spesso evocate dai nostri politici.

Quando un mantra viene ripetuto abbastanza spesso, diventa una verità solida e indiscussa. La maggior parte dei giovani israeliani non ha nemmeno la piu’ pallida idea del fatto che i Palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme Est non siano cittadini. Sono scoraggiati dal visitare questi luoghi, a volte dalla legge. Inoltre, una barriera linguistica impedisce loro di sentire le voci provenienti dall’altra parte del muro. Senza  considerare il contesto di un governo militare violento, leggono tutte le resistenze palestinesi come una manifestazione di odio cieco e dell’islam radicale. Nel momento in cui sono essi stessi arruolati, queste nozioni sono abbastanza solide da farli diventare complici nell’oppressione dei Palestinesi.

Temo che nulla di cio’ che fai in pubblico o in privato possa contribuire a cambiare questa realtà, e ti prego di non portare un “messaggio di pace”. In un contesto di cittadini contro non cittadini, la “pace” è troppo spesso un eufemismo che sta per soggiogazione. Sono I forti a decidere quale aspetto debba avere  la pace – e la loro visione raramente implica l’uguaglianza.

Posti imperfetti

Quindi cosa dovresti fare? Evidentemente “Yellow Flicker Beat” dalla tua scaletta sarà sufficiente. Potresti aver già maturato una decisione e ogni decisione che prendi sarà accettata. Un fan è pur sempre un fan anche durante i momenti avversi.

Foto: Leonard Cohen durante un concerto a Ramat Gan il 24 settembre 2009. (Marko / Flash90)

Ma nel caso in cui tu non l’abbia ancora fatto, il tuo famoso stile mi dice che stai cercando di pensare fuori dagli schemi. È questo tipo di pensiero che mi ha aiutato  con l’album. Per realizzare il progetto, ho dovuto frammentare la mia identità. L’album non era, in definitiva, ne’ ebraico e ne’ arabo. Tutti gli artisti israeliani hanno cantato nelle lingue dei loro nonni: francese, russo, yiddish e sì, anche ebraico.

Non appena abbiamo decostruito il concetto di “identità israeliana”, siamo stati in grado di vedere il paese come un puzzle di identità. I palestinesi si sono identificati come un pezzo di quel puzzle e si sono uniti a noi. Non avevamo la capacità di garantire loro i loro diritti, ma siamo usciti da quel circolo vizioso tribale, che è la prima cosa che dovremmo fare tutti qui per poter  cambiare le cose.

Abbiamo rotto la dicotomia ma, per far questo, prima siamo stati costretti a esserne parte. Tu vieni in qualita’ di estranea e quindi le tue alternative sono limitate. Da quello che posso notare, hanno a che fare per lo piu’ con la location in cui esibirsi.

Una soluzione ovvia sarebbe quella di suonare sia a Tel Aviv che a Ramallah. Leonard Cohen aveva optato per questa soluzione nel suo tour finale, ma nessuna sede palestinese lo ha voluto dopo che aveva scelto di suonare in Israele. La logica, ancora una volta, è contro la normalizzazione. Fare due spettacoli in due città creerebbe un falso senso di sana simmetria e permetterebbe al mondo di ignorare ulteriormente il destino di Nabi Salah e di centinaia di altre città e villaggi palestinesi come questo.

Foto: La leggenda del rock britannico Roger Waters parla agli studenti della Sam Spiegel Film and Television School, Gerusalemme, 1 giugno 2009. (Lior Mizrahi / Flash90)

Cercare di trovare una mediazione è complicato. Roger Waters, dichiaratamente sostenitore del BDS, lo ha sperimentato una volta. Ha organizzato un concerto a Neve Shalom \ Wahat al-Salaam, un piccolo villaggio all’interno di Israele dove convivono ebrei israeliani e cittadini palestinesi di Israele (noti anche come arabi israeliani). Nonostante i problemi di traffico, la serata è andata bene, ma dubito che Waters rifarebbe questa cosa dopo un’analisi piu’ attenta della questione. Ciò che ha fatto è stato proprio quello di “portare un messaggio di pace”. Eppure la pace è oziosa senza uguaglianza. I fan palestinesi della Cisgiordania non hanno potuto partecipare – sono bloccati da un muro e da posti di blocco militari.

Rocking Palestine

Una possibilità più fattibile sarebbe quella di esibirsi in Cisgiordania. Fidati, alcuni fan israeliani ce la farebbero a venire. La legge israeliana ci proibisce di visitare le più grandi città della Cisgiordania, ma possiamo accedere a gran parte del territorio e le barrier sono sempre completamente aperte davanti a noi.

Il governo israeliano prova a dissuaderci dall’andare in posti dove si possono vedere nuove prospettive. Grandi cartelli rossi sono stati sistemati al di fuori di ogni città palestinese in Cisgiordania, avvertendo gli Israeliani che avventurarsi oltre è “pericoloso per le loro vite”. Questi segni  disumanizzano ulteriormente  una società gia’ di per se’ disumanizzata.

Foto:Un uomo palestinese cammina attraverso il checkpoint di Qalandiya, che separa le aree controllate da Israele e dai palestinesi, tra Gerusalemme e Ramallah.

Permettendo ai tuoi fan israeliani di visitare i posti in cui sono presenti questi segni, aprirai nuovi orizzonti per loro. Non tutti i luoghi richiedono un atto di disobbedienza civile da parte loro nel caso decidessero di recarvici. Per esempio, agli Israeliani è legalmente permesso di  visitare il nuovo teatro all’aperto nella città palestinese di Rawabi, che può ospitare 12.000 persone, nonché la sede delle piscine di  Salomone vicino a Betlemme. Detto questo, non c’è nulla di sbagliato in un po ‘di disobbedienza civile, i ragazzi dai denti bianchi sono notoriamente fuori, vieni a cantare per coloro che osano.

C’è molto da dire sul boicottaggio totale. È ben delineato e invia un messaggio chiaro, ma dal momento che non tutti hanno gli strumenti per comprendere il messaggio, e dato che le cose in questa terra – o in questo mondo in generale –  raramente  sono  ben delineate, sceglierei l’opzione finale. Sì, ti imbatterai in un sacco di fraintendimenti provenienti dai gruppi pro-Israele, ma un boicottaggio completo produrrebbe la stessa risposta, o peggio. Sì, i tuoi fan israeliani potrebbero sentirsi abbandonati. Spetta a te chiarire che non lo sono. Ramallah è a soli 40 chilometri da Tel Aviv.

Infine, cantare in Cisgiordania porta un vantaggio speciale: Ahed Tamimi, le sue sorelle e I soi amici, per I quali e’ vietato recarsi a Tel Aviv, potrebbero partecipare al tuo concerto.  Rawabi è letteralmente a 10 minuti da Nabi Saleh. Non ho dubbi che questa ragazza sia una tua fan, e dopo quello che ha fatto e quello che sta attraversando, merita un posto in prima fila.

Buone vacanze e tutto il meglio,
Yuval

 

Trad. Invictapalestina.org

Fonte:https://972mag.com/this-israeli-urges-lorde-play-palestine-instead/131862/

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