Intervista a Miko Peled

Mercoledì’ 21 e giovedì 22 Giugno Miko Peled ha partecipato a due serate intense prima a Milano e poi a Biella.

Aggiornamento ore 11 di sabato 24 giugno. 4 video sull’incontro di Biella.

martedì 20 giugno 2017

Perché suo padre entrò in contrasto con Dayan per la Guerra dei Sei Giorni?

 

Mio padre, il Generale Matti Peled, che era membro dell’Alto Comando dell’esercito israeliano, stava facendo una forte pressione sul governo per dare il permesso di iniziare la guerra. Non si oppose a Dayan, si oppose al governo israeliano perché riteneva che non era sufficientemente “deciso”, secondo lui, e che stava aspettando troppo a lungo per avviare la guerra. Non c’era problema con Moshe Dayan su questo. Ebbe, in seguito, un grave disaccordo con Moshe Dayan sul cosa fare dei territori conquistati ed ebbe dei disaccordi personali con lui perché era un corrotto.

 

Un’altra domanda. Suo padre ha detto: “La tesi secondo cui il pericolo di genocidio pendeva su di noi nel giugno 1967 e secondo cui Israele stava combattendo per la sua sopravvivenza fisica, non era altro che un bluff che era nato e cresciuto dopo la guerra”.  In un dibattito radiofonico, il generale Peled ha anche detto: “Israele non è mai stato in un reale pericolo e non c’era alcuna prova che l’Egitto avesse qualche intenzione di attaccare Israele”. Ha aggiunto che “l’intelligence israeliana sapeva che l’Egitto non era preparato per la guerra”. La vigilia della Guerra dei Sei Giorni, suo padre era un falco, che cosa, in seguito, lo ha convinto che quella guerra fosse un inganno?

 

Credeva che Israele avrebbe dovuto usare la vittoria del 1967 e i nuovi territori per negoziare la pace. Vedeva che invece Israele stava progettando di mantenere i territori e la scusa che Israele aveva dato era che abbiamo bisogno dei territori per la “sicurezza” e che prima della guerra c’era una minaccia esistenziale per Israele. Naturalmente, questa era una menzogna. Così ha spiegato questa bugia. Nel mio libro vi sono le citazioni tratte dalle riunioni dei generali prima della guerra. Sono negli archivi dell’esercito israeliano. Mio padre e gli altri generali dicono che l’Egitto non è pronto per la guerra e quindi è un buon momento per attaccare!

 

Lei sostiene la causa palestinese, come distingue la posizione di Hamas con quella di Abu Mazen?

 

Hamas e Fatah rappresentano due legittimi movimenti all’interno della politica palestinese. Ci sono molti altri gruppi e non dobbiamo limitare tutta la Palestina a due movimenti che operano su una piccola parte della Palestina, in Cisgiordania e a Gaza. Essi rappresentano solo due partiti. Devo dire che Hamas è stato eletto democraticamente, ma per più di dieci anni il Primo Ministro eletto democraticamente dall’autorità palestinese è sotto assedio in una prigione a cielo aperto nella Striscia di Gaza e non riconosciuto o accolto da alcun governo occidentale. Ma ci sono altri partiti, altri movimenti. Ci sono i rifugiati nei campi che oggi non sono rappresentati politicamente e ci sono palestinesi del 1948, con cittadinanza israeliana di seconda classe che seguono altri movimenti politici.

 

Come ebreo israeliano, come concilia questa posizione con alcune frange estremiste palestinesi che negano il diritto all’esistenza dello Stato israeliano?

 

Nessun regime colonialista razzista ha il diritto di esistere. Israele è un progetto colonialista di insediamento con un governo di apartheid che dà privilegi speciali agli immigrati ebraici a scapito di persone native palestinesi. Come si può accettare questo? Israele sta occupando la Palestina da 69 anni, Israele commette crimini di guerra, massacri e pulizia etnica. Come può qualcuno dire che Israele ha il diritto di esistere? Gli ebrei israeliani come me, sono come i bianchi del Sudafrica. Siamo i figli e i nipoti dei colonialisti. Naturalmente abbiamo il diritto di vivere, ma non essere una società privilegiata. Abbiamo solo il diritto di vivere con piena parità di diritti come i palestinesi. Ma finché Israele è un occupante con un regime di apartheid, non ha diritto di esistere.

 

Quale, secondo lei, sarebbe la soluzione giusta per il problema arabo-israeliano?

 

Se crediamo nella giustizia, nell’uguaglianza, nei diritti umani allora dobbiamo combattere per creare un unico Stato democratico in tutta la Palestina. E voglio dire tutta la Palestina! Dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo. Dobbiamo trasformare Israele in uno stato democratico con piena parità di diritti. Ciò significa piena uguaglianza per i palestinesi e gli ebrei, il ritorno dei profughi palestinesi, liberare tutti i prigionieri politici, liberare Gaza e porre fine all’occupazione militare israeliana. Gli ebrei ei palestinesi possono vivere in pace, insieme ma solo in uno stato democratico con pari diritti.

Aggiornamento ore 11 di sabato 24 giugno. 4 video sull’incontro di Biella.

 

Fonte: Diego Siragusa.

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