La fantasia di umanizzare i soldati israeliani

In netto contrasto con i soldati che si vantano delle loro battaglie contro avversari indifesi, c’è una piccola scheggia di israeliani che si rifiutano di servire nell’esercito di occupazione per motivi di coscienza, principi morali e valori umani.

Fonte: english version

Raseef22 – 6 giugno 2021

I crimini dell’esercito di occupazione israeliano che hanno accompagnato il recente bombardamento della Striscia di Gaza hanno ancora una volta svelato il vero volto di Israele. Il suo odioso attacco ai civili, così come l’uccisione e l’intimidazione dei bambini hanno contribuito in modo significativo a mobilitare l’opinione pubblica ad avere un atteggiamento più solidale nei confronti dei palestinesi e della loro causa.

Nel tentativo di arginare la situazione prima che sfugga troppo di mano, gli account affiliati alla macchina da guerra israeliana stanno conducendo una “guerra morbida” sui social media, nel tentativo di riabilitare l’immagine dell’esercito di occupazione e “umanizzare” i suoi soldati. Stanno anche cercando di rappresentare i militari come persone “buone” che amano, si divertono e svolgono attività ludiche per coprire le loro atrocità nei confronti del popolo palestinese.

Questa battaglia non è una novità per gli israeliani, ma forse non è mai stata così intensa.

Un’estetica che maschera l’orrore del colonialismo

Alcuni giorni fa, il sito palestinese “Metras” ha parlato della presenza di soldati di occupazione israeliani sui social media, iniziando con le reclute israeliane che mostrano il loro fascino tramite Instagram in un modello “estetico” distorto che maschera l’assoluto orrore e barbarie della macchina coloniale”. Ha mostrato anche post che ostentano la partecipazione dei soldati di occupazione alle operazioni militari nelle città palestinesi, oltre al vanto di resoconti appartenenti all’esercito di occupazione sulle azioni “benefiche” e sul lato umano dei suoi soldati, come il sostegno ai malati di cancro.

“Metras” vede che tutto ciò che viene pubblicato da questi resoconti, la maggior parte dei quali sono ufficiali e/o finanziati nel tentativo di “umanizzare” i soldati dell’occupazione, è “un invito aperto al reclutamento rivolto ai ‘sostenitori dell’esercito’ stranieri,  e preannuncia la prossima avventura che il servizio militare compirà” attraverso la promozione, perché alcune reclute preferiscono trascorrere la loro luna di miele “in prima linea” piuttosto che viaggiando o soggiornando in villaggi vacanza.

Questa è una vecchia pratica che si è evoluta e ora sta diventando sempre più diffusa. Il giorno di San Valentino del 2019, l’account ufficiale dell’esercito di occupazione israeliano su Facebook ha pubblicato un video clip in inglese che includeva gli auguri “speciali” dei suoi soldati per questo giorno. Mostrava ai soldati i messaggi di ardente amore e devoto affetto per le loro armi e cani militari, visto che sono i loro “compagni di lavoro”.

Mentre Israele continua a violare sistematicamente i confini e lo spazio aereo libanesi, i soldati di occupazione israeliani hanno approfittato del 77esimo anniversario dell’indipendenza del Libano per inviare i loro “saluti” al popolo libanese, pieni di messaggi politici celati. I saluti pubblicati in diverse occasioni, il mese del Ramadan e le festività religiose e nazionali, tra le altre, rientrano nel quadro della rappresentazione di Israele come “nazione” amica dei paesi circostanti e del posizionamento dell’esercito di occupazione come istituzione centrale.

Identificare Israele o riassumerlo interamente con il solo esercito di occupazione è qualcosa che è associato alla natura coloniale della società israeliana. Per questo non sorprende che si tenti di esportare o trasmettere un’immagine esagerata “dell’eroismo” di questi soldati escluderndo tutto il resto in modo da contribuire a riprodurre la centralità dell’esercito nella società israeliana.

La realtà è una “giungla”

Dietro questa illusoria e fuorviante immagine “rosea” che l’esercito di occupazione cerca di dipingere attraverso i social media, si cela l’amara verità. Come è stato indicato nel film “Leviah” (ebraico per leonessa), che denuncia le dilaganti molestie sessuali e gli abusi verso le soldatesse nell’esercito di occupazione, si può dire che entrare nell’esercito israeliano è “come vivere in una giungla”, dove  nessuna legge, nessuna morale e nessuna umanità sono onorate o rispettate.

Secondo gli ultimi dati del Manpower Directorate (Centro Gestione Risorse Umane) dell’esercito di occupazione israeliano, nel 2020 sono morti 28 soldati, di cui nove si erano tolti la vita, mentre quattro sono stati salvati mentre erano sul punto di farlo. Questi numeri si equiparano con i 27 morti totali nel 2019 che includevano 12 suicidi, tenendo presente che l’esercito di occupazione ha utilizzato “capacità tecnologiche di rilevamento” per affrontare e prevenire casi di suicidio tra i suoi soldati.

Per non parlare del continuo aumento annuale delle denunce, e non solo dei casi, di molestie sessuali e abusi fisici contro i soldati e le donne dell’esercito di occupazione.

Lo scorso febbraio, il quotidiano Israel Hayom ha documentato un aumento anomalo, definendolo un “anomalo aumento del 24%” nel numero di denunce di aggressioni sessuali e abusi all’interno dell’esercito di occupazione solo durante il 2020, con “1.542 denunce ufficiali di violenza sessuale militare che sono state presentate” a questo proposito, rispetto alle 1.239 del 2019. Il rapporto ha rilevato che “negli ultimi dieci anni le denunce sono aumentate in media dell’11% ogni anno”.

Oltre a quanto sopra menzionato, molti dei componenti dell’esercito di occupazione soffrono di vari disturbi psicologici e di salute mentale, anche se non ci sono statistiche precise che li documentino specificatamente, e talvolta i numeri che sono stati annunciati ufficialmente vengono messi in discussione.

Ad esempio, i dati ufficiali mostrano che 1 soldato su 12 nell’esercito di occupazione israeliano soffre di disturbo da stress post-traumatico (PTSD), che colpisce le persone che assistono o vivono eventi traumatici come disastri naturali, incidenti pericolosi, atti terroristici, servizio o azione militare, o subiscono episodi di stupro o minacce di morte.

Una contro narrazione

Anche la “forza” e “l’eroismo” dei soldati “dell’esercito invincibile” sono messe in discussione. In molte occasioni, le fotocamere dei giornalisti hanno catturato immagini e video di comandanti israeliani che rimproverano i loro soldati mentre fuggono da uno scontro, e non con uomini armati come loro, ma piuttosto con giovani uomini e persino bambini che brandiscono pietre e le usano per difendere se stessi e le proprie case. Altri casi includono un soldato israeliano che si rifiuta di andare in un luogo di servizio che ha rapporti diretti con palestinesi disarmati, o anche un ufficiale che è completamente “terrorizzato” da un ago.

In netto contrasto con i soldati che si vantano delle loro battaglie contro avversari indifesi, c’è una piccola scheggia di israeliani che si rifiutano di servire nell’esercito di occupazione per motivi di coscienza, principi morali e valori umani. L’esempio più eclatante di ciò è Hallel Rabin, 20 anni, che ha preferito essere imprigionata in quattro diverse occasioni piuttosto che rendersi partecipe dei crimini dell’esercito di occupazione, a seguito delle sue convinzioni pacifiste e dei suoi forti principi “nonviolenti”.

Il servizio militare è obbligatorio in Israele per le giovani donne quando raggiungono l’età di 18 anni, che sono arruolate per un periodo di due anni mentre gli uomini devono completare almeno 32 mesi di servizio militare. Fanno eccezione i membri della comunità ultra-ortodossa insieme ai cosiddetti “arabi israeliani”. Alcuni affermano di soffrire di problemi di salute mentale per cercare esenzioni ed evitare di arruolarsi nell’esercito di occupazione, secondo il “Times of Israel”.

Tuttavia, Hallel Rabin ha scelto di parlare del suo rifiuto di prestare servizio militare a differenza di chi invoca problemi di “insanità mentale”, rifiutando “la via più facile (farsi esentare)” e dicendo: “Posso dire che sono pazza e mentire, ma non sono pazza. La situazione, è pazzesca”. L’obiettrice di coscienza prosegue spiegando: “Il fatto che stiamo occupando i territori palestinesi, imponendo un assedio a Gaza e praticando una impressionante discriminazione ha rafforzato la mia decisione di non farne parte. Perché i militari sono soggetti a una politica che reprime, discrimina, conquista e opprime un popolo”.

Ci sono anche numerose dichiarazioni, alcune delle quali circolano di recente, di ex ufficiali dell’esercito di occupazione che ammettono vengano commessi crimini di guerra contro i palestinesi. Le dichiarazioni descrivono in dettaglio il loro ritiro dal servizio dopo aver scoperto “l’inganno” a cui sono stati esposti attraverso le false affermazioni che erano in servizio militare al fine di garantire la sicurezza e non “terrorizzare” i palestinesi.

Un ex pilota dell’aeronautica israeliana, Yonatan Shapira, ha descritto sia il governo che l’esercito israeliano come “organizzazioni terroristiche” gestite da “criminali di guerra”. Commentando la dichiarazione di un pilota di guerra israeliano al Canale 12 di Israele secondo cui il bombardamento delle torri residenziali a Gaza era un modo per “sfogare le frustrazioni dell’esercito israeliano” causate dalla resilienza della resistenza palestinese oltre alle pesanti perdite inflitte a Israele, Shapira  ha detto ad Al Jazeera: “Faccio appello alla Corte Penale Internazionale perché siano processati per i crimini di guerra che hanno commesso a Gaza”.

Ha continuato, “Io personalmente ero un pilota israeliano nel 2003, 18 anni fa, anche se non ho bombardato alcun obiettivo civile. Mi sono rifiutato di far parte di questa organizzazione terroristica. L’esercito israeliano è un’organizzazione terroristica che uccide i civili e io non volevo macchiarmi dell’oppressione di milioni di palestinesi”.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org