I generali sono i suprematisti del passato. Ben Gvir è il suprematista di oggi

Il legislatore kahanista offre una versione “democratizzata” della supremazia: prendere il potere dalle vecchie élite e consegnarlo alle masse ebraiche emarginate.

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Di Orly Noy – 3 novembre 2022

Immagine di copertina: Itamar Ben Gvir visita l’insediamento ebraico di Beit Orot vicino al quartiere di At-Tur, Gerusalemme Est occupata, 13 ottobre 2022. (Yonatan Sindel/Flash90)

La fulminea ascesa del parlamentare kahanista Itamar Ben Gvir potrebbe servire da materiale per infiniti studi sociologici sull’intersezione di religiosità, etnia, nazionalismo e persuasione politica in Israele.

Il fatto che Ben Gvir sia passato da una figura politica marginale a uno dei leader più popolari, e pericolosi, della politica israeliana nell’arco di pochi anni dovrebbe costringerci a guardare a lungo e attentamente come siamo arrivati ​​​​qui. Ma ancora più importante, dovremmo chiederci come Ben Gvir, con la sua sanguinosa promessa di violenza contro i palestinesi e gli israeliani di sinistra, abbia battuto gli ex eroi della società israeliana: i generali dell’esercito israeliano, rappresentati dal Partito di Unità Nazionale dell’ex Capo di Stato Maggiore dell’IDF Benny Gantz.

In uno Stato che è ultra-militarista, dove agli studenti viene insegnato ad ammirare i militari dal giorno in cui sono nati, ci si poteva aspettare che il partito di Gantz, che include anche l’ex capo dell’esercito Gadi Eizenkot (e in precedenza ne includeva un altro, Moshe Ya’alon), ottenesse un successo clamoroso. Eppure, a giovedì sera, con meno del 5% di schede ancora da scrutinare, il Partito di Unità Nazionale ha vinto solo 12 seggi alla Knesset, al contrario del Partito Sionista Religioso, l’unione dei partiti di estrema destra, tra cui Otzma Yehudit di Ben Gvir, che probabilmente porterà a casa tra i 14 e i 15 seggi. Il fatto che Ben Gvir, che non ha mai prestato servizio nell’esercito israeliano, abbia sconfitto due giganti dell’esercito israeliano, è indicativo dei grandi cambiamenti in atto nel Paese.

Il partito di Gantz incarna il suprematismo ebraico di ieri. Il tipo la cui effettiva realizzazione è nelle mani di tre gruppi di élite: politico, militare, e i coloni nella Cisgiordania occupata, che operano sotto l’egida dei primi due. Questi tre gruppi sono i guardiani più devoti della gerarchia sociale all’interno della società ebraica israeliana.

Il suprematismo di ieri si basa su ciò che il sociologo israeliano Baruch Kimmerling ha soprannominato Achusalim, un acronimo ebraico usato per descrivere la vecchia élite laica ashkenazita consolidata che ha fondato lo Stato israeliano e ha dominato le sue strutture di potere politico, militare, economico e culturale per decenni. L’ammirazione per l’esercito, come ultima espressione di ciò che gli israeliani chiamano mamlachtiyut, un termine che significa effettivamente mettere il bene dello Stato al di sopra delle divisioni di parte e degli interessi personali, è fuori da ogni disputa per questo campo. È questa forma di suprematismo ebraico che ha trasformato generali in pensione come Yitzhak Rabin ed Ehud Barak in primi ministri, ed è anche ciò che c’era in gran parte dietro la certezza elettorale di Yair Golan nella lista liberale di Meretz.

 Il Ministro della Difesa e leader del Partito di Unità Nazionale Benny Gantz parla con i sostenitori mentre vengono annunciati i risultati delle elezioni israeliane, Tel Aviv, 2 novembre 2022. (Avshalom Sassoni/Flash90)

L’ingresso di Gantz nella politica israeliana e l’istituzione del Partito di Unità Nazionale con tre ex capi di Stato Maggiore dell’esercito poggiano sull’inerzia di quella stessa visione del mondo, che resta il fulcro ideologico del centrosinistra. È una visione del mondo facile da assimilare, ma tenuta in vita da un piccolo gruppo privilegiato.

Ben Gvir è il suprematista di domani. È il Robin Hood del suprematismo ebraico che ha rubato l’ideologia del dominio, ma invece di nasconderla dietro il folklore del mamlachtiyut, ostenta con orgoglio la sua visione del mondo razzista e messianica.

Non solo ha poco bisogno dei generali, li disprezza. Si potrebbe quasi chiamarla una “democratizzazione” del suprematismo ebraico. Ora il potente elisir è disponibile per tutti, ovunque si trovino. Questo è esattamente ciò che intende Ben Gvir quando promette di “restituire il potere ai signori della terra”.

Si tratta di una nuova etica di supremazia, non basata né su questioni di “sicurezza” del centrosinistra, né su questioni demografiche, che sono stati il comune denominatore del sionismo da sinistra a destra. Il suprematismo di Ben Gvir si basa sul DNA ebraico. Il suo adempimento non richiede l’arruolamento nell’esercito o la creazione di avamposti sulle colline della Cisgiordania.

Nonostante la sua intrinseca violenza, la visione del mondo di Ben Gvir non richiede necessariamente lo spargimento di sangue palestinese per essere realizzata. Dopotutto, non c’è un solo partito di destra che possa competere con la quantità di sangue versata dai leader del Partito di Unità Nazionale durante il loro mandato come capi dell’esercito di occupazione. Per Ben Gvir, realizzare la supremazia ebraica richiede poco più che svegliarsi la mattina da ebreo. Ecco perché è così affascinante per i diversi segmenti della società israeliana che sono stati tradizionalmente esclusi dai centri di potere detenuti dalle vecchie élite, compresi i Mizrahim e parti della comunità Haredi.

Ciò che offre Ben Gvir è più disponibile, più efficace e molto più avvincente. Lo distribuirà alle masse, fino in cima, sulle spalle di coloro che finalmente hanno potuto assaporare il richiamo inebriante della supremazia ebraica. E in nessun modo sarà disposto a rinunciarvi così in fretta.

Orly Noy è una redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa farsi. È membro del consiglio esecutivo di B’Tselem (A Immagine di), il Centro d’Informazione Israeliano per i Diritti Umani nei Territori Occupati, e attivista del partito politico Balad. I suoi scritti hanno a che fare con i temi che hanno a che fare con la sua identità di Mizrahi (ebrea orientale), persona di sinistra, donna, migrante temporanea che vive come un’immigrata perenne, e il costante dialogo fra questi temi.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org