Tifo per lo sfavorito

Possiamo rallegrarci che il Marocco abbia catapultato l’Africa e il mondo arabo nella storia della Coppa del Mondo, ma se sosteniamo la Palestina, dobbiamo anche sostenere la lotta per la liberazione del popolo saharawi.

Fonte: English version

Di Nada Elia – 13 dicembre 2022

Immagine di copertina: I tifosi si radunano per le strade di Doha, in Qatar, con bandiere marocchine e palestinesi in vista della partita dei Mondiali tra Marocco e Portogallo del 10 dicembre 2022. (Foto: Ashraf Amra/APA Images)

“Califfato restaurato, Al Andalus è tornato”, ha postato un mio amico su Facebook, un riferimento ironico all’inversione delle fortune coloniali quando il Marocco ha sconfitto il Portogallo nella partita della Coppa del Mondo della scorsa settimana. In effetti, la vittoria del Marocco sembra aver ravvivato l’esultante sfida anticoloniale in tutto il mondo arabo, così come nel continente africano e nelle loro diaspore. I tifosi della prima squadra araba e africana ad arrivare alle semifinali hanno ballato per le strade di Rabat e del Qatar, così come negli ex centri coloniali come Londra, Parigi, Lisbona e in diverse città dell’America Latina, dove folle felicissime si sono riversate nel strade, celebrando questo importante “primo”.

Sulla base di immagini simili, post sui social media e balli per le strade, c’è stato un altro vincitore arabo ai Mondiali del 2022: la Palestina, anche se il paese occupato non sta giocando. “La Palestina batte Israele sul grande palcoscenico del calcio”. “La Coppa del Mondo non è ancora finita, ma la Palestina ha già vinto”. Questi titoli, e ce ne sono molti altri, sono indicativi della gioia travolgente che i palestinesi e i loro sostenitori hanno provato alla vista della moltitudine di bandiere, bracciali e braccialetti palestinesi e dei canti di “Palestina libera” negli stadi e nelle zone dei tifosi in Qatar, così come nella copertura mediatica dell’evento sportivo. La vittoria del Marocco sul Portogallo, e i giocatori marocchini che hanno mostrato con aria di sfida la bandiera palestinese accanto a quella marocchina, è stata la ciliegina sulla torta. È sparito il tabù sul sostegno alla Palestina negli eventi sportivi, che per così tanto tempo hanno affermato di essere “apolitici”, quando ovviamente non sono altro che politici. Perché tutto è politico, e perché queste sono squadre nazionali che competono, indipendentemente dalla nazionalità dei giocatori, e il nazionalismo è politico.

Eppure, lontano dai forti applausi e zaghrouta per il Marocco, e dalla gioia per il chiassoso sostegno popolare alla Palestina in Qatar e altrove in tutto il mondo, ci sono le discussioni semi-silenziose ma di fondamentale importanza sulla natura coloniale del Marocco, che per decenni ha occupato, opprimendo e sfruttando, il Sahara occidentale.

Certamente, le somiglianze tra la situazione di quel territorio africano occupato e annesso e la Palestina sono inquietanti. Come la Palestina, il Sahara Occidentale è stato occupato da una potenza europea (in questo caso la Spagna) che, uscendo dal territorio, ha disposto che passasse sotto il controllo di un’altra parte, in questo caso Mauritania e Marocco. La Mauritania abbandonò la sua pretesa sul Sahara occidentale nel 1979, proprio mentre il Marocco  rafforzava  la presa sul territorio non sovrano. Oggi, il Marocco gestisce un’economia di coloni nel Sahara occidentale e ha incanalato i fosfati dalla miniera di Bou Craa in Maroccom sul nastro trasportatore più lungo del mondo, così lungo che è visibile dallo spazio. Bou Craa è una delle più grandi miniere di fosfati del mondo e il West Sahara Resource Watch spiega che mentre i fosfati del Sahara occidentale arricchiscono significativamente il Marocco, la loro estrazione e sfruttamento da parte del Marocco fa sprofondare ulteriormente il popolo saharawi nella povertà. Il Morocco World News (filogovernativo) riferisce che le riserve di fosfato del Marocco rappresentano oltre il 70% della fornitura mondiale di fosfato, senza indicare che queste riserve si trovano principalmente nel Sahara occidentale. Il Marocco sfrutta anche la costa marittima del Sahara occidentale, vendendo il suo pesce ai paesi europei, in violazione delle Convenzioni di Ginevra. Le Nazioni Unite hanno cercato di negoziare un accordo tra le due parti e nel 2008 hanno emesso una risoluzione dell’Assemblea generale a favore della decolonizzazione del Sahara occidentale. Nel frattempo, i coloni marocchini lavorano nella miniera di Bou Craa e i paesi europei normalizzano questa estrazione illegale acquistando fosfati dal Marocco o fornendogli la loro esperienza ingegneristica e tecnologica.

Un’altra somiglianza con la Palestina dipende dall’importante concetto di indigeneità, sovranità indigena e appartenenza alla terra, piuttosto che possederla. Nello specifico, il popolo sahrawi è nomade, un misto di berberi, neri africani e arabi, che da tempo chiamano casa il Sahara occidentale, anche se storicamente hanno vagato per la regione, piuttosto che costruire città. Si pensa immediatamente ai beduini che da tempo chiamano casa il Naqab, e i cui villaggi Israele si rifiuta di riconoscere ed è determinato a radere al suolo, ancora e ancora. per la liberazione della Palestina ha a lungo ricordato la lotta per l’indipendenza dei Sahrawi e ha sostenuto il Polisario.

La “normalizzazione” tra Marocco e Israele, tuttavia, non arriva al popolo marocchino, che ovviamente abbraccia il popolo palestinese e la nostra lotta. Ciò è stato chiarito nei canti di vittoria dei marocchini e nelle loro gioiose esibizioni della bandiera palestinese.

Durante gli anni ’80, il Fronte Polisario, l’organizzazione politico-militare del Sahara occidentale che si era inizialmente costituita per ottenere l’indipendenza dalla Spagna, ma che ora lotta per  l’indipendenza dal Marocco,  lanciò una serie di attacchi contro gli avamposti marocchini nel Sahara occidentale, a seguito dei quali il Marocco eresse un muro  nel deserto, che in alcuni punti si estende nel territorio mauritano riconosciuto a livello internazionale. Il muro, completato nel 1987, è stato costruito con l’aiuto di consiglieri israeliani e annette la capitale del Sahara occidentale e la miniera di Bou Craa.

Quanto sopra  scalfisce appena la superficie delle somiglianze tra il Sahara occidentale e la Palestina, e rivela che il Marocco, l'”ex colonia”, è oggi un regime coloniale oppressivo. Questo spiega, in una certa misura, l’accordo di normalizzazione tra il regno del Marocco e Israele. Nel frattempo, il Fronte palestinese

Quindi sì, possiamo gioire per il Marocco, la squadra di giocatori che ha catapultato l’Africa e il mondo arabo nella storia della Coppa del Mondo. Ma la realtà è che, se sosteniamo la Palestina, dobbiamo sostenere la lotta per la liberazione del popolo saharawi. Questo non significa non tifare per il Marocco ai Mondiali, questa non è una partita a somma zero. Ma significa che dobbiamo tirare in ballo il Sahara occidentale, perché semmai, l’oscuramento mediatico della lotta saharawi è stato ancora più ermetico della censura della narrativa palestinese. E ora è il momento giusto per cantare “Palestina libera, Sahara occidentale libero” e “Vai Maroccooooo!”

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali”  – Invictapalestina.org