Il Saluto di Andrea Bellini a Piero

La carriera per lui non era un obbiettivo: l’artista torinese voleva cambiare il mondo e combattere le ingiustizie che lo affliggevano.

Mercoledì 8 marzo 2023

Domenica scorsa è venuto a mancare Piero Gilardi.  Nei necrologi sui giornali italiani nessuno ne parla, ma Piero – benché fosse nato a Torino nel 1943 –  era di origine Svizzera.  Suo padre, ticinese di Lugano, andò a Torino negli anni Venti per studiare all’Accademia Albertina, poi si sposò ed ebbe sei figli, i quali per una legge fascista furono obbligati a prendere la sola cittadinanza svizzera.

 

E’ difficile riassumere in poche righe la sua lunga storia. Vorrei tuttavia qui ricordare che Gilardi, oltre ad essere un intellettuale visionario e precorritore, fu anche un viaggiatore curioso e un artista – curatore ante litteram. Negli anni Sessanta viaggiò negli Stati Uniti, mandando straordinari reportage sulla scena artistica americana a Flash Art, rivista allora appena fondata. Fu tra i primi a scoprire a Londra l’opera del giovane Richard Long, e fu tra i primi a scriverne.

 

Piero Gilardi nel 1969 ebbe inoltre un ruolo fondamentale nell’organizzazione di due mostre passate alla storia dell’arte: Op Losses Schroeven allo Stedelijk Museum di Amsterdam e poi  When Attitudes Become Form (Works, Concepts, Processes, Situations, Information) alla Kunsthalle di Berna. Oltre ad essere un curatore e un intellettuale  raffinato, fu anche un artista di grande successo. Nella seconda metà degli anni Sessanta  cominciò a lavorare con Ileana Sonnabend, ex moglie di Leo Castelli,  una delle più importanti galleriste del suo tempo.  I suoi tappeti – natura (1965), in poliuretano,  erano – e sono ancora-  molto apprezzati da collezionisti italiani e internazionali.

 

Eppure Gilardi quel successo economico non lo amava. La carriera per lui non era un obbiettivo: l’artista torinese voleva cambiare il mondo e combattere le ingiustizie che lo affliggevano.

Rifiutando il palcoscenico internazionale, che considerava frivolo e borghese, decise di ritirarsi dal mondo dell’arte ufficiale alla fine degli anni Sessanta, e di continuare a fare arte in alcuni collettivi di sinistra radicale torinese. In una prima fase la sua militanza attiva si svolse nell’ambito del movimento anti-manicomiale e anti-psichiatrico.  Per oltre un decennio Gilardi mise la sua creatività e la sua intelligenza al servizio di quella che considerava una causa fondamentale: la lotta per i diritti degli operai, degli emarginati e degli  oppressi. “L’arte deve entrare nella vita, ma dato che la vita è alienata, occorre impegnarsi anche a liberare e disalienare la vita”, questo mi diceva Piero Gilardi qualche anno fa, commentando il senso di quella militanza.

 

Poi arrivarono gli anni Ottanta, con i suoi progetti tra le popolazioni native americane e l’impegno ecologista. Nasce proprio intorno alla metà di quel decennio il suo impegno pionieristico in quella che venne poi definita la New Media Art. Il primo progetto artistico fu quello di un parco tecnologico nel quale il pubblico avrebbe sperimentato la “libera espressione”, individuale e collettiva, attraverso dei dispositivi interattivi di realtà virtuale.  Il PAV, nato nel 2008, è in effetti – secondo le sue parole – “il risultato di quelle prime esperienze: uno spazio pubblico in una città in trasformazione, un sito espositivo all’aria aperta, un museo interattivo, un luogo d’incontro e di esperienze in laboratorio, un centro di ricerca attento al dialogo tra arte e natura, biotecnologie ed ecologia, tra pubblico e artisti.”

Tutto questo è stato Piero Gilardi, e molto altro. Oggi nel mondo dell’arte si parla molto di attivismo politico e di questioni ambientali: di queste cose l’artista torinese si occupava – talvolta circondato da un clima di incomprensione e di scherno – già 50 anni fa. Per questa ragione io credo che la sua opera torni oggi di grande attualità.

Io lo sento ancora ridere, con la sigaretta in bocca e la sua voce calda e roca. Per me è stato un amico indimenticabile e un compagno di strada generoso e attento.

Ciao Piero!

Andrea Bellini