Il dilemma palestinese: diplomazia o resistenza?

Man mano che l’inutilità dei processi diplomatici diventa più evidente, le vittorie e l’evoluzione della Resistenza pongono sfide concrete all’occupazione.

Di Ali Halawi – 1 aprile 2023

Fonte: https://english.almayadeen.net

Seif Al-Quds: Incarnazione del percorso storico verso la libertà

La battaglia di Seif Al Quds ha segnato, per la prima volta, l’unificazione del popolo palestinese diviso colonialmente. Mentre i missili lanciati da Gaza facevano breccia nel presunto impenetrabile sistema antimissile “Iron Dome” (Cupola di Ferro), bloccando l’attività “civile israeliana” in tutta la Palestina occupata, i combattenti della Resistenza della Cisgiordania hanno seminato la paura tra i coloni. Sorprendentemente, questo momento storico della Resistenza palestinese ha coinvolto coloro che vivono sotto la completa autorità dell’entità sionista nelle terre sottoposte alla pulizia etnica del 1948.

Negli eventi del maggio 2021, la via diplomatica per una soluzione pacifica in Palestina è stata spazzata via dal pensiero popolare. Sin dal primo accordo di Oslo nel 1991, la Palestina occupata è stata testimone di eventi e trasformazioni radicali che si sono opposti al “Processo di Pace” e hanno promosso la validità della Resistenza armata tra i palestinesi. Eventi come l’espulsione delle forze sioniste da Gaza, la Seconda Intifada e la recente istituzione di nuovi gruppi di resistenza armata in Cisgiordania sono tutti culminati nel rafforzare il riconoscimento della resistenza armata come motore principale della liberazione del popolo palestinese attraverso la quale possono rivendicare i propri diritti economici, culturali e politici.

Le vie occluse della diplomazia

L’Autorità Palestinese è stata plasmata dagli Accordi di Oslo negli anni ’90. Le sue responsabilità sono state tracciate attraverso un controverso processo di negoziazione tra la guida dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) Yasser Arafat e l’allora Primo Ministro “di Israele” Yitzhak Rabin. Attraverso questi colloqui, l’OLP è stata in grado di gettare le basi di uno Stato palestinese. Tuttavia, le sue funzioni erano estremamente limitate dall’autorità sionista. Sulla carta, all’Autorità Palestinese è stato dato il pieno controllo dell’Area C della Cisgiordania. In realtà, l'”Area C” è stata soggetta a continue violazioni da parte delle forze di occupazione, compreso l’assedio del complesso presidenziale nel 2002, dove Arafat ha fornito un rifugio ai combattenti e ai vertici del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, compreso il detenuto palestinese Ahmad Saadat.

L’Autorità Palestinese ha avuto successo nel promuovere il diritto legale del popolo palestinese a uno Stato-Nazione attraverso le istituzioni internazionali. Il 29 novembre 2012 alla Palestina è stato concesso lo status di Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha dichiarato il 2014 Anno internazionale della solidarietà con il popolo palestinese. Tuttavia, l’azione e le decisioni internazionali non hanno mai prodotto i necessari quadri protettivi e legali previsti. Infatti, l’entità sionista continua a consolidare la sua già radicata occupazione illegale della terra palestinese riconosciuta a livello internazionale.

Più di recente, l’Autorità Palestinese, rappresentata da Mahmoud Abbas, ha partecipato a due vertici successivi con rappresentanti dell’apparato di sicurezza dell’occupazione. I vertici di Aqaba e Sharm El-Sheikh sono stati promossi dagli Stati Uniti e tenuti sotto tutela giordana ed egiziana. Ciò è avvenuto nel tentativo di ristabilire una collaborazione di sicurezza tra l’Autorità Palestinese e l’occupazione nelle aree “B” e “C” della Cisgiordania. All’inizio di quest’anno, l’Autorità Palestinese ha interrotto tutti gli sforzi di collaborazione con Israele a causa dell’intensificarsi del processo decisionale unilaterale del governo Netanyahu. L’Autorità Palestinese attraverso i vertici sperava di segnare una vittoria ponendo fine alle decisioni unilaterali del governo di occupazione, che legiferava sulla creazione di 6 nuovi insediamenti in Cisgiordania.

La delegazione israeliana ha promesso proprio questo. Tuttavia, come è sempre stato, il governo ha proceduto ad agire sulla natura espansionistica del sionismo, pugnalando alle spalle coloro che esprimono abbastanza ingenuità da fidarsi delle sue promesse. Al contrario, la delegazione israeliana ha spinto per il ristabilimento degli sforzi di collaborazione nel tentativo di contenere la resistenza popolare in Cisgiordania, specialmente durante il mese del Ramadan.

L’inevitabilità della Resistenza in Cisgiordania

Man mano che l’inutilità dei processi diplomatici diventa più evidente, le vittorie e l’evoluzione della Resistenza pongono sfide concrete all’occupazione. Una ripresa della lotta armata nelle città della Cisgiordania ha preso il sopravvento nell’arena palestinese. La variante palestinese dei movimenti popolari tra le città e i campi palestinesi ha cominciato a emergere. In particolare, le brigate del Movimento della Jihad Islamica Palestinese (PIJ) sono comparse in diverse città della Cisgiordania.

La Brigata Jenin è stata la prima ad annunciare le sue attività in Cisgiordania. Akram Al Ajouri della PIJ ha affermato che “quello che è successo ora a Jenin è una naturale evoluzione della storia della città e del suo campo profughi. Esalta l’eroismo, il coraggio dei combattenti e l’unità popolare. Ogni singola casa di Jenin ha un familiare martirizzato o detenuto”.

Al Ajouri ha anche evidenziato l’accumulo storico di sofferenze e violenze a cui il popolo di Jenin è stato sottoposto dal sionismo. Il campo di Jenin fu istituito dopo la Nakba del 1948, per ospitare coloro che furono costretti a lasciare le loro case in quello che oggi è falsamente chiamato “Israele”. Nel 2002 il campo di Jenin è stato invaso dalle forze di occupazione, che hanno demolito il campo con le ruspe nel tentativo di schiacciare l’ondata di resistenza vista durante la Seconda Intifada della Cisgiordania. 19 anni dopo, il martire Jamil Al-Amouri, un residente del campo di Jenin, pose le basi per un gruppo di resistenza organizzato all’interno del campo. Sia le istituzioni di sicurezza israeliane che quelle palestinesi temevano la diffusione di questo fenomeno in tutta la Cisgiordania.

Tutti i tentativi di contenere le organizzazioni in rapida crescita si sono conclusi con un fallimento. Le operazioni congiunte per assassinare i capi dei gruppi della Resistenza, gli incentivi finanziari e le promesse di arruolamento nelle forze di sicurezza palestinesi non potevano far vacillare l’inevitabilità della liberazione e della libertà. Poco dopo la PIJ stabilì brigate a Nablus, Jaba’, Tubas e Tulkarm. Mentre a Nablus, una coalizione apartitica di combattenti per la libertà si è costituita prendendo d’assalto le piattaforme dei social media sotto il nome di “Areen al-Usud” (La Tana dei Leoni).

Inoltre, il 25 marzo, i combattenti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) hanno preso di mira il posto di blocco di Huwara ferendo due soldati israeliani e tornando incolumi dall’operazione. Il posto di blocco di Huwara è stato preso di mira solo di recente dai combattenti della Brigata Qassam e della Jihad Islamica in diverse occasioni, il che ha messo in luce la fragilità delle misure di sicurezza dell’occupazione.

In particolare, il ramo armato di Fatah, la Brigata dei Martiri di Al-Aqsa, ha svolto un ruolo di primo piano negli ultimi due anni. “Israele” teme la cooperazione tra i membri della Brigata con i membri della Jihad Islamica. Ha anche preso di mira e assassinato visionari della Resistenza a Nablus come Ibrahim Nabulsi il 9 agosto 2022.

Un’Autorità Palestinese esclusa

In questo contesto, l’Autorità Palestinese ha tentato di arrestare l’avanzata della Resistenza in Cisgiordania. Il suo controllo sulla società e sulle narrazioni palestinesi è venuto meno, mentre le glorie della Resistenza accrescevano ulteriormente. L’Autorità Palestinese ha arrestato e assassinato membri della Resistenza e dei suoi promotori, in particolare Nizar Banat, brutalmente assassinato dalle forze di sicurezza il 24 giugno 2021. Era implicata anche dell’assassinio di Jamil Al-Amouri a Jenin.

Inoltre, l’Autorità Palestinese ha arrestato Musaab Shtayyeh, un membro di Areen al-Usud, con il pretesto di proteggerlo. Ha anche offerto un compenso finanziario ai combattenti della resistenza in cambio della loro rinuncia alla causa nazionale.

Varie fazioni della Resistenza hanno chiesto che l’Autorità Palestinese rilasci i prigionieri detenuti sulla base della loro appartenenza jihadista. Tuttavia, nessuno ha chiesto un conflitto armato con l’Autorità Palestinese per evitare una divisione nell’attuale unità nazionale vissuta nella società palestinese. In varie dichiarazioni, i capi della Jihad Islamica e di Areen al-Usud hanno chiesto un cambiamento nelle pratiche fallimentari dell’Autorità Palestinese. L’Autorità Palestinese è stata esortata a rendersi conto del recente emergere di intense contraddizioni all’interno della politica israeliana insieme alla generale emarginazione del governo israeliano da parte dei suoi alleati arabi e occidentali. Tuttavia, l’Autorità Palestinese rimane impassibile e stagnante, incapace di svilupparsi e accogliere la materializzazione delle contraddizioni nella Palestina coloniale.

L’esistenza palestinese richiede Resistenza

La condotta storica dell’entità sionista non mostra alcuna reale volontà di pace nella regione. “Israele” ha agito in modo sleale e coercitivo con le società autoctone del Levante. Il tradimento degli accordi e l’attraversamento di tutte le linee rosse sono state pratiche comuni della strategia israeliana. Israele cerca di soggiogare ulteriormente una classe operaia palestinese per servire la sua accumulazione espansiva di ricchezza attraverso metodi neocoloniali. L’opinione popolare palestinese ha assunto questa pratica (attraverso diverse scuole ideologiche) come essenziale per l’esistenza dell’entità coloniale. I palestinesi hanno reagito con sfida e rivolta. Attraverso scioperi, boicottaggi, lanci di pietre, operazioni dei Feda’i (vittoriosi nuovi palestinesi) o attività di Resistenza organizzata, gli oppressi hanno scelto l’inevitabile via della Resistenza armata di fronte a una macchina omicida ben equipaggiata, ottenendo ancora una volta il trionfo della Resistenza sulla diplomazia di fronte al progetto espansionistico, fascista e coloniale di “Israele”.

Ali Halawi è uno studente di scienze politiche presso l’Università Americana di Beirut.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org