La liberazione della Palestina e il destino degli israeliani

Cosa accadrà agli israeliani in Palestina dopo che i palestinesi saranno liberati dal sionismo? Le scelte affrontate dai “Pied-Noirs” alla fine della colonizzazione francese in Algeria possono darci un’idea.

Fonte: English version

Di Eitan Bronstein Aparicio – 25 aprile 2023

Immagine di copertina: Un soldato israeliano fa la guardia vicino a una donna palestinese in piedi accanto ai graffiti della Stella di David disegnata dai coloni israeliani a un posto di blocco dell’esercito nel centro di Hebron, 18 maggio 2009. (Foto: MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

Quello che segue è un discorso tenuto da Eitan Bronstein Aparicio l’11 febbraio 2023, alla conferenza “Dal Fiume al Mare: Visioni Della Liberazione Palestinese” a Bruxelles, in Belgio.

Il titolo di questa conferenza, “Dal Fiume al Mare: Visioni Della Liberazione Palestinese”, potrebbe essere scomodo per alcuni, anche tra i sostenitori della lotta palestinese. Per me, questo titolo solleva la domanda: “liberazione da cosa?” La risposta è semplice: liberazione dal sionismo. Liberazione dalla nozione e dalla realtà razzista e coloniale emerse con il movimento nazionale ebraico, nato nel 19° secolo in Europa, realizzatasi con il suo progetto politico: uno Stato ebraico in Medio Oriente.

All’inizio c’erano diverse visioni sioniste. Ad esempio, l’idea di avere una comunità e una cultura ebraiche in “Sion”, Eretz Israel in ebraico, senza stabilire la sovranità ebraica. Ma alla fine si trasformò in un’entità politica di esclusività ebraica, sia nello Stato di Israele che in tutta la terra della Palestina storica. La popolazione nativa palestinese è stata per lo più espulsa durante la Nakba, e oggi la loro permanenza, sia come cittadini che come sudditi occupati, è sempre condizionata.

Da questo, la Palestina dovrebbe essere liberata il prima possibile! Ovviamente, i palestinesi dovrebbero essere liberi dal sionismo in quanto ne sono vittime costanti, ma anche gli israeliani pagano un prezzo per essere colonizzatori, soprattutto a livello mentale. Inoltre, gli ebrei di tutto il mondo stanno pagando un prezzo per la politica violenta e razzista di Israele poiché aumenta l’odio e l’antisemitismo nei loro confronti.

So che alcuni potrebbero interpretare il titolo sopra come “liberazione dagli ebrei in Palestina” e intenderlo come una zona libera dagli ebrei. È difficile condannare i palestinesi sotto occupazione che esprimono tali desideri a causa della loro sofferenza quotidiana. Ma in realtà, l’idea di sbarazzarsi degli ebrei in Palestina riflette solo il successo di Israele nell’essere percepito erroneamente come il vero e autentico rappresentante di tutti gli ebrei nel mondo.

Sono israeliano e parlo qui da israeliano, anche se non vivo in Israele da tre anni. Sono un israeliano non solo in senso formale e legale e non solo perché sono un ebreo che ha vissuto in Israele per 55 anni, ma perché Israele è la mia casa. Porto con me la sua lingua e la sua cultura; tutta la mia attività politica è svolta dentro e verso Israele, e lì vivono i miei figli e nipoti. In Europa sono uno straniero. Mi dispiace anche per gli israeliani, mi preoccupo per loro, ed è per questo che sto facendo il possibile affinché siano liberi dall’essere gli occupanti che sono stati dal 1948.

Quindi, per tornare al titolo dell’evento di oggi, dovremmo pensare a cosa accadrà agli israeliani in Palestina quando arriverà la liberazione e prevarrà la giustizia e l’uguaglianza. In quella situazione, non ci sarà un compromesso con il sionismo, non solo perché non è un’ideologia morale, ma semplicemente perché non c’è modo di scendere a compromessi sul potere e sulla terra con coloro che li considerano esclusivamente propri.

Ma gli israeliani come esseri umani possono cambiare e scegliere di non essere sionisti, come è successo a molti di noi, me compreso. Come potrebbe avvenire questa trasformazione ideologica? Il nostro libro, Nakba: The Struggle to Decolonize Israel (Nakba: La Lotta per Decolonizzare Israele), è stato appena pubblicato in inglese (seguiranno le versioni ebraica e francese) e può essere letto come un manuale per la decolonizzazione degli israeliani. Fondamentalmente, decolonizzarsi è un processo educativo. In Israele, dovrebbe comportare disimparare la storia del Paese, studiare l’arabo, rifiutarsi di prestare servizio nell’esercito, immaginare il ritorno dei profughi palestinesi e altro ancora.

Dalla storia, impariamo che nessuna potenza coloniale ha rinunciato al suo dominio solo riconoscendo che essere un colonizzatore non è un’idea meravigliosa. I colonizzatori dovrebbero essere sconfitti, cosa che spero avvenga presto in Israele. Si spera che la sconfitta derivi da boicottaggi economici, politici e culturali, come nel caso dell’Apartheid sudafricano, ma forse il mondo dovrà mobilitarsi militarmente o almeno impedire a Israele di usare il suo arsenale di armi letali.

E quando arriverà il giorno della liberazione in Palestina, gli israeliani dovranno affrontare una scelta simile a quella dei “Pied-Noirs” (coloni francesi) in Algeria nel 1962, quando fu firmato l’accordo di pace con la Francia: restare e vivere da pari o partire e “tornare” nella metropoli francese. L’Algeria era la loro casa, poiché era stata colonizzata 132 anni prima, quindi la maggior parte dei “coloni europei” è rimasta lì per diverse generazioni, quasi il doppio del numero di anni della colonizzazione israeliana in Palestina. Molti degli ebrei in Algeria vissero lì per più di 1000 anni.

La maggior parte di loro ha scelto di lasciare l’Algeria. Fuggirono in preda al panico, per paura del giorno in cui il loro dominio sarebbe finito. Ma in realtà, non c’era una vera minaccia esistenziale per loro. Se ne sono andati perché prigionieri della loro stessa identità coloniale. In altre parole, non potevano immaginare una situazione in cui avrebbero vissuto in uguaglianza con gli algerini. E hanno pagato un prezzo enorme per essere stati sradicati dalla loro casa a causa della loro stessa mentalità da occupanti.

Quasi un milione di francesi se ne andarono nel giro di pochi mesi, ma 200 mila francesi decisero di restare e vivere nell’Algeria liberata. Dalle loro testimonianze apprendiamo che vedevano l’Algeria come la loro casa e non avevano motivo di andarsene. Non sono rimasti preda della loro identità coloniale. Speriamo che questa sarà la scelta anche degli israeliani, e che molti di loro decideranno di restare e vivere in uguaglianza e giustizia con i palestinesi in un unico Stato, cercando di ricongiungere ebrei, musulmani e cristiani nel mondo arabo.

Per concludere, vorrei fare una semplice ipotesi che attinge anche dalla storia del colonialismo francese in Algeria. Forse l’attuale governo di estrema destra in Israele sta annunciando la sua fine. Nel 1961, verso la fine del colonialismo francese, emerse una violenta organizzazione terroristica chiamata OAS (Organisation Armée Secrète – “Organizzazione Segreta dell’Esercito”) che causò molte vittime, soprattutto algerini ma anche francesi anticoloniali, nel tentativo di impedire la liberazione dell’Algeria. Quindi forse ora, il nuovo estremista e violento governo israeliano, con alcuni dei suoi membri che sono criminali anche secondo la legge israeliana, è il segno dell’ultimo sussulto del sionismo? Speriamo sia così.

Eitan Bronstein Aparicio ha fondato Zochrot nel 2001 ed è il co-fondatore insieme alla dottoressa Eleonore Merza Bronstein di De-Colonizer, un laboratorio di ricerca e arte per il cambiamento sociale, che lavora per sfidare la natura colonialista del regime israeliano.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org