L’esodo degli ebrei iracheni nel 1950: La “corsa contro il tempo” e il ruolo della compagnia aerea Near East Air Transport

I sionisti negano che Israele abbia avuto alcun ruolo negli attentati contro gli ebrei iracheni nel 1950 per incoraggiare l’immigrazione ebraica in Israele. Ma un aspetto fondamentale del loro esodo viene omesso: il ruolo della compagnia aerea israeliana Near East Air Transport (Trasporti Aerei del Vicino Oriente).

Fonte: English version

Di Tom Suarez – 26 agosto 2023

Immagine di copertina: Una foto in bianco e nero di ebrei iracheni in fila per salire a bordo di un aereo che li porterà in Israele. La compagnia aerea è la Near East Air Transport, una compagnia israeliana.

Nota della redazione: questo articolo è basato su Palestine Hijacked, pagine da 312 a 317 dell’autore Thomas Suarez.

Nel 1951, un tribunale iracheno stabilì che i principali autori di una serie di attacchi contro gli ebrei di Baghdad erano sionisti e non, come si voleva far credere, i loro connazionali non ebrei. Ma era ormai troppo tardi per fermare l’obiettivo del crimine: l’epurazione dell’antica comunità ebraica della città, al fine di spedire il maggior numero possibile di persone in Israele, “come carne da cannone e incremento demografico” per lo Stato, nelle parole dell’ex membro dell’Hagana Hanna Braun, che una volta aveva il compito di riceverli. Gli ingannevoli attacchi volti a far credere agli ebrei iracheni di essere in pericolo hanno inoltre rafforzato il costrutto fondamentale da cui dipende il sionismo: che il mondo è un luogo irrimediabilmente pericoloso per gli ebrei.

Oggi nel movimento sionista permane il massimo interesse nel preservare la convinzione che l’epurazione sia stata opera dei non ebrei di Baghdad, o degli “Arabi”, come piace definirlo nel gergo occidentale. Se l’opinione pubblica sapesse che è stato un crimine di Israele, gli effetti a catena andrebbero ben oltre lo scandalo dell’Iraq; avrebbero minato la questione della pretesa stessa di Israele e del sionismo di esistere a beneficio degli ebrei.

Infatti, una visione più ampia della saga irachena mette in luce la frode della pretesa ragion d’essere di Israele, indipendentemente da chi abbia piazzato le bombe. La responsabilità sionista è centrale solo se si omette dalla storia un aspetto fondamentale dell’esodo: quello dell’unica compagnia aerea incaricata di trasportare gli ebrei iracheni in Israele, la Near East Air Transport (NEAT).

Il contesto

Dopo che gli attentati di Baghdad furono denunciati come un’operazione ingannevole, le smentite furono rapide e categoriche; il Congresso Ebraico Mondiale ha condannato il verdetto del tribunale come parte di una cospirazione antiebraica. Ma la polizia irachena era in contatto con l’ambasciata americana durante il processo, un funzionario della CIA era presente e gli inglesi monitoravano il procedimento, le prove, il protocollo e persino la qualità del presidente del tribunale speciale. Il testimone britannico P.A. Rhodes ha riferito che il processo è stato condotto in modo equo. Niente, scrisse, suggeriva che i due principali sospettati “fossero tutt’altro che colpevoli delle accuse mosse contro di loro”.

Nel corso degli anni, testimoni e ricercatori hanno rafforzato il punto essenziale. All’inizio tra di loro c’era il feroce: Decadenza del Giudaismo nel Nostro Tempo (Decadence of Judaism in Our Time – 1965-69) di Moshe Menuhin, che non solo denuncia l’esodo iracheno come un “progetto forzato” per “trovare abbastanza ebrei per lo Stato ebraico”, ma comprende già che Israele utilizzerà l’epurazione etnica delle comunità ebraiche in Medio Oriente e in Africa per sostenere a proprio vantaggio l’epurazione etnica della Palestina.

Escludendo future rivelazioni dagli archivi sionisti ora secretati, l’indagine più completa sull’esodo viene da una delle stesse persone che presero parte al massiccio trasferimento di popolazione: Avi Shlaim, storico e professore emerito di relazioni internazionali all’Università di Oxford, il cui; Tre Mondi: Memorie di Un Arabo-Ebreo (Three Worlds: Memoirs of an Arab-Jew), descrive in dettaglio i frutti dei suoi anni di ricerca per scoprire la verità dietro la rinuncia della sua famiglia alla vita agiata nella loro Patria irachena.

Delle cinque bombe che hanno colpito Baghdad, la sua analisi conclude che vi è una chiara colpevolezza sionista per tre bombe, una possibile colpevolezza sionista per una quarta (che si dice sia stata piazzata da un siriano scontento incoraggiato da un agente di polizia corrotto dai sionisti) e una quinta bomba piazzata da Istiqlal, un partito ultranazionalista con tendenze estremiste.

Il ruolo di Near East Air Transport

Ma ora aggiungiamo Near East Air Transport all’equazione.

Nel 1949-1950, i sionisti presentarono la necessità di evacuare gli ebrei dall’Iraq come urgente, un’emergenza. Un appello ebraico unitario ha invitato “ogni persona comprensiva negli Stati Uniti” a donare soldi per l’iniziativa, sottolineando che era in atto “una corsa contro il tempo” per salvare gli ebrei dai Pogrom che l’Organizzazione Sionista Mondiale aveva avvertito stavano arrivando in Iraq.

Una lettera anonima (e presumibilmente falsa) pubblicata sul Palestine Post esemplifica il messaggio: “Più di 120.000 ebrei sono tenuti in ostaggio” in Iraq, con “migliaia gettati nelle famigerate prigioni” e sottoposti a “trattamenti barbari è disumani”. Evidenziando il timore, la lettera era firmata solo come “ebreo dall’Iraq”, perché “potete immaginare il destino dei miei genitori” se l’identità del mittente fosse stata rivelata.

Eppure, proprio mentre l’amministrazione Truman, fermamente filo-sionista, faceva pressioni sull’ambasciata americana a Baghdad affinché aiutasse a facilitare un ponte aereo verso Israele, l’ambasciata riceveva rapporti secondo cui la situazione veniva “infiammata artificialmente dall’esterno”.

Ma gli attentati antiebraici a Baghdad sembravano confermare i chiari avvertimenti di imminenti Pogrom, avvertimenti rafforzati da volantini dattiloscritti, e così gli iracheni iniziarono a rinunciare alla loro antica Patria a decine di migliaia per imbarcarsi su aerei del Near East Air Transport e diventare coloni nello Stato israeliano

L’operazione di trasporto aereo è stata chiamata “Ali Baba”, in riferimento al personaggio che pronuncia la leggendaria frase “Apriti Sesamo” nelle Mille e una Notte, aprendo ora le porte a Israele. Né è stata trascurata l’obbligatoria associazione biblica del sionismo: si trattava della fuga di 42.360 ebrei dall’Iraq a Gerusalemme due millenni e mezzo fa, quando Re Ciro di Persia liberò gli ebrei che erano stati esiliati dal sovrano babilonese Nebuchadnezzar.

Il fondatore della Near East Air Transport (NEAT), James A. Wooten, era presidente della Alaska Airlines quando la compagnia partecipò al ponte aereo di Berlino del 1947-1948, e nel 1949 guidò il trasferimento di migliaia di ebrei in Israele da Aden (oggi Yemen) e Shanghai. L’anno successivo, nel 1950, Wooten lasciò la compagnia per fondare la Near East Air Transport insieme a EL AL. La compagnia, con sede a Roma, era di fatto una copertura statunitense per la compagnia aerea nazionale israeliana, pilotata da piloti EL AL per uso israeliano. E così, nel maggio 1950, Israele concesse alla NEAT un contratto esclusivo per il ponte aereo, nonostante la compagnia precedentemente sconosciuta avesse solo due aerei per spostare più di centomila persone in breve tempo. La NEAT ha iniziato a trasferire ebrei iracheni in Israele il 20 maggio.

Ciò che accadde dopo non poteva essere una sorpresa. I due aerei della NEAT erano del tutto inadeguati a tenere il passo con l’esodo di persone che ora erano bloccate dopo aver rinunciato alla propria casa e alla propria cittadinanza.

Eppure, anziché di cercare aiuto per le migliaia di ebrei iracheni bloccati, la reazione di Israele è stata l’opposto. Dopo aver scosso il mondo con una minaccia così imminente definendola “una corsa contro il tempo”, Israele invece proibì a chiunque di aiutare in un compito ritenuto urgente. Se dovessimo credere alla versione israeliana dei fatti, cioè che Israele non aveva alcun ruolo negli attentati dinamitardi e che gli ebrei iracheni si trovavano in grave pericolo a causa degli “arabi”, allora avrebbe lasciato volontariamente e con la forza gli ebrei iracheni in balia della violenza da cui avrebbe dovuto salvarli.

Già nel settembre del 1950 il monopolio della NEAT aveva creato la prevedibile catastrofe umanitaria. Come descritto da un testimone ebreo:

“Posso solo aggiungere che migliaia di loro soffrono letteralmente la fame, dopo aver venduto tutti i loro beni e speso fino all’ultimo centesimo, in attesa di una partenza celere. NEAT si è rivelata del tutto inadeguata a far fronte alla situazione”.

La Gran Bretagna, per esempio, implorò Israele di accettare un aiuto esterno. Ha esortato Israele a “modificare” il suo atteggiamento “che causerà difficoltà a un gran numero di ebrei innocenti”, aggiungendo anche come persuasione che la sua ostinazione potrebbe procurargli un danno d’immagine. Ma Israele era indifferente, e in risposta a tali critiche ha usato una frase contro la quale l’Agenzia Ebraica (il “governo” pre-statale dell’Yishuv) avrebbe inveito qualche anno prima: ha risposto che esisteva un “piano regolamentato di assorbimento” di nuovi immigrati, che casualmente corrispondeva “alla capacità dei due aerei forniti da Near East Air Transport”.

Lettera che descrive la condizione disperata degli ebrei iracheni e l’inadeguatezza di Neat, Moshe D. Shohet, “Comitato per la rinuncia alla nazionalità e alla partenza [SIC]”. [TNACO 67/373/8]
Nella lettera:ALLEGATO N. 1 DEL DISPACCIO DI SIR HENRY MACK N° 280 DEL 18 OTTOBRE.

Bagdad, 19 settembre 1950.

Al Direttore Generale della compagnia aerea Irachena Iraqi Airways, Bagdad.

Faccio riferimento alla riunione che, su richiesta di Sua Eccellenza il Primo Ministro, si è tenuta ieri al Ministero degli Interni con l’obiettivo di trovare modi e mezzi per accelerare l’emigrazione degli ebrei che hanno rinunciato alla nazionalità irachena nel più breve tempo possibile. La condizione disperata in cui si trovano questi ebrei è stata spiegata eloquentemente da Sua Eccellenza il Primo Ministro, e io posso solo aggiungere che migliaia di loro soffrono letteralmente la fame, avendo venduto tutti i loro averi e speso fino all’ultimo centesimo, in attesa di una partenza celere. A ciò si aggiunge la disposizione della Legge sull’Emigrazione secondo la quale gli ebrei che rinunciano alla propria nazionalità sono tenuti a lasciare il Paese entro 20 giorni dall’espletamento delle formalità necessarie e questi sono attualmente diverse migliaia, per i quali il trasporto deve quindi, essere reso disponibile il più presto possibile. Come ha detto giustamente Sua Eccellenza il Primo Ministro, gli accordi presi dalla Near East Air Transport Company per il trasporto di questi ebrei si sono rivelati del tutto inadeguati per far fronte alla situazione. E al fine di assistere queste persone sventurate e facilitare la loro partenza, Sua Eccellenza il Primo Ministro ha espresso molto gentilmente l’opinione che l’Iraqi Airways dovrebbe intervenire e dare una mano. Ho debitamente riferito ciò alla mia Commissione, che è stata profondamente commossa da questo segno di solidarietà ed era ansiosa che questa proposta fosse attuata il prima possibile. Date le circostanze, la mia Commissione apprezzerà molto se presenterete proposte precise al fine di mettere in atto questo accordo nel minor tempo possibile.

(Sgd) Moshe D. shohet, Vice Presidente della Commissione per la Retribuzione di Nazionalità e Partenza.

Anche dopo “l’inizio dell’inverno ha ulteriormente aggravato le sofferenze di quegli ebrei”, Israele non solo continuò a proibire qualsiasi assistenza, ma alzò la posta in gioco: ha minacciato di sequestrare qualsiasi aereo che avesse tentato di aiutare. Infatti, una critica al libro del Professor Shlaim riconosce che “alla fine del 1950 un gruppo arretrato di 80.000 ebrei, che si erano già registrati per partire per Israele, rimasero bloccati in Iraq”, ma non si chiede perché fossero rimasti bloccati.

Quindi, la domanda ovvia: perché Israele rivendicava una questione di vita o di morte per salvare gli ebrei iracheni dal massacro per mano dei loro connazionali, costringendoli allo stesso tempo a rimanere bloccati e indifesi nell’epicentro del presunto pericolo? Finché Israele bloccava tutti gli aerei tranne quelli della NEAT, il denaro chiesto dai sionisti era irrilevante: nessuna quantità di donazioni raccolte avrebbe potuto aiutare la NEAT a traghettare i nuovi rifugiati più velocemente.

L’argomentazione israeliana del “piano regolamentato di assorbimento” ne evidenzia solo l’assurdità. Invece di portare gli espatriati iracheni al sicuro in un campo israeliano sovraffollato, il “piano” di Israele li ha costretti a rimanere bersagli fermi nel Paese ostile da cui avrebbero dovuto essere salvati.

Da qui il senso di questo articolo, che a mio avviso dovrebbe essere inestricabile dal tema più ampio: coloro che sostengono che l’esodo dall’Iraq non è stato pianificato dai sionisti e che la “corsa contro il tempo” era reale, devono poi ammettere qualcosa di ancora più sinistro di un’operazione israeliana ingannevole: che Israele avesse posto il monopolio della NEAT al di sopra della vita stessa degli ebrei iracheni, non semplicemente al di sopra dei loro mesi di sofferenza.

C’è un motivo per cui gli avvertimenti sulla violenza “araba” sembravano credibili agli ebrei di Baghdad nel 1949 e nel 1950: la violenza rievocò vividi ricordi del “Farhud “, un vero e proprio Pogrom antiebraico avvenuto appena un decennio prima.

Eppure quel Pogrom mortale del 1941 fu un’anomalia, e le prove indicano fortemente che fu deliberatamente istigato dagli inglesi per i propri scopi. A tutt’oggi, la Gran Bretagna rifiuta di declassificare l’unico documento che confermerebbe o confuterebbe questo, con la pretestuosa affermazione che così facendo “minerebbe la sicurezza della Gran Bretagna e dei suoi cittadini”.

Qualunque sia la verità dietro il Pogrom di Farhud, i ricordi ancora vividi degli ebrei iracheni di quell’orrore hanno aiutato Israele a distruggere una grande e vivace comunità ebraica risalente a due millenni e mezzo fa. Qualsiasi resoconto completo di quel crimine deve includere il monopolio della Near East Air Transport.

Quale era, alla fine, lo scopo del monopolio di NEAT? In una lettera di metà ottobre 1950 a Ernest Bevin, Henry Mack, l’ambasciatore britannico in Iraq, descrive le condizioni sempre peggiori che gli ebrei iracheni dovevano affrontare: “A meno che il monopolio di cui attualmente gode la Near East Air Transport Incorporated non sia revocato”, citando le affermazioni di un funzionario della NEAT: “l’Agenzia Ebraica preferirebbe naturalmente che il trasporto degli ebrei iracheni restasse nelle mani di aziende ebraiche”, dove “ebreo” qui significa israeliano. Avi Shlaim scrive che: “Per Israele l’Operazione ha prodotto, oltre al suo carico umano, centinaia di migliaia di sterline in valuta forte” (pagina 129). La motivazione finanziaria non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, ma il controllo di Israele su quel “carico umano” era probabilmente fondamentale, per garantire che gli iracheni andassero in Israele e da nessun’altra parte. Il monopolio era una salvaguardia contro l’inevitabilità che molti ebrei cercassero di emigrare in Paesi diversi da Israele, un problema che ha sempre afflitto il sionismo e per cui storicamente si è fatto ricorso alla forza.

Thomas Suárez è un ricercatore storico con sede a Londra, nonché un violinista e compositore professionista formatosi alla Juilliard. Ex residente in Cisgiordania, i suoi libri includono tre opere sulla storia della cartografia e quattro sulla Palestina, il più recente “La Palestina dirottata – come il sionismo ha forgiato uno stato di apartheid dal fiume al mare”.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org