L’insidiosa narrativa di Israele sui prigionieri palestinesi

Più di due terzi dei palestinesi proposti per il rilascio da parte di Israele nell’ambito della tregua non sono stati condannati per alcun crimine. La maggior parte sono stati arrestati da bambini.

Fonte: English version

Di Jeremy Scahill – 26 novembre 2023, 11:31

Immagine di copertina: Palestinesi si riuniscono con i loro parenti mentre vengono rilasciati dalla prigione israeliana di Ofer come parte di uno scambio di prigionieri, ad Al Bireh, in Cisgiordania, il 26 nov. 2023. Foto: Issam Rimawi/Anadolu via Getty Images

La narrazione del governo israeliano riguardo al rilascio dei prigionieri palestinesi durante questo cessate il fuoco temporaneo è allo stesso tempo insidiosa e disonesta. Il Ministro dell’Interno Itamar Ben Gvir ha vietato ai palestinesi di celebrare la loro liberazione. “Le mie istruzioni sono chiare: non ci devono essere espressioni di gioia”, ha detto. “Le espressioni di gioia equivalgono a sostenere il terrorismo, le celebrazioni della vittoria danno sostegno a quella feccia umana, a quei nazisti”. Ha detto alla polizia israeliana di usare il “pugno di ferro” per far rispettare il suo editto.

Il governo Netanyahu e i suoi sostenitori hanno promosso la narrazione secondo cui questi prigionieri sono tutti terroristi radicali che hanno commesso crimini violenti. Questa affermazione si basa su una logica manipolata volta a condannarli per decreto in pubblico prima di qualsiasi processo, anche i processi a cui i palestinesi sono regolarmente sottoposti sono una farsa. Israele ha pubblicato un elenco dei nomi con presunti crimini commessi. E chi fa queste accuse? Un esercito che agisce come una brutale Forza di Occupazione contro i palestinesi in Cisgiordania.

La stragrande maggioranza dei 300 prigionieri palestinesi proposti per il rilascio da Israele sono adolescenti. Secondo l’elenco, 124 prigionieri hanno meno di 18 anni, inclusa una ragazza di 15 anni, e molti dei 146 che hanno 18 anni sono diventati maggiorenni nelle carceri israeliane. Secondo le definizioni stabilite nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, questi palestinesi erano bambini quando furono arrestati da Israele.

Dei 300 nomi proposti da Israele per un potenziale rilascio, 233 di loro non sono stati condannati per alcun crimine; sono classificati semplicemente come “in arresto”. La polizia e i pubblici ministeri di tutto il mondo avanzano accuse che poi vengono verificate durante un giusto processo. La narrativa israeliana promuove la finzione che questi palestinesi siano nel mezzo di una sorta di procedimento giudiziario equo in cui alla fine saranno giudicati in un processo giusto e imparziale. Questa è una vera montatura. I palestinesi non vengono perseguiti nei tribunali civili; vengono processati nei tribunali militari. Spesso gli viene negato l’accesso agli avvocati e alle presunte prove contro di essi, e vengono regolarmente tenuti in isolamento per periodi estremi e sottoposti ad altre forme di abuso. Israele è l’unico Paese “sviluppato” al mondo che processa regolarmente i bambini nei tribunali militari, e il suo sistema è stato ripetutamente criticato e denunciato dalle principali organizzazioni e istituzioni internazionali per i diritti umani.

Se, come sostiene Israele, queste persone hanno commesso crimini violenti, in particolare contro i civili, allora Israele dovrebbe dare loro pieni diritti a un giusto processo, per vedere le presunte prove contro di loro, e dovrebbero essere processati in tribunali civili con gli stessi diritti concessi agli imputati israeliani. Ciò significherebbe anche consentire ai palestinesi che commettono atti di violenza politica, in particolare contro le forze militari di un’Occupazione violenta, di sollevare il contesto e la legalità dell’Occupazione israeliana come parte della loro difesa. Israele sta chiedendo al mondo di credere che queste 300 persone siano tutti pericolosi terroristi, eppure ha costruito un sistema giudiziario militare farsa per i palestinesi che magicamente sforna un tasso di condanne quasi del 100%. Tutto questo da un Paese che si propone costantemente come l’unica democrazia in Medio Oriente.

I palestinesi presenti in questa lista provengono dalla Cisgiordania Occupata e hanno vissuto tutta la loro vita sotto un Regime di Apartheid. I palestinesi presi da Israele, compresi alcuni sulla lista dei prigionieri proposti per il rilascio, hanno certamente commesso atti violenti. Ma fingere che il contesto di questa violenza sia irrilevante è tanto assurdo quanto ingiusto, date le terribili condizioni in cui vivono i palestinesi da decenni. Confrontate questo con la diffusa impunità che governa le azioni dei violenti coloni israeliani che prendono di mira senza pietà i palestinesi nel tentativo di cacciarli dalle loro case.

Tutte le nazioni dovrebbero essere giudicate in base al modo in cui trattano i deboli, non i potenti o solo coloro che appartengono ad una determinata religione o etnia. Questo è il motivo per cui molti importanti avvocati per le libertà civili negli Stati Uniti si sono opposti all’uso della prigione di Guantánamo Bay e dei tribunali militari e continuano a opporsi alle leggi o ai regolamenti statunitensi che negano all’accusato il diritto fondamentale ad una difesa adeguata.

Jeremy Scahill è Corrispondente veterano e redattore generale presso The Intercept. È uno dei tre redattori fondatori. È un giornalista investigativo, corrispondente di guerra e autore dei best-seller internazionali “Guerre Sporche: Il Mondo è un Campo di Battaglia” e “Blackwater: L’ascesa del Mercenario più Potente del Mondo”. È stato corrispondente dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Somalia, dallo Yemen, dalla Nigeria, dall’ex Jugoslavia e da altre parti del mondo. Scahill è stato corrispondente per la sicurezza nazionale per The Nation e Democracy Now!. Il lavoro di Scahill ha dato il via a diverse indagini del Congresso e ha vinto alcuni dei più alti riconoscimenti del giornalismo. Ha ricevuto due volte il prestigioso Premio George Polk, nel 1998 per i servizi giornalistici esteri e nel 2008 per “Blackwater”. Scahill è un produttore e scrittore del pluripremiato film “Guerre Sporche”, che è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2013 ed è stato nominato all’Oscar.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org