Difendere il diritto dei palestinesi all’autodifesa

La scorsa settimana il Cancelliere tedesco Olaf Scholz è stato a Washington per una visita ufficiale nel contesto della collaborazione con gli Stati Uniti per assicurarsi “che Israele abbia ciò di cui ha bisogno per difendersi”, secondo il portavoce della Casa Bianca John Kirby.

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Di Ramzy Baroud – 13 febbraio 2024

La scorsa settimana il Cancelliere tedesco Olaf Scholz è stato a Washington per una visita ufficiale nel contesto della collaborazione con gli Stati Uniti per assicurarsi “che Israele abbia ciò di cui ha bisogno per difendersi”, secondo il portavoce della Casa Bianca John Kirby.

Se questa affermazione fosse stata fatta subito dopo l’Operazione Onda di Al-Aqsa del 7 ottobre, si sarebbe potuto comprenderne la logica, basata sul ben noto intrinseco parteggiamento sia di Washington che di Berlino nei confronti di Israele. La dichiarazione e la visita, tuttavia, si sono svolte nel 125° giorno di uno dei Genocidi più sanguinosi della storia moderna.

Lo scopo della visita è stato sottolineato in una conferenza stampa da Kirby, anche se, ore dopo, il Presidente americano Joe Biden ha ammesso che Israele aveva “esagerato” nella sua risposta all’attacco di Hamas.

Se uccidere o ferire più di 100.000 civili, e oltre, è la versione di autodifesa di Israele, allora sia Scholz che Biden hanno fatto uno splendido lavoro nel garantire che Israele abbia tutto ciò di cui ha bisogno per portare a termine la sua sanguinosa missione.

Tuttavia, in questo contesto, chi ha diritto all’autodifesa: Israele o la Palestina?

Durante una recente visita ad un ospedale in un Paese del Medio Oriente, sono stato testimone di uno degli spettacoli più orribili che si possano vedere: decine di bambini palestinesi senza arti, alcuni ancora in lotta per la propria vita, alcuni gravemente ustionati e altri in coma.

Coloro che erano in grado di usare le mani avevano disegnato bandiere palestinesi, che erano appese ai muri accanto ai loro letti d’ospedale. Alcuni indossavano magliette di SpongeBob e altri cappelli con personaggi Disney. Erano puri, innocenti e decisamente palestinesi.

Un paio di bambini hanno mostrato il segno della vittoria non appena ci siamo salutati. I bambini piccoli volevano comunicare al mondo che rimangono forti e che sanno esattamente chi sono e da dove vengono.

I bambini erano troppo piccoli per rendersi conto del contesto giuridico e politico dei loro forti sentimenti verso la loro Patria.

La Risoluzione 3236 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, approvata nel 1974, ha riaffermato “i diritti inalienabili del popolo palestinese in Palestina, tra cui: il diritto all’autodeterminazione e il diritto all’indipendenza e alla sovranità nazionale”.

L’espressione “diritto all’autodeterminazione” è forse la più frequentemente pronunciata in relazione alla Palestina e alla lotta palestinese dall’istituzione delle Nazioni Unite.

Il mese scorso la Corte Internazionale di Giustizia ha anche affermato ciò che già sappiamo: che i palestinesi sono un “gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” distinto.

Quei bambini palestinesi feriti non hanno bisogno del linguaggio giuridico o degli slogan politici per collocarsi. Il diritto a vivere senza la paura dello sterminio, delle bombe e dell’Occupazione militare è un diritto naturale, non richiede argomenti legali e non è influenzato dal razzismo, dall’incitamento dall’odio o dalla propaganda.

Sfortunatamente, non viviamo in un mondo di buon senso, ma in un mondo di sistemi giuridici e politici distorti che sono a favore solo dei più forti.

In questo mondo parallelo, Scholz è più preoccupato della capacità di Israele di “difendersi” che di una popolazione palestinese assediata, affamata e sanguinante, incapace di raggiungere qualsiasi misura tangibile di giustizia.

Nonostante ciò, Israele non ha ancora il diritto di difendersi.

Logicamente, coloro che compiono atti di aggressione non dovrebbero esigere che le loro vittime si astengano dal reagire.

I palestinesi sono stati vittime del colonialismo israeliano, dell’Occupazione militare, dell’Apartheid razziale, dell’Assedio e ora del Genocidio. Pertanto, il fatto che Israele invochi l’Articolo 51 Paragrafo 7 della Carta delle Nazioni Unite si fa beffe del Diritto Internazionale. L’Articolo 51, spesso utilizzato dalle grandi potenze per giustificare le loro guerre e i loro interventi militari, è stato concepito con uno spirito giuridico completamente diverso.

L’articolo 2 Paragrafo 4 del Capitolo Primo della Carta delle Nazioni Unite vieta la “minaccia o l’uso della forza nelle relazioni internazionali”. Inoltre “invita tutti i membri a rispettare la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica degli altri Stati”.

Poiché Israele viola l’Articolo 2 Paragrafo 4, semplicemente non ha il diritto di invocare l’Articolo 51.

Nel novembre 2012 la Palestina è stata riconosciuta come Stato osservatore presso le Nazioni Unite. È anche membro di innumerevoli trattati internazionali ed è riconosciuto da 139 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite. Anche se accettiamo la tesi secondo cui la Carta delle Nazioni Unite si applica solo ai membri a pieno titolo delle Nazioni Unite, il diritto dei palestinesi all’autodifesa può ancora essere stabilito.

Nel 1960, la Risoluzione 1514 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite garantiva l’indipendenza alle nazioni e ai popoli colonizzati. Pur non discutendo il diritto dei colonizzati di usare la forza, condanna l’uso della forza contro i movimenti di liberazione.

Cinque anni dopo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò a favore della Risoluzione 2105, che riconosceva la legittimità della “lotta” delle nazioni colonizzate per esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.

Nel 1983 l’Assemblea approvò la Risoluzione 38/17. Il linguaggio, questa volta, era inequivocabile: le persone hanno il diritto di lottare contro la dominazione coloniale straniera con tutti i mezzi possibili, compresa la lotta armata.

Le stesse dinamiche che governavano le Nazioni Unite nei suoi primi giorni continuano ancora oggi, con i Paesi occidentali, che in passato rappresentavano la maggior parte di tutte le potenze coloniali, che continuano a darsi il monopolio sull’uso della forza. Al contrario, il Sud del Mondo, che ha sofferto sotto il giogo di quei Regimi Occidentali, insiste sul fatto che anch’esso ha il diritto di difendersi dall’intervento straniero, dal Colonialismo, dall’Occupazione militare e dall’Apartheid.

Mentre Scholz era a Washington per discutere ulteriori modi per uccidere i civili palestinesi, il Nicaragua ha presentato una richiesta ufficiale per unirsi al Sudafrica nel tentativo di ritenere Israele responsabile del Crimine di Genocidio a Gaza.

È interessante come i colonizzatori e i colonizzati continuino a costruire relazioni e solidarietà attorno agli stessi vecchi principi. Il Sud del Mondo sta, ancora una volta, manifestando solidarietà con i palestinesi, mentre il Nord del Mondo, con poche eccezioni, continua a sostenere l’Oppressione israeliana.

Poco prima di lasciare l’ospedale, un bambino ferito mi ha consegnato un disegno. Presentava diverse immagini, impilate una sopra l’altra, come se il ragazzino stesse creando una sequenza temporale degli eventi che lo hanno portato al ferimento: una tenda, con lui dentro; un soldato israeliano che spara a un palestinese; le sbarre della prigione, con suo padre dentro; e, infine, un combattente palestinese che tiene una bandiera.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org