Dalle Crociate a Gaza, la sanguinosa storia della difesa della civiltà occidentale

Dalle Crociate all’Impero Ottomano, dalla Guerra al Terrorismo e ora a Gaza, per secoli, l’Occidente ha descritto l’Islam come violento per giustificare la sua violenza contro musulmani e arabi. Ora, Israele usa questa retorica a Gaza.

Fonte: English version

Di Robert Clines – 19 marzo 2024

Il 6 dicembre 2023, il Presidente israeliano Isaac Herzog ha spiegato che “questa guerra non è solo tra Israele e Hamas. È una guerra il cui vero scopo è salvare la civiltà occidentale, salvare i valori della civiltà occidentale”.

La dubbia affermazione di Herzog secondo cui Hamas rappresenta una minaccia esistenziale per la civiltà occidentale disconosce la realtà storica a favore di una visione del mondo impoverita che favorisce i nazionalismi, alimenta l’arroganza imperiale di Stati Uniti, Europa e Israele e prolunga l’Occupazione, la Pulizia Etnica e la distruzione della vita palestinese che durano da 75 anni.

Alla base c’è la convinzione che l’Islam sia una religione militante e antagonista guidata dalla Jihad, con il presunto desiderio di distruggere l’Occidente. E ultimamente, l’Intifada è stata malignamente riformulata come un appello al Genocidio ebraico.

In questa visione del mondo, nessun’altra voce è consentita e solo l’Occidente può dirci cosa significano le parole arabe. Poco è cambiato dal 1984, quando l’intellettuale palestinese-americano Edward Said scrisse che “i ‘fatti’ e la verità di un’esperienza storica consecutiva hanno pochissime possibilità di essere ampiamente accettati o divulgati in questo mondo in guerra”.

Le affermazioni di Herzog e quelle della sua cerchia riecheggiano la retorica islamofobica usata per giustificare la bellicosità occidentale fin dal Medioevo, che iniziò con i cristiani medievali che si riferivano a tutti i musulmani come “Saraceni”, un epiteto razzista che fa venir meno ogni distinzione etnica, culturale o linguistica tra musulmani per presentarli come minacce barbare, incivili e violente alla cristianità latina.

Papi e potentati sostenevano la Prima Crociata (1095-1099) perché i musulmani avrebbero distrutto e profanato le chiese, violentato le donne cristiane e circonciso gli uomini cristiani.

A sua volta, Gerusalemme fu soggetta a violenze e distruzioni diffuse, poiché i crociati saccheggiarono chiese e case di ebrei, cristiani e musulmani.

Nella Canzone di Orlando, un antico poema epico francese scritto intorno alla Prima Crociata, i musulmani venivano descritti come pagani e adoratori di Apollo che desideravano massacrare i cristiani.

Anche i poemi epici crociati successivi, come l’Orlando Innamorato (1495) di Matteo Maria Boiardo, l’Orlando Furioso (1532) di Ludovico Ariosto e la Gerusalemme Liberata (1581) di Torquato Tasso, presentarono le invasioni musulmane dell’Europa o la violazione della Gerusalemme cristiana come giustificazioni per la Guerra Cristiana contro l’Islam.

Questa bellicosità continuò durante tutto il Rinascimento europeo. In: Sulla Guerra Contro i Turchi, il teologo cattolico Erasmo da Rotterdam si riferiva agli Ottomani come a “una razza di barbari” che aveva confinato gli europei “in una stretta striscia di terra” e mirava a distruggere completamente il cristianesimo.

La Forza Cristiana che sconfisse la marina ottomana a Lepanto, al largo delle coste della Grecia nel 1571, vide la propria vittoria come ordinata da Dio. E la convinzione che i cristiani debbano proteggere la virtù cristiana dalle depravazioni dell’Islam è alla base di gran parte del teatro inglese, come Otello di Shakespeare e A Christian Turn’d Turk (La Conversione al Cristianesimo di un Turco) di Robert Daborne.

Il crollo dell’Impero Ottomano dopo la Prima Guerra Mondiale permise alle potenze occidentali di mettere in pratica queste idee. Gli europei colonizzarono il mondo arabo e contribuirono a fondare lo Stato di Israele, provocando decenni di conflitti.

Eppure, raramente vediamo alcuna ammissione che la violenza imperiale occidentale, l’espropriazione e la Pulizia Etnica dei palestinesi, il sostegno di regimi autoritari complici, i colpi di Stato orchestrati dagli Stati Uniti e l’infinita “Guerra al Terrorismo” hanno tutti portato alla deprivazione e distorsione della vita in ampie parti del mondo arabo e musulmano.

La cosiddetta “Guerra al Terrorismo”, in particolare, ha provocato morte e sofferenze diffuse in tutto il mondo musulmano. Questa lente colora il modo in cui i media occidentali discutono le motivazioni e le giustificazioni di Israele per il suo attacco a Gaza, che ha ucciso più di 31.000 palestinesi.

Dal settembre 2001, circa 4,5 milioni di persone sono morte direttamente o a causa degli interventi militari americani in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria, Yemen e altrove, e circa 38 milioni di persone sono state sfollate.

Allo stesso modo, le mendaci associazioni tra Hamas e l’ISIS, nonostante le loro differenze ideologiche, tattiche e strategiche, per non parlare della reciproca antipatia, indicano il desiderio di raggruppare tutti i musulmani sotto la bandiera dei “terroristi” che si oppongono ai valori occidentali.

Di conseguenza, la portata degli attacchi di Hamas viene considerata più violenta della risposta di Israele. Come ha dimostrato un rapporto investigativo di The Intercept, i media statunitensi hanno descritto l’attacco di Hamas del 7 ottobre contro i civili israeliani come una “strage”, “orribile” e un “massacro” 218 volte, ma hanno usato un linguaggio simile per descrivere l’uccisione di palestinesi da parte di Israele solo 9 volte.

I titoli tendenziosi del New York Times o le affermazioni secondo cui il Ministero della Sanità di Gaza è “controllato da Hamas” minano la capacità degli abitanti di Gaza di denunciare la propria brutalizzazione.

Questa ossessione di presentare Hamas come terroristi simili all’ISIS è stata così completamente svuotata di significato che un giornalista della BBC si è sentito obbligato a chiedere a Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, se Hamas si preoccupa che dei bambini siano morti mentre Albanese discuteva della responsabilità di Israele di non colpire i civili.

Allo stesso modo, le istituzioni culturali occidentali che spacciano questi stereotipi secolari hanno consentito che la violenza islamofoba si rivolgesse verso le comunità musulmane negli Stati Uniti, in Europa e oltrove.

Arabi e musulmani vengono travisati in film come The Hurt Locker, Zero Dark Thirty e American Sniper come terroristi, ricchi sceicchi del petrolio e loschi uomini d’affari, il che porta alla discriminazione e alla profilazione razziale.

Negli ultimi mesi, i sentimenti anti-musulmani e gli attacchi contro arabi e musulmani negli Stati Uniti sono aumentati in modo esponenziale, come nel caso dei tre studenti universitari palestinesi uccisi nel Vermont perché indossavano la kuffiyeh o dell’omicidio della bambina palestinese Wadea Al Fayoume di 6 anni.

Nel 2021, la pubblicazione britannica The Mail ha riferito in modo ridicolo che alcune parti del paese erano “Zone Vietate ai Musulmani”. Il laicismo francese è spesso utilizzato come arma contro i musulmani.

In Germania, la repressione attiva del linguaggio filo-palestinese opera insieme a politiche anti-immigrazione, xenofobe e islamofobe e ostacola un dialogo produttivo tra tedeschi, palestinesi e israeliani.

Dalle Crociate allo smembramento europeo dell’Impero Ottomano alla “Guerra al Terrorismo” ai continui attacchi israeliani sostenuti dall’Occidente contro i Palestinesi, la violenza occidentale contro il mondo arabo e musulmano si basa sulla falsa convinzione che l’Islam rappresenti una minaccia esistenziale per la civiltà occidentale.

In uno dei suoi ultimi saggi prima della sua morte, Edward Said affermò che: “Ci aspettano ancora molti anni di tumulto e miseria in Medio Oriente, dove uno dei problemi principali è, per dirlo nel modo più chiaro possibile, il potere degli Stati Uniti. A ciò che gli Stati Uniti si rifiutano di vedere chiaramente difficilmente possono sperare di porvi rimedio”.

Ciò rimane vero non solo per gli Stati Uniti, ma per il resto dell’Occidente e per Israele. L’Occidente deve iniziare a fare i conti con la sua storia di violenza islamofoba se mai vogliamo sperare di vivere in un mondo fondato sulla pace e con giustizia per tutti.

Robert Clines è professore associato di storia e studi internazionali presso l’Università della Carolina Occidentale. La sua specializzazione si concentra sull’islamofobia, l’antisemitismo e l’orientalismo nell’Europa medievale e rinascimentale, nonché sulla storia del cristianesimo arabo premoderno.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org