Israele obbliga una donna palestinese a divorziare per accedere al trattamento contro il suo cancro


4 novembre 2016

Samira Nattat, palestinese di Hebron – che combatte da 3 anni contro un cancro all’intestino e che ha subito i lunghi controlli ai posti di blocco, quando non addirittura i rifiuti per andare a farsi curare a Gerusalemme – è stata costretta, per poter beneficiare di un trattamento, a cambiare di nome perché gli israeliani non gradiscono quello di suo marito.
Nattat Ahmad nel 2011 fu imprigionato per due anni (dopo un interrogatorio di 60 giorni!) da Israele per avere ospitato nei primi anni 2000 dei resistenti.
A Samira, durante quei due anni, è stato permesso di fargli visita solo tre volte. Ahmad è poi stato inviato a Gaza e non ha alcun diritto di raggiungere in Cisgiordania la moglie, che ha sempre più bisogno della sua presenza dato che è malata e sofferente.
E’ un colpo al cuore per la coppia, sposata da 15 anni e che passa il tempo al telefono.
“E’ la decisione più difficile che ho dovuto prendere in vita mia”, ha dichiarato Samira, 37 anni, a cui Israele non ha lasciato altra scelta che un divorzio, dato il peggioramento delle sue condizioni di salute.

Trad. Invictapalestina.org

Fonte:http://oumma.com/223875/israel-oblige-une-palestinienne-a-divorcer-pouvoir-ac

Divide et impera: come il sistema scolastico perpetua le divisioni tra i palestinesi di Israele

PALESTINIAN-ISRAEL-CONFLICT-BEDOUIN
Una maestra palestinese insegna a una classe di bambini beduini palestinesi provenienti dalla comunità di Abu Nawar vicino alla colonia ebraica di Maale Adumim (sfondo), nella città cisgiordana di al-Azariya, ad est di Gerusalemme, 23 febbraio 2016 (AFP)

Mona Bieling(*), Thursday 27 October 2016 16:00

Il sistema scolastico israeliano, nella sua forma attuale, risponde chiaramente al bene dello Stato, piuttosto che a quello degli studenti palestinesi arabi.

Il sistema scolastico in Israele è uno dei tanti settori in cui i cittadini israeliani arabi palestinesi ed ebrei sono separati gli uni dagli altri poiché le scuole sono rigorosamente divise in diversi settori, distinti sia per religione che per etnia.

Il sistema nella sua forma attuale è stato istituito nel 1953 con la Legge d’Istruzione dello Stato che fornisce il quadro giuridico per la creazione di due settori: uno ebraico laico e uno ebraico religioso. Anche se la minoranza palestinese in questa legge non è menzionata, l’istituzione di un settore per la scuola araba, separato dai due ebraici, ne è inevitabilmente derivato.

Nonostante una modifica della legge fatta nel 2000, il settore arabo non ha alcun valore giuridico ufficiale, ma coesiste con i due ‘ufficiali e riconosciuti’ settori ebrei come uno ‘non ufficiale ma riconosciuto’. Così, dalla nascita del sistema scolastico statale nel 1953, agli arabi palestinesi e agli ebrei israeliani in genere è stato impedito di frequentare insieme la scuola.

I recenti sforzi portati avanti per separare la popolazione cristiana araba in Israele per quanto riguarda la leva e l’istruzione suggeriscono che il sistema scolastico nella sua forma attuale è più di un semplice fornitore di conoscenza per i cittadini dello stato. Il Ministero dell’Istruzione ha il pieno controllo sui programmi scolastici di tutti i tipi di scuole – ebree, druse e arabe, pubbliche e private, dalla scuola materna alla scuola superiore.

ISRAEL-PALESTINIAN-CONFLICT-EDUCATION-NETANYAHU
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu parla agli studenti palestinesi arabi nel corso di una visita alla scuola elementare pubblica Tamra Ha’emek, il primo giorno dell’anno scolastico, nella città settentrionale di Tamra (AFP)

Sono due i principali modi con cui il sistema scolastico statale promuove le divisioni tra i cittadini palestinesi in Israele: direttamente, attraverso la separazione delle diverse comunità religiose in scuole separate, la scelta dei programmi e la nomina di insegnanti e presidi; e indirettamente, attraverso questioni riguardanti finanziamenti, infrastrutture, scuole private e accesso all’istruzione superiore.

Pertanto, il sistema di istruzione può essere visto come strumento politico utilizzato dal governo per promuovere i suoi obiettivi nel favorire il carattere ebraico dello stato, piuttosto che per fornire la migliore istruzione possibile per tutti i cittadini.

Le divisioni create tra i palestinesi con cittadinanza israeliana porterà anche conseguenze nella comune ricerca per ottenere uno stato e l’autodeterminazione. Pertanto, dividere le comunità palestinesi in una dentro e una fuori Israele, come ho fatto per questo saggio, serve al solo scopo di analisi e non intende minare il concetto di una nazione palestinese collettiva.

Allontanare i drusi

 

I principali e più evidenti interventi attivati da Israele nel sistema dell’istruzione al fine di dividere la sua popolazione palestinese, sono i tentativi di dividere le comunità sulla base della loro religione.

Il divide et impera come pratica all’interno del sistema educativo risale al 1956, quando fu istituito un sistema scolastico separato per i drusi in Israele. Questo passaggio deve essere visto nel contesto più ampio dell’intenzione di Israele di definire la comunità drusa come ‘un popolo a parte’, non appartenente in alcun modo alla comunità palestinese.

Piuttosto, la fedeltà dei drusi allo stato è stata messa in risalto e garantita con l’arruolamento obbligatorio di tutti i drusi maschi nell’esercito israeliano e incoraggiata nelle scuole druse. Pertanto, come Ra’afat Harb, un attivista politico druso mi ha detto la scorsa estate, sia l’atmosfera che i programmi nelle scuole druse differiscono da quelli di altre scuole di palestinesi arabi.

Come risultato dell’istruzione separata, limitata e di parte nelle scuole druse abbiamo che l’identità drusa viene rimodellata in modo da soddisfare gli obiettivi dello stato e della maggioranza ebraica. Naturalmente, l’identità è sempre un concetto mutevole che differisce singolarmente e collettivamente e che può manifestarsi in vari modi. Anche in questo caso, secondo Harb, ci sono drusi che si identificano come palestinesi, arabi, israeliani o anche come sionisti.

Tuttavia, attraverso il sistema educativo, lo Stato sopprime energicamente lo sviluppo dell’identità araba e palestinese dei drusi, mentre impone loro un’identità separata univoca druso/israeliana. In tal modo, lo Stato segue chiaramente un programma atto a condurre i drusi lontano dalla comunità palestinese araba.

Difficoltà per i beduini arabi

Un’altra divisione importante che è stata creata all’interno della comunità palestinese in Israele è tra i cristiani/musulmani arabi da una parte e i beduini arabi dall’altra.
La maggior parte dei beduini in Israele vive nel Naqab (Negev) nel sud del paese, dove si trovano ad affrontare condizioni di vita abiette in seguito al tentativo di Israele di sradicarli dalle loro terre e trasferirli in un raggruppamento di pochi villaggi e città.

Come abitanti di villaggi non riconosciuti, i beduini soffrono condizioni di vita fra le più povere nel paese, secondo Noga Dagan-Buzaglo, ricercatore presso Adva Center – Informazioni su uguaglianza e giustizia sociale in Israele.

PALESTINIAN-ISRAEL-CONFLICT-BEDOUIN
Bambini giocano a basket vicino alla loro scuola nel villaggio beduino di Wadi Abu Hindi (AFP)

Benché lo stato abbia l’obbligo di provvedere all’istruzione di tutti i suoi cittadini a partire dai 3 o 4 anni, le scuole del Naqab si trovano soltanto in villaggi e città riconosciuti. Questo rende difficile per i genitori che vivono nei villaggi non riconosciuti mandare i figli a scuola in maniera regolare.

Dal momento che i genitori possono incorrere in azioni legali se non riescono a mandare i figli a scuola, alcune famiglie si sono spostate da villaggi non riconosciuti in villaggi riconosciuti per agevolare la frequenza scolastica ed evitare denunce penali, secondo Muhammad Zidani, ricercatore, e Muna Haddad, avvocato, che fanno parte di Adalah, il Centro Legale per i Diritti della minoranza araba in Israele.

Anche in questo caso, l’istruzione viene utilizzata come strumento politico per costringere alla volontà dello Stato i cittadini arabi, in questo caso l’allontanamento di parte della popolazione dalla sua terra ancestrale.

Separazione degli arabi cristiani

Un terzo, abbastanza recente, passaggio è il tentativo di Israele di separare gli arabi cristiani, come hanno fatto con i drusi negli ultimi 60 anni.
Nel 2013 sono aumentati gli sforzi statali per incoraggiare gli arabi cristiani ad arruolarsi nell’ esercito israeliano, approfittando del fatto che sono numericamente inferiori rispetto agli arabi musulmani e cercando di instillare la paura per una “crescente ‘minaccia musulmana’ nella regione”. A questo si unisce lo sforzo in corso, da parte dello stato, di attribuire agli arabi cristiani una nuova etnia aramaica.

Odna Copty, che lavora per il Follow-Up Committee on Arab Education (FUCAE), dice che gli arabi cristiani come lei ora vengono indicati come aramaici, invece che arabi.

“Dicono che siamo un gruppo di diverse religioni e che non abbiamo nulla in comune” ha detto. “Quando parlo con qualcun altro che è arabo, non mi viene mai in mente di chiedergli quale sia la sua religione, perché culturalmente, per gli arabi non è buona educazione chiederlo.

Il tentativo dello stato di separare i cristiani e far loro adottare una nuova identità aramaica non ha ancora preso piede tra la gente. Al contrario, molti palestinesi arabi come Copty deridono questi sforzi come innaturali e destinati a fallire.

Tuttavia il passato dimostra che sforzi simili hanno avuto successo nel contesto druso. Pertanto, questa nuova strategia del divide et impera dovrebbe essere presa sul serio, piuttosto che essere scartata a priori come assurda.

La storia di qualcun’altro

Il secondo importante ambito in cui lo stato applica direttamente la sua politica del divide et impera sono i contenuti che gli alunni apprendono a scuola. Il sistema di istruzione si basa tutto “sui valori della cultura ebraica e le conquiste della scienza, sull’amore della patria e la fedeltà allo stato e il popolo ebraico (…)” come stabilito dalla legge dello stato sull’istruzione del 1953.

In pratica, questo significa che i programmi concepiti per i settori laici e religiosi ebrei mirano a insegnare agli alunni i valori e il punto di vista ebraici sionisti. Come risultato, gli studenti arabi palestinesi durante i 14 anni che frequentano la scuola non imparano niente della storia e della cultura del proprio popolo.

Inoltre, l’immagine degli arabi palestinesi che è riportata nei loro libri di scuola è negativa, se non addirittura razzista.

Le differenze tra arabi palestinesi sono messe in evidenza in un nuovo controverso libro di testo di educazione civica, introdotto a maggio dall’attuale Ministro della Pubblica Istruzione Naftali Bennett.

Nonostante la marcata protesta della comunità arabo-palestinese, Bennett ha insistito per la pubblicazione del libro che, tra l’altro, “inutilmente suddivide tra musulmani, cristiani, aramaici e drusi di Israele, concentrando maggiormente l’attenzione sul servizio militare di questi ultimi piuttosto che sul sottogruppo più rilevante”, vale a dire gli arabi musulmani.
Connessa a questo problema è la nomina degli insegnanti e dei presidi delle scuole arabe. Tra la comunità palestinese in Israele è risaputo che il Ministero della Pubblica Istruzione non nomina la persona più adatta per il compito, ma quella che coopera con lo stato.

Il fatto che lo Shabak (Shin Bet), servizio di sicurezza interna di Israele, sia coinvolto nelle nomine – facendole precedere da un controllo – di docenti e presidi mostra quanto Israele consideri cruciale la nomina delle persone “giuste”. Scegliendo insegnanti e presidi fedeli o almeno non apertamente critici, lo stato fa in modo che venga insegnato solo il contenuto del programma scolastico. Anche nelle scuole private, che hanno un certo grado di libertà in merito alla nomina dei docenti e nella scelta del contenuto, gli insegnanti sono consapevoli del loro ruolo all’interno del sistema e soprattutto della narrazione dominante.

Tutti questi aspetti considerati nel loro complesso mostrano come lo Stato, con l’intervento diretto nel sistema di istruzione, trasmetta solo la narrazione sionista dominante con l’idea di proteggere il carattere ebraico dello Stato. Questa pratica mira a seminare divisioni tra gli studenti arabi palestinesi perché nega l’esistenza di una nazione palestinese, mentre mette l’accento su tutti gli aspetti che separano la comunità in termini religiosi o di altro genere.

Una buona istruzione – se te la puoi permettere

Israele cerca anche di minare la coesione della comunità arabo-palestinese in un modo sottile più indiretto. Mentre i numeri esatti variano, è ovvio che il Ministero dell’Istruzione destina molto meno fondi alle scuole arabe che a quelle ebraiche, con una conseguente grave mancanza di risorse in tutte le scuole pubbliche arabe.

Le scuole beduine sono considerate ben attrezzate se si trovano in edifici di mattoni, con acqua corrente ed elettricità. Come risultato del continuo lavoro del Follow-Up Committee on Arab Education (FUCAE), il Ministero della Pubblica Istruzione è pienamente consapevole della quantità di denaro necessaria ogni anno per ogni studente, in modo tale da chiudere il divario tra studenti ebrei e arabi.

Secondo il Direttore Generale del FUCAE, Aatef Moadei, tuttavia Israele è interessato a gestire i divari piuttosto che eliminarli. L’indifferenza dello stato è ancor più sorprendente se si considera che è rivolta contro persone che compongono il 20% della propria cittadinanza, che pagano le tasse e si aspettano di vedere in cambio investimenti significativi.

Come conseguenza della mancanza di fondi e della carenza di infrastrutture nella maggior parte delle scuole pubbliche, le scuole private arabe sono diventate l’alternativa preferita per i genitori che vogliono che i loro figli ricevano una migliore educazione. La maggior parte delle scuole private arabe sono gestite e in parte finanziate da chiese, il che significa che hanno più fondi a cui attingere e questo comporta una maggiore libertà nella gestione degli affari interni della scuola. Le scuole della Chiesa arabe sono aperte a tutti gli alunni arabi, non solo agli arabi cristiani.

Tuttavia, siccome i genitori pagano tasse di iscrizione per queste scuole, le famiglie arabe più povere che sono generalmente musulmane, sono escluse da questa alternativa. Di conseguenza, con la deliberata mancanza di fondi per le scuole pubbliche e costringendo la comunità araba al non accesso all’istruzione privata in parte auto-pagata, lo stato impone ancora una volta una divisione della comunità su base religiosa, oltre a mettere in evidenza la stratificazione lungo le linee di classe.

Mantenere gli studenti ad un basso livello d’istruzione

La strategia dello stato per quanto riguarda il sistema scolastico arabo mira a garantire che i cittadini palestinesi in Israele rimangano ad un basso livello d’istruzione, fornendo allo stesso tempo quel tanto di formazione sufficiente a mascherare la realtà, sia davanti alla comunità internazionale che all’opinione pubblica israeliana.

Le gravi carenze nel sistema scolastico si traducono nella scarsa partecipazione degli arabi nel campo dell’istruzione superiore: solo uno su quattro alunni arabi continua gli studi superiori, rispetto all’uno su due alunni ebrei. Di conseguenza, le misure dirette e indirette fatte subire dallo stato conducono al rafforzamento delle differenze all’interno della comunità arabo-palestinese.

Su una scala più grande, queste misure si traducono anche in un sistema che produce una forza lavoro relativamente poco qualificata, ad esempio con la formazione di insegnanti arabi mal preparati fatto che, a sua volta, avrà un effetto sulla prossima generazione di allievi arabi palestinesi – garantendo una continua marginalizzazione della minoranza palestinese all’interno di Israele.

Democrazia solo di nome

Lo stato interferisce quindi direttamente e indirettamente nell’ambito dell’istruzione araba e mira a far rispettare le separazioni tra i cittadini arabi palestinesi in Israele sulla base dell’etnia, della religione, della geografia e di classe. Il sistema scolastico, nella sua forma attuale, si rivolge chiaramente ai maggiori interessi dello Stato, piuttosto che agli studenti.

I palestinesi in Israele sono consapevoli delle diversità nella loro comunità. Tuttavia sostengono che il governo usa il sistema scolastico per rafforzare le differenze esistenti, che non sarebbero così problematiche se non ricevessero continue sollecitazioni da parte dello stato. Il controllo delle loro scuole da parte del Ministero della Pubblica Istruzione e, soprattutto, la totale mancanza di libertà in merito ai contenuti che vengono insegnati sono due pratiche che hanno largamente respinto.

Pertanto, la comunità palestinese araba in Israele chiede la completa autonomia per quanto riguarda il sistema scolastico arabo, assumendo la piena responsabilità nell’assegnazione dei fondi, nei contenuti dei programmi e nella nomina degli insegnanti in tutte le scuole arabe.
L’autonomia del settore educativo arabo in Israele sarebbe un passo importante verso il miglioramento dell’istruzione araba in generale. Inoltre, offrirebbe ai cittadini arabi palestinesi in Israele una possibilità per fermare i tentativi dello stato di dividerli in comunità sempre più piccole, con il solo scopo di mettere in pericolo il movimento nazionale palestinese.

Anche se questi obiettivi potrebbero sembrare utopici, è di cruciale importanza che Israele avvii un trattamento su base paritaria di tutti i suoi cittadini, ebrei e non ebrei, se vuole continuare a chiamarsi e essere chiamato una democrazia.
(*)Mona Bieling è dottoranda in Storia Internazionale presso l’International History at the Graduate Institute of International and Development Studies (IHEID) a Ginevra, Svizzera. Questa ricerca è stata effettuata con il supporto di Baladna – Association for Arab Youth in Haifa, Israele.

 

 

Trad. Simonetta Lambertini

Fonte: http://www.middleeasteye.net/essays/divide-and-rule-how-school-system-sows-division-among-palestinian-citizens-israel-1534031059

Rapper arabo sperimenta i limiti della libertà artistica in Israele

 

rap1
Tamer Nafar (al centro), si esibisce con il gruppo hip-hop DAM. I componenti sono tutti arabi, cittadini di Israele, e alcuni dei loro testi criticano aspramente lo stato. Vedono la critica come libertà artistica, mentre la ministra della cultura di Israele dice che un simile linguaggio può incitare alla violenza. Per gentile concessione di Christopher Hazou
2 Novembre  2016

Migliaia di adolescenti vanno in estasi – gli arabi come gli ebrei – appena Tamer Nafar sale sul palco. Fa parte della minoranza araba palestinese di Israele, è uno dei membri fondatori del gruppo hip-hop palestinese DAM e canta in arabo.

Leggi tutto “Rapper arabo sperimenta i limiti della libertà artistica in Israele”

Hollywood: Robert De Niro, Arnold Schwarzenegger e Gerard Butler raccolgono 38 milioni di dollari per il benessere dei soldati israeliani


Pubblicato il 4 Novembre 2016 

Diverse personalità di Hollywood hanno partecipato giovedì a Los Angeles ad una serata organizzata dall’uomo d’affari americano Haim Saban per sostenere l’esercito israeliano.

Robert De Niro, Arnold Schwarzenegger e Gerard Butler, Joanna Krupa e Larry King hanno contribuito a raccogliere 38 milioni di dollari per il benessere dei soldati israeliani.
“Siamo qui per mostrare il fantastico sostegno di Hollywood e della comunità ebraica degli Stati Uniti ai soldati di Israele e all’esercito israeliano”, ha detto Saban, uno dei maggiori donatori dell’esercito israeliano. 

Uno dei momenti salienti della serata è stato quando ha preso la parola Allison Barsan, una giovane soldatessa franco-israeliana, che nel 2015 ha ucciso due terroristi palestinesi che si preparavano a accoltellare dei soldati. “Ecco perché sono venuta qui, per difendere Israele”, ha detto la giovane soldatessa che dopo la sua aliyah si è arruolata nel Mishmar Hagvoul, un corpo d’elite che è in prima linea nella guerra contro il terrorismo.
Trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://www.lemondejuif.info/2016/11/hollywood-robert-de-niro-arnold-schwarzenegger-gerard- butler-levent-38m-de-dollars-bien-etre-soldats-israeliens/

Il Palestinian street workout utilizza tutto, dalle armature alle macerie

Nella foto di copertina Mahmoud Nasman, 23 anni, esegue ‘la bandiera umana’ utilizzando il ferro per cemento armato lasciato tra le macerie.

I soci di Bar Palestine esibiscono la propria abilità e uniscono gli emarginati

2
Nasman, Maqdma and Eyad Ayad, 22, in the ruins of the al-Nahda towers

Tra il cemento e i detriti che i bombardamenti israeliani si sono lasciati alle spalle non c’è spazio per l’errore. Qui, dove una volta si ergevano le torri al-Nahda a Beit Lahiya, è dove la squadra dei Bar Palestine si allena, facendo flessioni sulle armature e verticali sulle fondamenta abbandonate.

4
Taleb and Nasman show off their strength and flexibility on a children’s play structure in Gaza City

“Non hanno altra scelta per seguire la propria passione”, dice il fotografo ventisettenne Hosam Salem della squadra di quattro atleti che si allena in strada. E’ troppo pericoloso perfezionare la propria abilità in mezzo ai ribelli, dice, e troppo costoso procurarsi un posto dove poterlo fare.

6
Suliman Taleb, 21, trains on what was once an apartment building in Gaza City

L’allenamento in strada, uno sport marginale che negli ultimi cinque anni ha preso piede nell’Europa orientale, unisce la forza fisica a esercizi di ginnastica ritmica o alla ginnastica. Salem dice che i Bar Palestine, a Gaza, stanno cercando di aumentare la propria popolarità esibendosi in aree pubbliche, come ad esempio i parchi o le spiagge, utilizzando le infrastrutture a disposizione per perfezionare la loro abilità. Secondo il sito World Federation Street Workout and Calisthenics questo sport non è solo l’esibire forza e flessibilità della parte superiore del corpo, ma cerca anche di unire persone di diversa provenienza socio-economica ed etnica; si tratta di unire gli emarginati.

5
Baker Al Maqdma, 23, and Taleb perform in a public garden in Gaza City.

“La vita è tutta nelle possibilità che abbiamo e gli altri non notano”, dice Salem. “Questo è quello che i Bar Palestine desiderano: “Un’occasione per mostrare al mondo il proprio talento e sfidare se stessi e gli altri a raggiungere il proprio obiettivo.”

3
With his feet to the sky, Maqdma practises amidst ruins left after the 2014 Israeli-Gaza conflict that destroyed much of Beit Lahiya

 

Trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://www.macleans.ca/multimedia/photo/palestinian-street-workout-uses-everything-from-rebar-to-rubble/