C’è una grande ironia nel fatto che Israele stia cercando un posto presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC).
20 Settembre 2017 – Ramzy Baroud
Dalla sua fondazione sulle rovine delle città e dei villaggi palestinesi nel 1948, Israele ha avuto il rapporto più precario con il più grande organismo internazionale del mondo.
Ha cercato disperatamente di essere legittimato dall’ONU, mentre ha fatto del suo meglio per delegittimare le Nazioni Unite.
Dopo la risoluzione del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite (UNHRC) del marzo 2014 che ha condannato gli abusi dei diritti umani di Israele nei Territori palestinesi occupati, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato l’ONU di essere “assurdo”, promettendo di “continuare a denunciare ed esporre” tutta una “serie di ipocrisie” dell’ONU.
Da molti anni i leader israeliani e i funzionari del governo hanno preso l’abitudine di denigrare l’ONU e le sue varie organizzazioni e, con il sostegno incondizionato di Washington, ignorano abitualmente le numerose risoluzioni delle Nazioni Unite che riguardano l’occupazione illegale della Palestina.
In una certa misura, la strategia israeliana – di usare e abusare dell’ONU – ha funzionato. Con il veto statunitense che ha bloccato ogni tentativo delle Nazioni Unite di fare pressione su Israele per porre fine alla sua occupazione militare e alle violazioni dei diritti umani, Israele non ha avuto nessuna premura di rispettare il diritto internazionale.
Ma due eventi importanti hanno costretto Israele a un ripensamento.
In primo luogo, nel dicembre 2016, gli Stati Uniti si sono astenuti durante la votazione di una risoluzione dell’ONU che ha condannato le attività illegali degli insediamento israeliani nei Territori Palestinesi Occupati.
Rompendo con una decennale tradizione di proteggere Israele da qualsiasi censura internazionale sembrava che anche la fiducia incondizionata di Washington verso Tel Aviv fosse incerta.
In secondo luogo, la crescita del movimento di boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni (BDS) guidata dai palestinesi ha iniziato a cambiare la dinamica della politica internazionale per quanto riguarda l’occupazione israeliana.
Il movimento, iniziato come un appello della società civile palestinese per mettere Israele di fronte alle sue responsabilità per le sue violazioni dei diritti umani palestinesi, è cresciuto rapidamente per diventare un movimento globale. Centinaia di gruppi locali BDS si moltiplicano in tutto il mondo, con adesioni di artisti, accademici, attivisti sindacali e rappresentanti politici eletti.
Nel giro di pochi anni, il BDS è diventato un importante strumento di pressione per denunciare l’occupazione israeliana e richiedere giustizia per il popolo palestinese.
L’UNHRC (Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite) ha aderito subito dichiarando la sua intenzione di preparare una lista, rendendo pubblici i nomi delle aziende che devono essere boicottate per la loro collocazione negli insediamenti israeliani illegali.
Gli sforzi del gruppo dei diritti umani si sono aggiunti alle ripetute condanne delle violazioni dei diritti umani di Israele, come ha riportato l’UNESCO, l’agenzia culturale dell’ONU.
Questo significa che gli organismi delle Nazioni Unite che non permettono ai membri con diritto veto di far sentire il loro peso sono cresciuti nella loro capacità di sfidare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Le azioni dell’UNHRC e dell’UNESCO hanno incoraggiato una forte campagna israeliana-americana per delegittimarli.
Dopo l’avvento al potere dell’amministrazione di Donald Trump e con l’aiuto del suo ambasciatore all’ONU Nikki Haley, Washington ha condotto una guerra contro le Nazioni Unite, usando l’intimidazione e la minaccia di revoca dei finanziamenti.
L’UNESCO ha insistito sulla sua posizione, nonostante il taglio dei fondi. Nel frattempo, l’UNHRC ha deciso di andare avanti con la pubblicazione dell’elenco delle società, nonostante le minacce statunitensi di uscire totalmente dall’organismo dei diritti umani.
Secondo Channel 2 di Israele, l’elenco include Coca-Cola, TripAdvisor, Airbnb, Priceline e Caterpillar, oltre a società israeliane statali e due grandi banche.
I funzionari israeliani hanno dato in escandescenze. Il vice ministro degli Esteri Tzipi Hotovely ha sostenuto che “l’ONU gioca con il fuoco”, minacciando che tale iniziativa causerà ulteriori tagli del bilancio delle Nazioni Unite.
Ha anche dichiarato che gli Stati Uniti e Israele stanno lavorando insieme per avviare una «rivoluzione» nel Consiglio dei diritti umani attraverso un “piano d’azione” congiunto.
I segni di questa strana rivoluzione sono già evidenti. Oltre a soffocare finanziariamente gli organismi delle Nazioni Unite, Israele sta facendo pressione sui paesi del Sud del mondo che hanno tradizionalmente dimostrato solidarietà con i palestinesi a causa dei legami storici comuni per l’ oppressione straniera e le lotte anticoloniali.
Netanyahu ha appena concluso un viaggio in America Latina, considerato il primo di un primo ministro israeliano in carica. Nell’ultima parte del suo viaggio in Messico, ha offerto progetti per “sviluppare l’America Centrale”.
Il prezzo è naturalmente per i paesi dell’America Latina, quello di sostenere l’occupazione israeliana e di chiudere un occhio sulle sue violazioni dei diritti umani in Palestina.
L’ironia che, per fortuna, non è sfuggita a tutti è quella di Netanyahu che lo scorso gennaio ha dichiarato il suo sostegno alla promessa di Trump di costruire un muro sul confine tra Usa e Messico costringendo il Messico a pagarlo.
Rimane da vedere come gli sforzi di Israele porteranno l’America Latina dalla parte di Israele, considerando i terribili trascorsi di quest’ultimo a sostegno di regimi fascisti e per il rovesciamento della democrazia.
La campagna ammaliatrice del primo ministro israeliano prevedeva di includere il Togo in ottobre con la partecipazione al vertice Israele-Africa. Grazie agli sforzi di Sudafrica e Marocco, tra gli altri paesi, il vertice è stato annullato considerato che oltre la metà dei paesi africani stavano progettando di boicottarlo.
Il fallimento deve avere prodotto grave imbarazzo diplomatico a Tel Aviv, visto che Netanyahu ha reso la diplomazia africana un pilastro nella sua politica estera. Lo scorso giugno ha visitato l’Uganda, il Kenya, l’Etiopia, la Tanzania e il Ruanda. È stato accompagnato da una grande delegazione di industriali. All’inizio di giugno, al summit della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) in Liberia, ha promesso ai leader africani di fornire loro tecnologia agricola contro la siccità e la scarsità di cibo.
Il prezzo? Secondo l’agenzia di stampa africana (ANA), “la tecnologia israeliana risolverà le questioni più urgenti dell’Africa, a patto che le nazioni africane si oppongano alle risoluzioni delle Nazioni Unite critiche sull’occupazione israeliana della Palestina”.
Non tutti i leader africani hanno concesso di essere manipolati da Tel Aviv.
Ma la tattica israeliana sta diventando sempre più definita e spavalda. L’obiettivo di Tel Aviv è quello di sminuire il sostegno dei palestinesi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e di sabotare il lavoro degli organismi delle Nazioni Unite che sfuggono al condizionamento del potere statunitense.
Nel frattempo, vuole anche assicurarsi un posto personale al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’ipotesi è che, con il sostegno di Haley presso l’ONU, una tale possibilità non sia molto improbabile.
Oltre ai 5 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con diritto di veto, dieci paesi membri sono eletti per due anni. La campagna israeliana in America Latina, Africa e Asia ha lo scopo di garantire il voto necessario per garantirgli un posto nel periodo 2019-2020.
La votazione avrà luogo l’anno prossimo, e Israele si schiererà contro la Germania e il Belgio.
La strategia di Israele di elevare il suo status all’ONU può anche essere vista come un’ammissione fallimentare del comportamento antagonistico di Tel Aviv. Tuttavia, se Israele occuperà quel seggio, è probabile che utilizzi la nuova posizione per rafforzare la sua occupazione della Palestina, anziché aderire al diritto internazionale.
È una sfortuna che gli arabi e l’Autorità palestinese si stiano rendendo conto di questa realtà con molto ritardo. Israele sta preparando questo momento da anni – dal 2005 quando era premier Ariel Sharon – tuttavia l’AP solo ora chiede una strategia della Lega araba per impedire che Israele raggiunga quella posizione influente.
Ciò su cui i palestinesi contano, al momento, è il sostegno storico reale che il popolo palestinese ha fra molti paesi in tutto il mondo, soprattutto nel Sud del Mondo.
La maggior parte di queste nazioni hanno sperimentato la colonizzazione, l’occupazione militare e hanno condotto le loro dolorose lotte di liberazione. Non dovrebbero permettere che un regime colonialista si trovi a far parte dell’ONU, un regime che da una parte ostacola il diritto internazionale e dall’altra predica al mondo democrazia e diritti umani.
Trad. Invictapalestina.org
Fonte: http://www.ramzybaroud.net/courting-the-global-south-will-israel-become-a-un-security-council-member/