Il cosiddetto “Piano dei Generali” mirato allo Sterminio e alla Pulizia Etnica della Striscia settentrionale non è altro che la componente militare della visione dei coloni, quella di “Gaza è Nostra, Per Sempre”.
Fonte: English version
Di Ramzy Baroud – 28 ottobre 2024
Con lo slogan: “Gaza è Nostra, Per Sempre”, un gran numero di estremisti israeliani e politici di destra si sono incontrati nell’insediamento di Be’eri, vicino al confine di Gaza, il 20 e 21 ottobre.
Il gruppo rappresentava un “chi è chi” della destra israeliana, dell’estrema destra e degli ultranazionalisti. Tra loro c’erano i ministri israeliani Itamar Ben-Gvir, May Golan e Bezalel Smotrich, così come 10 parlamentari del Partito Likud del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
L’evento, intitolato “Prepararsi a Colonizzare Gaza”, è stato organizzato da uno dei movimenti di coloni più estremisti di Israele, Nachala, guidato dalla famigerata Daniella Weiss.
Per comprendere quanto sia estremista questa colona di 79 anni, considerate questo: il 27 giugno, il governo canadese, sebbene uno dei più accaniti sostenitori di Netanyahu e delle sue guerre, ha imposto sanzioni a Weiss, a causa del suo “ruolo nel facilitare atti di violenza da parte di coloni estremisti israeliani contro civili palestinesi”.
La conferenza piena di odio, tuttavia, è stata solo il culmine di uno sforzo durato un anno per costruire un caso sul perché Israele dovrebbe effettuare la Pulizia Etnica dei palestinesi nella Striscia di Gaza e ristabilire gli insediamenti illegali.
La storia, tuttavia, non inizia il 7 ottobre. Nel 2005, Israele ha deciso di ridistribuire le sue forze fuori dalla piccola regione costiera. Fu l’inizio del totale assedio israeliano all’enclave, che portò a molteplici guerre e, infine, agli eventi del 7 ottobre e al Genocidio in corso.
Sebbene il numero di coloni ebrei costretti ad abbandonare i 15 insediamenti illegali smantellati fosse piuttosto esiguo, 8.500, il senso di tradimento provato dai coloni creò profonde divisioni nella società israeliana.
Le scene caotiche di coloni allontanati con la forza dal blocco degli insediamenti di Gush Katif a Gaza crearono una crisi nazionale in Israele e furono paragonate all’evacuazione forzata dell’insediamento illegale di Yamit nel Sinai, che Israele smantellò nell’aprile 1982 come parte di un precedente accordo con l’Egitto. Ma perché questa crisi?
Israele è una società colono-coloniale, che ha legato la sua espansione coloniale a dettami e profezie religiose. Quindi, la partenza forzata da Gaza, per la maggior parte di questi coloni, deve essere sembrata rappresentare sia un tradimento nazionale che un atto sacrilego.
Ecco perché il reinsediamento di Gaza divenne l’immediato grido di battaglia per i coloni israeliani. Rispetto alla loro limitata quota di potere politico durante il ridispiegamento del 2005, gli estremisti attuali sono ora di fatto i decisori.
Mentre l’esercito non ha ancora ben chiari i suoi obiettivi strategici a Gaza, i coloni sono sempre stati consapevoli della natura della loro missione: la Pulizia Etnica di tutti i palestinesi di Gaza e la ricostruzione degli insediamenti.
Così, rapidamente, persone come Weiss e molti dei suoi sostenitori hanno iniziato a chiedere agli israeliani di unirsi alla campagna di ricolonizzazione. “Registratevi, registratevi, abiterete a Gaza”, ha detto Weiss a un pubblico di sostenitori lo scorso marzo, dichiarando con gioia che 500 famiglie si erano già iscritte, secondo un rapporto della CNN.
Weiss e Nachala non stanno agendo indipendentemente dall’obiettivo generale dei principali politici del Paese. Ad esempio, il primo giorno di guerra, il 7 ottobre 2023, Netanyahu ha chiarito le sue intenzioni: “Dico ai residenti di Gaza: andatevene ora, perché agiremo con la forza ovunque”.
Il 17 ottobre, un documento di posizione presentato dall’Istituto Israeliano per la Sicurezza Nazionale e la Strategia Sionista Misgav chiedeva “il trasferimento definitivo dell’intera popolazione e l’insediamento di Gaza”.
Il rapporto vedeva nella guerra “un’opportunità unica e rara per evacuare l’intera Striscia di Gaza” nel deserto del Sinai. Più tardi, nello stesso mese, lo stesso Ministero dell’Intelligence israeliano si è interessato, con l’agenzia di stampa israeliana Calcalist che ha pubblicato un documento “che raccomandava il trasferimento dei residenti di Gaza nel Sinai”.
Il 14 novembre, Smotrich ha parlato di “migrazione volontaria”. A dicembre, i media hanno riferito che Netanyahu aveva detto ai membri del Partito Likud che la vera sfida di Israele è trovare “Paesi disposti ad accoglierli”, ovvero la popolazione di Gaza.
Sono iniziate a essere organizzate conferenze per raccogliere sostegno attorno all’idea di una Pulizia Etnica dei palestinesi. Il primo grande incontro organizzato da una coalizione di movimenti di coloni si è tenuto lo scorso dicembre. “Una Casa Sulla Spiaggia Non è Un Sogno”, proclamava un annuncio pubblicitario per l’incontro, riferendosi alla spiaggia di Gaza.
Anche Jared Kushner, genero di Donald Trump, ha colto al volo l’occasione. A marzo, ha parlato della “preziosissima proprietà sul lungomare” di Gaza, che ha richiesto a Israele di rimuovere i civili e “ripulire la Striscia”.
Il cosiddetto “Piano dei Generali” mirato allo Sterminio e alla Pulizia Etnica della Striscia settentrionale non è altro che la componente militare della visione dei coloni, quella di “Gaza è Nostra, Per Sempre”.
Ma se Israele non è riuscito a sostenere i suoi insediamenti nell’enclave ribelle in circostanze più gestibili in passato, ci riuscirà ora?
I coloni sono già consapevoli dell’occasione a portata di mano. Ecco perché collegano costantemente la loro colonizzazione di Gaza alla Pulizia Etnica dei suoi abitanti palestinesi.
Il successo e il fallimento di Israele, tuttavia, saranno in ultima analisi determinati da questa massima: finché il popolo palestinese combatterà, Weiss e i suoi compagni estremisti non troveranno sicurezza a Gaza.
Infatti, la popolazione nativa di Gaza ha vissuto in quella terra storica per migliaia di anni. Se il Genocidio non li ha costretti ad abbandonare la loro terra, niente lo farà.
Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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