Coronavirus: il mondo accademico globale ha un assaggio delle restrizioni palestinesi

La pandemia riflette ciò che generazioni di studenti, insegnanti e studiosi palestinesi subiscono sotto l’occupazione israeliana.

Fonte – English version

Di Emile Badarin – 16 Aprile 2020

Lo scoppio della pandemia di Covid-19 ha ostacolato l’educazione degli studenti a livello globale. Ma questo non è affatto nuovo per studenti e accademici palestinesi, la cui vita educativa è stata sistematicamente ostacolata per decenni dalle pratiche coloniali israeliane.

La diffusione allarmante del coronavirus ha costretto molte università e scuole a chiudere, abbracciando l’apprendimento virtuale nel tentativo di contenere la pandemia. Ciò ha colpito oltre il 90 percento del corpo studentesco globale, secondo l’UNESCO.

Per la maggior parte degli studenti, insegnanti, membri di facoltà e cancellieri del mondo, la chiusura delle istituzioni educative è senza precedenti. Per le loro controparti palestinesi, gli ostacoli all’educazione sono la quotidianità.

Blocchi e interruzioni

Per decenni, nessuna università o scuola palestinese è sfuggita a blocchi e interruzioni. Di conseguenza, il diritto delle successive generazioni di palestinesi a un’istruzione, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, è stato regolarmente violato e compromesso dal colonialismo sionista.

Le politiche israeliane ostacolano sistematicamente l’accesso dei palestinesi all’istruzione quotidianamente, attraverso le famigerate restrizioni ai movimenti ai posti di blocco militari, al muro dell’apartheid e agli insediamenti, insieme ad arresti arbitrari di studenti e docenti, chiusure di scuole, razzie nei campus, demolizioni di aule, esclusione di accademici internazionali, e l’assedio di Gaza.

Nelle circostanze anormali del dominio colono-coloniale di Israele, in Palestina sono state applicate chiusure e coprifuoco militari severi, lunghi e talvolta mortali, punizioni collettive illegali ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra. Il settore educativo palestinese, in particolare gli studenti, sono state le principali vittime di repressione e arresti.

Stretta coloniale

Dagli anni ’70, il settore educativo palestinese è stato preso di mira incessantemente. Nel 1974, il governo militare israeliano ordinò la chiusura della più grande e influente università palestinese, la Birzeit University, ed esiliò il suo presidente.

Nel 1981, Birzeit fu chiuso da novembre a gennaio e il suo presidente, l’amministrazione e numerosi membri della facoltà e studenti furono messi agli arresti domiciliari o imprigionati nelle carceri israeliane.

Le restrizioni e le interruzioni dell’educazione palestinese furono istituzionalizzate attraverso il potere della legge marziale. Nel luglio 1980, le autorità israeliane emisero l’ordine militare 854, un atto legislativo coloniale che intensificò ulteriormente la presa di Israele sull’istruzione superiore palestinese.

Durante la Prima Intifada, le università palestinesi furono costrette a chiudere per quattro anni consecutivi, dal 1988 al 1991. Anche l’istruzione scolastica fu gravemente ridotta. È stata la chiusura più estesa di sempre nel settore dell’istruzione.

Bambini palestinesi spostano i mobili della loro classe dopo che le forze israeliane hanno smantellato una struttura scolastica alla periferia di Hebron nella Cisgiordania occupata il 19 febbraio (AFP)

Durante la Seconda Intifada, chiusure militarizzate rigorose, coprifuoco, assedi, restrizioni ai movimenti e incursioni nei campus hanno gravemente danneggiato l’istruzione superiore palestinese. Le università e le scuole furono invase, saccheggiate, bombardate e chiuse. Il danno fu grave: oltre 498 scuole furono chiuse, 1.289 furono temporaneamente chiuse, alcune furono trasformate in avamposti militari e 297 furono bombardate. Tra il 2002 e il 2005, gli studenti palestinesi hanno perso 7.825 giorni di apprendimento.

Durante questo periodo, gli studenti, gli insegnanti e le facoltà palestinesi spesso non potevano raggiungere le loro università ed erano esposti a molestie, imprigionamento e rischio di essere percossi o attaccati con gas lacrimogeni o sparatorie.

Inoltre, dal 2007, l’assedio israelo-egiziano a Gaza ha ostacolato spietatamente il diritto all’istruzione dei palestinesi. Università, scuole e altre istituzioni educative sono state distrutte durante gli assalti israeliani nel 2008-9, 2012 e 2014. Gaza è isolata dal mondo, riducendo i suoi scambi con studiosi esterni e università.

Innovazioni educative
 
Il settore educativo palestinese non ha ceduto alle restrizioni coloniali, continuando a resistere e perseguire modi innovativi di svolgere la sua missione di insegnamento. Anche senza il lusso dell’apprendimento virtuale, i palestinesi hanno insegnato e imparato in qualsiasi spazio disponibile, persino trasformando le loro cucine in laboratori con attrezzature trasferite dai laboratori universitari.

Per gli studenti, la facoltà e l’amministrazione palestinesi, l’incertezza è la norma, non una eccezione. Non sono mai sicuri se saranno in grado di completare un anno accademico.

Sfortunatamente, la crisi di Covid-19 ha universalizzato questo senso di incertezza agghiacciante. Quasi ogni studente, insegnante o amministratore sta vivendo la dolorosa incertezza che i suoi coetanei in Palestina stanno attraversando da così tanto tempo.

Covid-19 ci ha dato un assaggio personale degli effetti deleteri delle chiusure e delle restrizioni sull’istruzione. Il mondo accademico ora ha un’esperienza diretta di ciò con cui generazioni di studenti, insegnanti e studiosi palestinesi hanno combattuto sotto l’occupazione israeliana.

Una volta terminata la crisi di Covid-19, la vita educativa tornerà alla normalità in molte parti del mondo. Ma non in Palestina, dove l’educazione continuerà a soffrire di restrizioni e interruzioni sistematiche, fino a che durerà il dominio coloniale.

Quando la crisi attuale passerà, e lo farà, il mondo accademico avrà un maggiore dovere morale di essere solidale con le sue controparti palestinesi rispetto a qualsiasi altro momento.

Emile Badarin è ricercatrice post dottorato presso la Cattedra europea di vicinato (ENP), Collegio d’Europa, Natolin.  Ha conseguito un dottorato in politica mediorientale. La sua ricerca attraversa i campi delle relazioni internazionali e della politica estera, con il Medio Oriente e l’UE come area di studio.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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