La Nakba continua

La cosa da ricordare è che questa è una battaglia impari; questa è una lotta tra una delle potenze militari più forti del mondo, sostenuta dagli Stati Uniti, decisa a espropriare e umiliare un popolo diseredato.

Fonte: english version

Di Alice Rothchild – 14 Maggio 2021

Foto di copertina: I palestinesi lasciano Haifa mentre le forze sioniste entrano in città.

Mentre il mio dolore e il mio sdegno montano di fronte alle prevedibili intensificazioni delle violenze in Israele / Palestina, ancora una volta mi meraviglio di fronte al baratro di incomprensioni ed errori di valutazione nel descrivere gli eventi mentre si svolgono e della narrazione descritta dalla maggior parte dei media d’informazione. (Recentemente, il New York Times è una rara eccezione.)

La narrazione che entrambe le parti hanno le loro ragioni, ma Israele è la vittima, segue uno schema collaudato: gli ebrei israeliani, che vivono ancora all’ombra dell’Olocausto, tornano alle loro legittime case e combattono per ogni centimetro di ciò che è giustamente loro. Nel fare ciò, si trovano ripetutamente di fronte a terroristi arabi che attaccano civili innocenti e che devono essere -schiacciati con tutta la forza che l’esercito israeliano ha a sua disposizione. Mai più!  Aggiungete il “quasi-umano” ” Hamas e i militanti iraniani, gli ebrei e i coloni ultraortodossi armati e aggressivi fiancheggiati dai soldati israeliani che difendono le promesse di Dio e marciano con aria di sfida attraverso Gerusalemme gridando “Morte agli arabi!”,  e avrete l’attuale narrazione. Le Nazioni Unite, una serie di gruppi per i diritti umani e la Corte Penale Internazionale protestano, invocando vari crimini contro l’umanità, mentre gli israeliani si sfregano le mani e gridano al delitto. Di nuovo vittime. Gli Stati Uniti naturalmente rimangono in silenzio dato che gran parte delle armi di Israele sono americane. Entrambe le parti potrebbero per favore semplicemente moderare la violenza?

Cosa c’è di diverso questa volta?

Mentre ci sono state rivolte di cittadini palestinesi in Israele contro confische di terre e altre violazioni, nonché a sostegno dei palestinesi  oppressi nei territori (viene in mente il Land Day nel 1976), ora i palestinesi di Acre, Haifa, Jaffe, Lod, Nazareth, e Ramle stanno protestando fermamente e impetuosamente. Il sindaco di Lod può chiamarla la “Notte dei Cristalli,” ma i cittadini palestinesi hanno raggiunto un punto di rottura, incapaci di tollerare i 72 lunghi anni di politiche razziste e segregazioniste da parte del governo israeliano, i suoi più recenti attacchi a Gerusalemme, e la sua deriva estremista, tendente verso partiti politici fascisti.

Il governo israeliano potrebbe aver sbagliato i calcoli, anche se è del tutto possibile che l’astuto Netanyahu pensi che una guerra sanerebbe la divisione nella popolazione israeliana e migliorerebbe le sue possibilità di riproporsi come valido candidato e, naturalmente, restare fuori di prigione. Sospetto che la maggior parte dei politici israeliani creda che tutto ciò che provoca una spaccatura nel disfunzionale rapporto Hamas / Autorità Palestinese e fornisce una scusa per assassinare alcuni leader di Hamas sia un bene anche per Israele. Israele ha già lanciato una chiave di volta nelle ormai annullate elezioni palestinesi, negando il diritto di voto ai residenti di Gerusalemme Est, accrescendo così l’angoscia della popolazione palestinese occupata, già provata dalla pandemia.

Sebbene i funzionari israeliani sostengano il solito scenario  “Hamas-complotto-per-distruggere-Israele”,  che io considero  un eclatante tentativo di distrazione, le ragioni delle attuali esplosioni di rabbia sono molto più comprensibili come un altro culmine della Nakba in corso iniziata ben prima del 1948.

Le famiglie nel quartiere di Sheikh Jarrar a Gerusalemme Est furono espulse dai soldati israeliani dalle loro case ad Haifa e Jaffa nel 1948. Ventotto famiglie furono  assegnate a Sheikh Jarrar negli anni ’50 dal governo giordano in coordinamento con l’UNRWA. Si trasferirono in case costruite da ricche famiglie palestinesi che erano fuggite dalle strade affollate e tortuose della Città Vecchia all’inizio del 20º secolo, così come in case di nuova costruzione. L’area prese il nome dal medico personale del condottiero islamico Saladino, che vi si stabilì quando gli eserciti musulmani conquistarono la città dai crociati cristiani nel 1187.

Negli anni ’60, le famiglie fecero un accordo con la Giordania (che fino al 1967 ha controllato l’aerea) per diventare proprietari delle loro case;  ricevettero atti ufficiali sulla terra in cambio della rinuncia al loro status di rifugiati con tutte le sue protezioni internazionali. Il governo giordano ha ripetutamente fornito documenti che dimostrano la proprietà palestinese delle loro case. Dopo la guerra del ’67, il governo israeliano ha sviluppato un piano di insediamento per l’area, chiamato Bacino Sacro, che prevede la costruzione di una serie di unità coloniali e parchi intorno alla Città Vecchia e la rimozione delle case palestinesi utilizzando la confisca totale e infinite battaglie legali. Avvalendosi delle leggi israeliane che permettono agli ebrei di reclamare la proprietà della terra persa nel 1948, così come una serie di documenti falsi, i coloni hanno contestato la proprietà palestinese e ripetutamente vinto nei tribunali israeliani. Per il governo israeliano chiamare questa semplicemente una “disputa immobiliare” è incomprensibilmente disonesto. Inutile dire che i palestinesi che hanno perso case e proprietà a Gerusalemme Ovest o ovunque in Israele non hanno alcun rimedio legale del genere. Ventimila case palestinesi sono attualmente a rischio di demolizione in città.

Mentre i palestinesi affrontavano nuovi sfratti, le tensioni aumentavano e il Ramadan stava volgendo al termine, il governo israeliano ha scelto questo momento per impedire ai palestinesi da fuori Gerusalemme di entrare nella moschea di Al-Aqsa in una delle loro ricorrenze religiose più sacre. La violenza è esplosa ulteriormente nel Jerusalem Day, una stridente celebrazione nazionalistica della conquista israeliana della città nel 1967, versando acido in una ferita ancora aperta. La polizia israeliana ha preso d’assalto Al-Aqsa, sparando proiettili di gomma, granate stordenti e gas lacrimogeni contro i palestinesi in preghiera e contro chi (non sorprendentemente)  lanciava pietre (l’arma preferita dei diseredati, infuriati e umiliati). Trecentotrenta palestinesi sono rimasti feriti.

Non sorprende che Hamas si sia sentito obbligato a rispondere a queste ripetute provocazioni. Mi chiedo se le provocazioni fossero davvero intenzionali. Negli ultimi giorni, centinaia di razzi di Hamas hanno colpito diverse città israeliane, uccidendo sette persone, e le forze israeliane hanno ripetutamente bombardato la Striscia, uccidendo oltre 113 persone, e ferendone 530. Seguiranno senza dubbio altre morti e distruzioni mentre le forze israeliane si preparano per un’invasione di terra, i bambini moriranno, i tragici numeri in Israele saranno sminuiti dall’entità della terrificante morte a Gaza. Madri e padri piangeranno e i giovani giureranno vendetta. Conosciamo questa storia. Il Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha dichiarato che “Israele non si sta preparando per un cessate il fuoco. Al momento non esiste una data di fine per l’operazione.” Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha annunciato che gli attacchi missilistici continueranno fino a quando Israele non cesserà “tutti gli atti di terrorismo e aggressione a Gerusalemme e nella moschea di Al-Aqsa”.

Ora sono scoppiate proteste in Cisgiordania a Hebron, Jenin, Nablus, Qalqilya e Tulkarem.

La cosa da ricordare è che questa è una battaglia impari; questa è una lotta tra una delle potenze militari più forti del mondo, sostenuta dagli Stati Uniti, decisa a espropriare e umiliare un popolo diseredato. Questo è uno spaventoso esempio del colonialismo violento dei coloni, dell’incapacità del mondo di vedere i palestinesi ugualmente umani, traumatizzati e meritevoli come i loro potenti vicini e occupanti israeliani ebrei. Se la comunità internazionale non costringe Israele ad affrontare le cause profonde di questo disastro, la tragedia si ripeterà ancora e ancora. La narrativa della liberazione e del diritto ebraico è stata avvelenata da decenni di politiche razziste e ingiuste che sono state definite da molti un lento Genocidio per la Palestina. Nessuno vince.

 

Spetta ai media internazionali, ai governi, alle organizzazioni per i diritti umani e di base e alle comunità di tutto il mondo rendere questa storia diversa.

 

Alice Rothchild è medico, autrice e regista. Ha concentrato il suo interesse per i diritti umani e la giustizia sociale sul conflitto Israele / Palestina dal 1997. Ha praticato ostetricia per quasi 40 anni. Fino al suo pensionamento ha servito come assistente professore di ostetricia e ginecologia all’Harvard Medical School. Scrive e tiene molte conferenze, è autrice di Broken Promises, Broken Dreams: Stories of Jewish and Palestinian Trauma (Promesse e Sogni Infranti: Storie di Ebrei e Palestinesi Traumatizzati), Resilience, On the Brink: Israel and Palestine on the Eve of the 2014 Gaza Invasion (Resilienza, Sull’orlo del Baratro: Israele e Palestina alla Vigilia dell’Invasione di Gaza del 2014) e Condition Critical: Life and Death in Israel / Palestina (Condizione Critica: Vivere e Morire in Israele e Palestina). Ha diretto un film documentario, Voices Across the Divide (Voci Attraverso la Divisione) ed è attiva in Jewish Voice for Peace (Voci Ebraiche per la Pace). Seguitela su @alicerothchild

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org