Israele ha distrutto gli uffici di più di 20 media palestinesi a Gaza

Il bombardamento degli uffici dei media internazionali a Gaza ha provocato sgomento, mentre poco risalto è stato dato ai giornalisti palestinesi rimasti ad informare sotto il fuoco israeliano.

Fonte: english version

Di Shrouq Aila e Anna Therese Day – 18 Maggio 2021

Foto di copertina: Il fotoreporter di Gaza Momen Faiz Quraiqea si trova di fronte ai resti dell’ufficio della sua agenzia di comunicazione distrutta da un attacco aereo israeliano a Gaza City il 14 maggio 2021. Foto: per gentile concessione di Mohammed Quraiqea / Idea Media

GAZA CITY – NEL 2008, Momen Faiz Quraiqea era un giovane videoreporter di 21 anni quando un attacco aereo israeliano gli fece saltare le gambe. L’esperienza come vittima di quello che molti consideravano un crimine di guerra non fece che rafforzare la sua determinazione a documentare i costi civili del conflitto armato.

“Quando gli israeliani mi hanno ferito, ho sentito che era la missione della mia vita diffondere la verità sui crimini contro altri civili e giornalisti a Gaza”, ha detto Quraiqea. “Israele cerca di cancellare il messaggio palestinese, ma ogni ferita ci rende solo più determinati a smascherare i loro crimini. La nostra narrazione non si fermerà mai.”

Nonostante avesse bisogno di una sedia a rotelle, Quraiqea trascorse il decennio successivo affermandosi come fotoreporter riconosciuto a livello internazionale. Le sue immagini della Striscia di Gaza occupata, una enclave densamente popolata assediata dal potente esercito israeliano, sono apparse su pubblicazioni internazionali e in mostre all’estero. Ha fondato una piccola azienda chiamata Idea Media con un ufficio.

Nonostante le sfide e le minacce che ha dovuto affrontare a Gaza, Quraiqea dice di aver “costruito il suo sogno”, fino alla scorsa settimana, quando un attacco aereo israeliano gli ha distrutto nuovamente la vita.

“I miei colleghi hanno chiamato, dicendo che l’IDF”, le Forze di Difesa Israeliane, “avevano appena avvertito che stavano per bombardare l’edificio, così mi sono precipitato in ufficio”, racconta Quraiqea. “Ma non ho fatto in tempo. È stato bombardato prima che arrivassi. Totalmente distrutto.”

“Mi sono trovato di fronte alle macerie della mia azienda”, ha detto Quraiqea. “Ho visto i miei sogni, le lunghe giornate di lavoro, l’archivio e le attrezzature, tutto in macerie. Adesso è tutto finito.”

L’agenzia di Quraiqea è solo uno degli oltre 20 organi di stampa di Gaza rasi al suolo dagli attacchi aerei israeliani la scorsa settimana. Molta attenzione è stata concentrata sugli attacchi aerei che hanno distrutto gli uffici di Gaza delle organizzazioni internazionali dei media, ma i giornalisti locali portano enormi fardelli non solo del loro lavoro per la stampa estera, ma anche per raccontare le storie dei loro vicini e famigliari. A differenza dei colleghi internazionali, i giornalisti di Gaza non possono andarsene, per mancanza del permesso israeliano, e, senza la protezione garantita ai media globali, assumersi rischi aggiuntivi solo per il fatto di essere palestinesi.

Nonostante gli enormi rischi che si accollano, e i costi che pagano, i giornalisti di Gaza continuano a fare il loro lavoro, a raccontare la storia del loro popolo. Più lo fanno, più la stampa internazionale fa affidamento su di loro, più grandi diventano i rischi che si assumono. Eppure gli attacchi che hanno distrutto così tanti dei loro uffici e delle loro attrezzature raccolgono meno attenzione delle stesse organizzazioni internazionali che fanno affidamento su di loro per assumersi questi rischi straordinari.

“Ogni media che è stato raso al suolo è una perdita per il giornalismo e la veridicità”, ha detto Ignacio Miguel Delgado, rappresentante per il Medio Oriente e il Nord Africa del Comitato per la Protezione dei Giornalisti. “Gli implacabili bombardamenti dei media nella Striscia di Gaza, insieme al divieto di ingresso ai giornalisti stranieri a Gaza City, stanno privando non solo il mondo di una informazione tanto necessaria, ma solleva anche il sospetto che Israele stia deliberatamente cercando di impedire la copertura delle operazioni militari in corso a Gaza”.

Israele ha annunciato martedì sera che mercoledì avrebbe riaperto il valico di Erez a Gaza per i giornalisti internazionali.

Questa settimana, gruppi per i diritti umani hanno accusato Israele di impedire la documentazione internazionale della guerra a Gaza e deferito Israele alla Corte Penale Internazionale, a seguito degli attacchi aerei israeliani di sabato su un edificio di 12 piani che ospitava i media internazionali, tra cui Al Jazeera e l’Associated Press.

“Prendere di mira deliberatamente i media costituisce un crimine di guerra”, ha detto Reporter Senza Frontiere in una dichiarazione di domenica. “Colpendo intenzionalmente i media, l’IDF non sta solo infliggendo danni materiali inaccettabili alle operazioni di informazione. Stanno anche, più ampiamente, ostacolando la copertura mediatica di un conflitto che colpisce direttamente la popolazione civile”.

Da quando Israele ha lanciato la sua ultima campagna a Gaza, l’esercito israeliano ha impedito alla stampa straniera e ai gruppi per i diritti umani di accedere alla Striscia di Gaza da Israele, nonostante il numero crescente di vittime civili e l’entità della distruzione.

“Quando Israele limita o minaccia la stampa, disumanizza i palestinesi”, ha detto Sherine Tadros di Amnesty International. “La storia di un bambino di 4 anni di nome Ahmed che amava i Pokemon e giocava con la sorella maggiore è molto più potente di un singolo titolo di un articolo ‘Un bambino morto a Gaza’ o del bilancio delle vittime così spesso riportato. Israele lo sta facendo intenzionalmente, perché non dimentichiamo da dove sta informando la stampa internazionale, dalle città di confine israeliane invece che dell’interno di Gaza”.

Una settimana fa, dopo la prima fase di attacchi aerei di Israele su Gaza, l’Ufficio Stampa del governo israeliano ha annunciato che non ci sarebbe stato “nessun passaggio per i giornalisti attraverso il valico di Erez fino a nuovo ordine”. Il giorno successivo, l’Ufficio Stampa ha ospitato una visita guidata delle città israeliane vicino a Gaza per i giornalisti stranieri, in coordinamento con l’IDF.

Erez è l’unico passaggio della barriera Israele-Gaza aperto ai giornalisti e la sua sospensione di una settimana ha impedito ai media internazionali di accedere a un’importante operazione militare israeliana a Gaza per la prima volta dall’aggressione israeliana del 2008-2009, l’Operazione Piombo Fuso.

Da parte di Gaza, sia l’Ufficio Stampa del governo che il Ministero dell’Interno di Gaza, controllati dal partito politico e dal gruppo militante di Hamas, hanno confermato che solo Israele stava impedendo l’accesso attraverso il valico di Erez. “A differenza degli israeliani”, ha detto un portavoce, Hamas accoglie con favore la stampa estera e i gruppi per i diritti umani per monitorare l’evolversi della crisi.

Tutte le informazioni attualmente in uscita dal territorio sono raccolte da giornalisti di Gaza, molti dei quali descrivono una settimana di notti insonni sotto i bombardamenti israeliani e giorni emotivamente estenuanti in cui documentano la carneficina di civili. Giovedì scorso, i giornalisti di Gaza Mohammed Alaloul e Mustafa Hassona sono stati colpiti da un attacco aereo israeliano mentre guidavano un veicolo chiaramente contrassegnato come “TV”, dove Alaloul è rimasto gravemente ferito.

“In nessun posto nella Striscia di Gaza i giornalisti sono al sicuro”, ha detto Delgado del Comitato per la Protezione dei Giornalisti. “I giornalisti di Gaza corrono rischi mortali per riportare le notizie”.

“Quando l’accesso internazionale a una zona di guerra è limitato, ci affidiamo a giornalisti che si occupano di cronaca sul campo”, ha detto Tadros, di Amnesty International. “Nel grande schema di responsabilità, diventano le persone principali su cui gli investigatori sui diritti umani fanno affidamento per le prove, quindi fare di loro un bersaglio è del tutto inaccettabile, sono testimoni di potenziali crimini di guerra per la comunità internazionale”.

Al momento della pubblicazione, 12 israeliani sono stati uccisi dai razzi lanciati dai militanti di Gaza, tra cui due bambini. A Gaza, gli attacchi aerei israeliani hanno ucciso almeno 215 persone, 61 delle quali bambini. Più di 1.400 abitanti di Gaza sono stati feriti e più di 50.000 sono attualmente sfollati da attacchi aerei israeliani che hanno danneggiato o raso al suolo quasi 450 edifici.

“Per i giornalisti di Gaza che riferiscono dall’interno della città ora, è un onere incredibile e ingiusto da sostenere”, ha detto Tadros. “Ma se riescono a documentare ciò che sta accadendo nel modo più preciso possibile, faranno la differenza”. Tadros ha aggiunto: “Spero che sia importante, e l’unica cosa a cui possiamo aggrapparci è, per lo meno, che nessuno possa affermare che non sia accaduto.”

Come tutti i giornalisti di Gaza, la vita di Quraiqea, professione a parte, è una storia tipicamente palestinese.

Israele ha ucciso suo padre e ha demolito la sua casa nel 1987. Nella guerra del 2014, la sua casa è stata nuovamente distrutta e, nel 2018, è stato nuovamente ferito mentre resocontava le manifestazioni popolari alla barriera Israele-Gaza, nota come la Grande Marcia del Ritorno.

“Ho sofferto molto per l’occupazione. Abbiamo assistito a tre guerre, e questa è la quarta. Abbiamo perso alcuni dei nostri amici, e molti colleghi sono rimasti feriti”, ha detto Quraiqea. “Abbiamo davvero bisogno di un cambiamento reale. Vogliamo una garanzia internazionale e legale che impedisca all’occupazione di attaccarci e prenderci di mira, come civili e giornalisti”.

A poche ore dalla distruzione di Idea Media, Quraiqea aveva “ripreso il suo lavoro di documentazione dei crimini dell’Occupazione.”

“Ricostruiremo ciò che l’esercito ha distrutto”, ha detto, riferendosi agli israeliani. “E continueremo a documentare i crimini israeliani contro i palestinesi”.

 

Shrouq Aila è un giornalista investigativo e ricercatore palestinese.  Puoi seguire il suo lavoro sul campo a Gaza su Instagram su @ShrouqAila.

Anna Therese Day è una giornalista indipendente pluripremiata e nel 2020 ha ricevuto il James Foley World Press Freedom Award.  Segui il suo lavoro su Instagram su @ATDlive o Facebook.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org