Gruppi ebraici che favoriscono i crimini di guerra di Israele non possono negare le proprie responsabilità per questi crimini

I sostenitori sionisti di Israele stanno cercando di capovolgere la logica e il mondo. Stanno invertendo la realtà. Stanno proiettando le proprie assurde ipotesi razziste su Israele sugli attivisti della solidarietà palestinese, coloro che sostengono la parità di diritti per ebrei e palestinesi in Medio Oriente.

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Di Jonathan Cook – 22 maggio 2021

Ecco qualcosa che si può dire con grande sicurezza. È razzista, antisemita, se si preferisce, ritenere gli ebrei, individualmente o collettivamente, responsabili dei crimini di Israele. Gli ebrei non sono responsabili dei crimini di guerra israeliani, anche se lo Stato Sionista presume di implicare gli ebrei nei suoi crimini dichiarando falsamente che rappresenta tutti gli ebrei nel mondo.

Ovviamente, non è colpa degli ebrei se Israele commette crimini di guerra, o se Israele usa gli ebrei collettivamente come scudo politico, sfruttando la sensibilità sulla sofferenza storica degli ebrei per mano di non ebrei per immunizzarsi dalla vergogna internazionale.

Ma ecco qualcosa che si può dire con uguale certezza. Gli apologeti di Israele, siano essi ebrei o non ebrei, non possono negare ogni responsabilità per i crimini di guerra di Israele quando aiutano attivamente e incoraggiano Israele a commettere quei crimini, o quando cercano di demonizzare e mettere a tacere i critici di Israele in modo che quei crimini di guerra possano essere perseguiti in un clima politico più favorevole.

Tali apologeti, che purtroppo sembrano includere molte delle organizzazioni comunitarie in Gran Bretagna che affermano di rappresentare gli ebrei, vogliono avere la loro fetta di torta e mangiarla.

Non possono difendere Israele in modo acritico in quanto commette crimini di guerra o cercare modifiche legislative per aiutare Israele a commettere quei crimini, che si tratti dell’ultimo bombardamento israeliano di civili a Gaza, o delle sue esecuzioni di palestinesi disarmati che protestano per i 15 anni di blocco israeliano dell’enclave costiera, e accusare chiunque li critichi di essere un antisemita.

Ma questo è esattamente quello che sta succedendo. E sta solo peggiorando.

Un aumento dell’antisemitismo?

Quando ieri è stato attuato un cessate il fuoco, che ha portato a un temporaneo rallentamento dei bombardamenti di Gaza da parte di Israele, i gruppi ebraici filo-israeliani nel Regno Unito hanno avvertito ancora una volta di un’impennata dell’antisemitismo che attribuivano a una rapida crescita del numero di proteste contro Israele.

Questi gruppi hanno i soliti potenti alleati che fanno eco alle loro affermazioni. Il Primo Ministro Britannico Boris Johnson ha incontrato giovedì i leader della comunità ebraica a Downing Street, impegnandosi, come riportato da Jewish News, “a continuare a sostenere la comunità di fronte ai crescenti attacchi di antisemitismo”.

Tra i presenti c’era il Rabbino Capo Ephraim Mirvis, un sostenitore di Johnson che ha avuto un ruolo attivo nell’aiutarlo a vincere le elezioni del 2019 rinnovando le calunnie antisemite prive di fondamento contro il Partito Laburista di Jeremy Corbin giorni prima del voto. Comprendeva anche la Campagna contro l’antisemitismo, che è stata intrapresa specificamente per mascherare i crimini di Israele durante i suoi bombardamenti del 2014 su Gaza e da allora ha diffamato ogni attivismo di solidarietà palestinese come antisemitismo.

Era presente anche il Jewish Leadership Council (Consiglio Direttivo Ebraico – JLC), un’organizzazione di coordinamento per i principali gruppi della comunità ebraica britannica. In un articolo sul quotidiano israeliano Haaretz su questo presunto aumento dell’antisemitismo nel Regno Unito, il vicepresidente del JLC, Daniel Korski, ha esposto la narrativa ridicola e opportunista che questi gruppi di comunità stanno cercando di vendere, con un successo apparentemente sempre maggiore tra l’élite politica e mediatica.

Indignazione popolare per Gaza

Korski ha espresso grave preoccupazione per la proliferazione di manifestazioni nel Regno Unito volte a fermare il bombardamento israeliano di Gaza. Durante 11 giorni di attacchi, più di 260 palestinesi sono stati uccisi, inclusi 66 bambini. Gli attacchi aerei israeliani mirati hanno colpito più di una dozzina di ospedali, inclusa l’unica clinica Covid a Gaza, decine di scuole, diversi centri di informazione e decine di migliaia di palestinesi sono rimasti senza casa.

Il senso di indignazione popolare per l’assalto israeliano è stato accresciuto solo dal fatto che il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva chiaramente progettato un confronto con Hamas fin dall’inizio per servire i suoi interessi personali immediati: Impedire ai partiti dell’opposizione israeliana di unirsi per destituirlo.

Nei suoi cinici calcoli personali, i civili palestinesi sono stati sacrificati per aiutare Netanyahu a mantenere il potere e migliorare le sue possibilità di eludere la prigione mentre si trova sotto processo con accuse di corruzione.

Ma per Korski e gli altri leader della comunità presenti all’incontro con Johnson, le appassionate manifestazioni di solidarietà con i palestinesi sono la loro principale prova per l’aumento dell’antisemitismo.

Inni alla “Palestina Libera”

Queste organizzazioni comunitarie citano alcuni episodi che indubbiamente si qualificano come antisemitismo, alcuni gravi, altri meno. Includono gridare “Palestina Libera” alle persone perché sono identificabili come ebrei, qualcosa che presumibilmente accade soprattutto ai religiosi ultra-ortodossi.

Ma la principale preoccupazione di questi leader ebraici, dicono chiaramente, è il crescente sostegno pubblico ai palestinesi di fronte all’intensificarsi dell’aggressione israeliana.

Citando David Rich, della Community Security Trust (Fiduciaria per la Sicurezza Collettiva), un’altra organizzazione ebraica ospitata da Johnson, il quotidiano Haaretz riferisce che “ciò che ha veramente scosso la comunità ebraica è che ogni giorno si tengono manifestazioni su questa questione in tutto il paese: il bombardamento di Gaza da parte di Israele.”

Sembra evidente che quando i leader della comunità ebraica guardano i servizi televisivi che mostrano i manifestanti intonare “Palestina Libera”, lo sentono come un attacco personale, come se loro stessi venissero importunati per strada.

Non serve essere degli psicologi per chiedersi se questo riveli qualcosa di preoccupante sui loro sentimenti interiori: Si identificano così completamente con Israele che anche quando qualcuno chiede che i palestinesi abbiano gli stessi diritti degli israeliani, lo percepiscono come un attacco collettivo agli ebrei, come antisemitismo.

Eccezione per Israele

Quindi Korski arriva al nocciolo della questione: “Come ebrei siamo orgogliosi della nostra eredità e allo stesso tempo non siamo in alcun modo responsabili delle azioni di un governo a migliaia di chilometri di distanza, indipendentemente dai nostri sentimenti o dai legami con esso”.

Ma la logica di quella posizione è semplicemente insostenibile. Non si può legare intimamente la propria identità a uno Stato che commette sistematicamente crimini di guerra, non si possono classificare le manifestazioni contro quei crimini di guerra come antisemitismo, non si può usare la propria posizione di “leader della comunità ebraica” per rendere tali accuse più credibili e sfruttare la propria influenza pressando i leader mondiali per cercare di mettere a tacere le proteste contro Israele e poi dire che “non si è in alcun modo responsabili” per le azioni di quel governo.

Se usano la propria posizione per impedire a Israele di essere sottoposto a indagine sulle accuse di crimini di guerra, se cercano di manipolare il dibattito pubblico con accuse di antisemitismo per creare un ambiente più favorevole in cui quei crimini di guerra possono essere commessi, allora parte della colpa per quei crimini di guerra ricade su di loro.

È così che funziona la responsabilità in ogni altra sfera della vita. Ciò che chiedono gli apologeti di Israele è un’eccezione per Israele e per se stessi.

Lobby con l’appoggio del Regno Unito

In un’altra osservazione rivelatrice che cerca di giustificare le affermazioni di un’impennata nell’antisemitismo, Korski aggiunge: “Non vediamo lo stesso tipo di esternazioni quando si tratta dei Rohingya, degli Uiguri o della Siria, e questo fa sentire molti ebrei che si tratta di loro in quanto ebrei”.

Ma ci sono molte ragioni per cui non ci sono manifestazioni altrettanto grandi nel Regno Unito contro le sofferenze dei Rohingya e degli Uiguri, ragioni che non hanno assolutamente nulla a che fare con l’antisemitismo.

Gli oppressori dei Rohingya e degli Uiguri, a differenza di Israele, non vengono generosamente armati dal governo britannico, non ricevono copertura diplomatica e accordi commerciali preferenziali dalla Gran Bretagna.

Ma altrettanto importante, gli Stati che opprimono i Rohingya e gli Uiguri, a differenza di Israele, non hanno lobby attive e ben finanziate nel Regno Unito, con l’appoggio del Primo Ministro. Cina e Myanmar, a differenza di Israele, non hanno lobby britanniche che etichettano con successo le critiche nei loro confronti come razzismo. A differenza di Israele, non hanno lobby che cercano apertamente di influenzare le elezioni per proteggerli dalle critiche. A differenza di Israele, non hanno lobby che collaborano con la Gran Bretagna per introdurre misure per aiutarli a portare avanti la loro oppressione.

Il Presidente del Consiglio dei Deputati, Marie van der Zyl, ad esempio, durante l’incontro di questa settimana ha insistito con Johnson per classificare tutti i rami di Hamas, non solo la sua ala militare, come organizzazione terroristica. Questo è il desiderio insoddisfatto di Israele. Una tale decisione renderebbe ancora meno probabile per la Gran Bretagna essere in grado di prendere ufficialmente le distanze dai crimini di guerra di Israele a Gaza, dove Hamas dirige il governo, e ancor più probabilmente si unirebbe a Israele nel dichiarare le scuole, gli ospedali e i dipartimenti governativi di Gaza tutti obiettivi legittimi per gli attacchi aerei israeliani.

Assurde congetture 

Se si fanno pressioni per ottenere favori speciali per Israele, in particolare favori per aiutarlo a commettere crimini di guerra, non si può certo dissociarsi da quei crimini. Vi si è direttamente implicati.

Anche David Hirsch, un accademico dell’Università di Londra che è stato strettamente collegato agli sforzi per armare l’antisemitismo contro i critici di Israele, specialmente nel Partito Laburista sotto la guida del suo precedente leader Jeremy Corbyn, cerca di giocare a questo trucco.

Dice ad Haaretz che l’antisemitismo sta presumibilmente “aumentando” perché gli attivisti della solidarietà palestinese hanno rinunciato a una soluzione a due Stati. “Un tempo c’era una lotta in Palestina di solidarietà tra una politica di pace, due Stati che vivono fianco a fianco, e una politica di denuncia di una parte come essenzialmente malvagia e sperando nella sua sconfitta totale”.

Ma quelle che Hirsch sta facendo sono solo congetture: Sta suggerendo che gli attivisti della solidarietà palestinese sono “antisemiti”, la sua idea del male, perché sono stati costretti da Israele ad abbandonare la loro causa a lungo caldeggiata di una soluzione a due Stati. Questo solo perché i successivi governi israeliani si sono rifiutati di negoziare qualsiasi tipo di accordo di pace con la dirigenza palestinese più moderata immaginabile sotto Mahmoud Abbas, quella che ha telegrafato con entusiasmo il suo desiderio di collaborare con Israele, definendo addirittura “sacro” il “coordinamento della sicurezza” con l’esercito israeliano.

Una soluzione a due Stati è morta perché Israele l’ha resa morta, non perché gli attivisti della solidarietà palestinese sono più estremisti o più antisemiti.

Inneggiando alla “Palestina Libera”, gli attivisti non chiedono la “sconfitta totale” di Israele, a meno che Hirsch e le stesse organizzazioni della comunità ebraica credano che i palestinesi non potranno mai essere liberi dall’oppressione e dall’occupazione israeliane fino a quando Israele non subirà una tale “sconfitta totale”. L’affermazione di Hirsch non ci dice nulla sugli attivisti della solidarietà palestinese, ma ci dice molto su ciò che realmente motiva queste organizzazioni della comunità ebraica.

Sono questi lobbisti filo-israeliani, a quanto pare, più che gli attivisti della solidarietà palestinese, che non riescono a immaginare i palestinesi che vivono dignitosamente sotto il governo israeliano. È perché capiscono fin troppo bene ciò che Israele e la sua ideologia politica del sionismo rappresentano veramente, e che ciò che è richiesto ai palestinesi per la “pace” è una sottomissione assoluta e permanente?

Maggiormente consapevoli

Allo stesso modo, Rich, del Community Security Trust, dice degli attivisti della solidarietà palestinese: “Anche i moderati sono diventati estremisti”. In cosa consiste questo estremismo, presentato ancora una volta dai gruppi ebraici come antisemitismo? “Ora il movimento di solidarietà con i palestinesi è dominato dall’idea che Israele sia uno stato di apartheid, genocida e colonialista”.

O, in altre parole, questi gruppi ebraici filo-israeliani affermano che c’è stata un aumento dell’antisemitismo perché gli attivisti della solidarietà palestinese vengono influenzati e istruiti da organizzazioni per i diritti umani, come Human Rights Watch e l’israeliana B’Tselem. Entrambi hanno recentemente scritto rapporti che classificano Israele come uno stato di apartheid, nei territori occupati e all’interno dei confini riconosciuti di Israele. Gli attivisti non stanno diventando più estremisti, stanno diventando più consapevoli.

E nel sostenere una presunta ondata di antisemitismo, Rich offre un’altra intuizione inavvertitamente rivelatrice. Dice che i bambini ebrei soffrono di “abusi” online, sono vittima di antisemitismo, perché trovano sempre più difficile partecipare ai social media.

“Gli adolescenti sono molto più veloci ad aderire ai movimenti sociali; abbiamo appena avuto Black Lives Matter, Extinction Rebellion, #MeToo, ora i bambini ebrei scoprono che tutti i loro amici si stanno unendo a questi movimenti di solidarietà palestinese in cui non si sentono i benvenuti o vengono scelti perché sono ebrei”.

In modo fantasioso, Rich sostiene che i bambini ebrei cresciuti in famiglie e comunità sioniste che hanno insegnato loro esplicitamente o implicitamente che gli ebrei in Israele hanno diritti superiori ai palestinesi vengono discriminati perché le loro sconsiderate idee di supremazia ebraica non si adattano a un movimento pro-palestinese basato sull’uguaglianza.

Questo è assurdo come sarebbe stato, durante l’era di Jim Crow, che i suprematisti bianchi americani si lamentassero del razzismo perché i loro figli venivano fatti sentire fuori posto nei forum sui diritti civili.

Tali affermazioni sarebbero ridicole se non fossero così pericolose.

Demonizzati come antisemiti

I sostenitori sionisti di Israele stanno cercando di capovolgere la logica e il mondo. Stanno invertendo la realtà. Stanno proiettando le proprie assurde ipotesi razziste su Israele sugli attivisti della solidarietà palestinese, coloro che sostengono la parità di diritti per ebrei e palestinesi in Medio Oriente.

Come hanno fatto con la definizione dell’IHRA (Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto), questi gruppi ebraici stanno distorcendo il significato di antisemitismo, spostandolo dalla paura o dall’odio per gli ebrei a qualsiasi critica nei confronti di Israele che infastidisca gli ebrei filo-israeliani.

Mentre assistiamo all’amplificazione acritica di questi argomenti da parte di importanti politici e giornalisti, ricordiamo anche che è stato l’unico grande politico a scostarsi da questa narrativa priva di senso, Jeremy Corbyn, che divenne il principale bersaglio, e vittima, di queste calunnie di antisemitismo.

 

Ora questi gruppi ebraici filo-israeliani vogliono trattarci tutti come Corbyn, demonizzandoci come antisemiti a meno che non tacciamo anche se Israele ancora una volta brutalizza i palestinesi.

 

Jonathan Cook è vincitore del Premio Speciale Martha Gellhorn per il giornalismo. I suoi libri includono “Israele e lo Scontro di Civiltà: Iraq, Iran e il Piano per Ricostruire il Medio Oriente” (Pluto Press) e “Palestina Scomparsa: Gli Esperimenti di Israele Nella Disperazione Umana” (Zed Books). Visitate il suo sito web www.jonathan-cook.net.

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org