Per via aerea, terrestre e marittima

Lunedì, Israele ha deciso di vietare le esportazioni di pesce e frutti di mare da Gaza alla Cisgiordania “per ragioni di sicurezza”.

Fonte: English version

Haaretz  – 10 novembre 2022

Immagine di copertina: pescatori palestinesi riparano una rete da pesca lungo la costa di Gaza il 14 giugno 2019.Credit: AFP

Il controllo di Israele sugli abitanti della Striscia di Gaza non conosce limiti. Da oltre 15 anni più di 2 milioni di persone vivono sotto assedio, in condizioni di scarsità e sovraffollamento, su un territorio che ha subito periodiche campagne di distruzione. E come se non bastassero il blocco della terra e le difficoltà per entrare in Israele per lavoro, c’è anche la disconnessione totale dalla Cisgiordania. In passato, Israele ha giustificato le sue misure come derivanti da considerazioni di sicurezza. Ma il suo ultimo editto contro gli abitanti di Gaza non ha nemmeno la pretesa di avere un collegamento con la sicurezza.

Lunedì, Israele ha deciso di vietare le esportazioni di pesce e frutti di mare da Gaza alla Cisgiordania dopo aver scoperto un tentativo di contrabbandare pesce dalla Cisgiordania verso Israele. La giustificazione questa volta è legata alla salute: Israele teme che il pesce proveniente da Gaza possa danneggiare la salute degli israeliani. Si scopre che non solo i palestinesi spaventano gli israeliani, ma anche i loro pesci sono pericolosi. E come per ogni minaccia alla sicurezza che lo Stato ritiene giustifichi l’uso inaccettabile di punizioni collettive, anche qui il fatto che i pescatori di Gaza non avessero alcun legame con il tentato contrabbando non ha impedito a Israele di imporre l’ennesima punizione collettiva all’intera Striscia.

Gaza ha circa 5.000 pescatori attivi, mentre altre 500 persone lavorano nella piscicoltura e nell’imballaggio. Ogni settimana circa 80 tonnellate di pesce vengono inviate in Cisgiordania e da lì una parte viene esportata in Giordania. Data l’elevata disoccupazione di Gaza e la mancanza di altre fonti di reddito, la pesca è una delle ultime industrie produttive rimaste nel territorio. Eppure Israele sta creando difficoltà anche alle persone che lavorano in questo campo.

Ogni volta che aumentano le tensioni sulla sicurezza, Israele limita al minimo l’area in cui gli abitanti di Gaza possono pescare e talvolta addirittura blocca completamente la pesca. Più di una volta, i pescatori di Gaza sono stati fatti segno da colpi di arma da fuoco senza alcuna colpa e le loro barche sono state confiscate. Secondo il Centro Al Mezan per i diritti umani, durante i primi 10 mesi dell’anno si sono verificati più di 400 episodi di violenza contro i pescatori di Gaza da parte della Marina israeliana, alcuni dei quali hanno visto l’utilizzo di armi da fuoco. Diciannove barche sono state sequestrate e 54 pescatori sono stati arrestati, un aumento del 350 per cento rispetto al numero degli arrestati lo scorso anno. Ora ai pescatori viene anche impedito di vendere le loro merci ai loro compatrioti in Cisgiordania.

Israele deve revocare immediatamente questo ordine draconiano. L’Associazione dei pescatori di Gaza è alla disperata ricerca di un mercato per il suo pesce, pur rispettando tutte le norme di vigilanza veterinaria. Almeno lasciate che i pescatori di Gaza sostengano le loro famiglie.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org