“Israele non esiste, si chiama Palestina”: le reazioni dei tifosi del Mondiale ai giornalisti israeliani in Qatar

Bandiere palestinesi sventolate dietro ai giornalisti in diretta, qatarioti e libanesi che si allontanano dal microfono: episodi che si moltiplicano alla coppa del mondo

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È iniziato tutto con un gruppo di tifosi libanesi. Alla vigilia dei mondiali di calcio in Qatar, vengono avvicinati da un reporter della tv israeliana Channel 12, che li saluta in arabo, dicendo loro che viene da Israele. Immediatamente il sorriso sul volto dei fan si spegne. Si allontanano scuotendo la testa, prima di rigirarsi verso il giornalista: “Israele non esiste – gli dice uno di loro – si chiama Palestina”.

Quello di Channel 12 non è stato l’unico episodio del genere in questi primi giorni di coppa del mondo. In quella che potremmo forse definire una nuova forma di protesta, diversi tifosi hanno rifiutato di concedere interviste a giornalisti israeliani, o si sono allontanati non appena saputa la loro provenienza.

 

“Ah, venite da Israele?”. “Sì, è ok?”. “No.” Questo altro scambio, avvenuto nel Souq Waqif, un mercato di Doha, tra un qatariota e il broadcast pubblico di Israele, “rende chiara la posizione dell’uomo sulla normalizzazione”, scrive su Twitter il canale Doha news, che ha condiviso il video. “Il Qatar ha rifiutato di normalizzare i rapporti con Israele fintanto che continuerà la sua occupazione della Palestina”.

 

Il paese che ospita i mondiali, infatti, così come il Libano, è tra gli stati arabi a non aver riconosciuto lo stato di Israele, e non intrattiene con esso rapporti diplomatici. Inoltre, pur avendo concesso ai tifosi israeliani di partecipare alla coppa del mondo, i funzionari del Qatar hanno ribadito che questo non cambia la loro posizione in merito al paese.

Sui social gli utenti hanno creato un thread di reazioni dei tifosi ai giornalisti che si dichiarano israeliani. C’è chi si allontana dal microfono chiedendo scusa, chi lo fa senza dire una parola. C’è un giovane egiziano che si presta a un’intervista fuori dallo stadio prima di urlare al microfono “Viva la Palestina!”, con il reporter che imbarazzato prova a stemperare con un “Anche viva Israele però”. E c’è chi sventola bandiere palestinesi dietro ai reporter che trasmettono in diretta.

 

Lo stesso giornalista di Channel 12 snobbato dal gruppo di tifosi di cui sopra ha ammesso che “quasi tutti i fan arabi che incontriamo generalmente si rifiutano di parlare con noi”. Su Instagram l’attivista palestinese Muna al-Kurd ha esortato i tifosi a chiedere sempre l’identità del canale quando vengono avvicinati dai giornalisti, per evitare che nascondano i propri loghi pur di ottenere risposte. E nei video si vede che in molti seguono il suo consiglio.

Campionesse di scacchi, combattente di taekwondo, tennisti: sono molti gli episodi in cui dei giocatori o delle giocatrici si sono ritirate da un torneo o hanno rifiutato di competere in un match per la presenza di rivali israeliani, in solidarietà con la questione palestinese.

D’altronde, e i mondiali in Qatar lo stanno mostrando più di qualsiasi altra cosa, di geopolitica si può parlare ovunque, anche su un campo di calcio.