La presa di potere di Netanyahu sta distruggendo il mito di un Israele unito e democatico.

Immagine di copertina: I manifestanti indossano maschere e si avvolgono nelle bandiere israeliane durante una protesta contro i piani del governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu di rivedere il sistema giudiziario a Tel Aviv, Israele, 28 marzo 2023. Oded Balilty | AP

Di Miko Peled – 3 aprile 2023

Fonte: https://www.mintpressnews.com

 

Alcune osservazioni sulla questione di Israele. Per ragioni a questo punto difficilmente comprensibili, il riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita ha avuto pochissimo risalto sulla stampa israeliana. Considerando la sua importanza e il potenziale impatto sulla regione, è insolito vedere come Israele sia quasi indifferente a questo sviluppo. Ci si aspettava che l’Arabia Saudita normalizzasse le relazioni con Israele. Tuttavia, ora il Regno non solo non lo ha fatto, ma sta anche instaurando rapporti con l’Iran, la più grande nemesi di Israele. È un affronto agli Stati Uniti e a Israele e potrebbe portare presto a sconvolgimenti diplomatici e di interspionaggio di proporzioni epiche.

L’atteggiamento americano nei confronti di Israele è stato costantemente favorevole e, naturalmente, si prevede che continuerà a esserlo nel prossimo futuro. 3,8 miliardi di dollari (3,5 miliardi di euro) vanno ininterrottamente a Israele, anche se Amnesty International lo ha etichettato come un regime di Apartheid. Infatti, il sostegno degli Stati Uniti a Israele non è solo “aiuto”; è complicità in crimini contro l’umanità mentre Israele continua a opprimere i palestinesi.

I governi di tutto il mondo discutono del riconoscimento della Palestina entro i confini del 1967, e alcuni lo hanno già fatto. Tuttavia, i confini sono stati creati da Israele e non hanno nulla a che fare con la Palestina. Riconoscere la Palestina all’interno di questi confini non fa altro che legittimare i crimini israeliani del 1948. C’è una Palestina, e i suoi confini sono chiari: il Fiume Giordano a Est e il Mar Mediterraneo a Ovest. La Palestina confina con la Siria e il Libano a Nord e il Golfo di Aqaba a Sud.

Qualsiasi riconoscimento di una parte della Palestina è in realtà un riconoscimento e una legittimazione dello Stato di Apartheid di Israele. Se il Regno Unito, o qualsiasi altro governo, volesse seriamente sostenere la causa palestinese, riconoscerebbe la Palestina in tutta la Palestina storica e sosterrebbe la lotta per abbattere il regime di Apartheid.

RIFORME GIUDIZIARIE

Le riforme che il governo Netanyahu vuole varare toccano questioni che riguardano solo la classe privilegiata degli ebrei israeliani all’interno del regime di Apartheid. Tolgono la capacità dell’Alta Corte di abrogare leggi antidemocratiche e consentono ai politici di avere un maggiore controllo sulla selezione dei giudici. È certamente una riforma antidemocratica, ma dobbiamo ricordare che “Israele” non è mai stato uno Stato democratico. È sempre stato, come ci dice il rapporto di Amnesty, un regime di Apartheid, che ha commesso crimini contro l’umanità nei confronti del popolo palestinese.

Le centinaia di migliaia di israeliani che protestano per le strade sono ciechi davanti alla questione palestinese. Hanno il potere di porre fine al regime di Apartheid, liberare i prigionieri politici palestinesi e smettere di distruggere case e vite palestinesi. Centinaia di piloti di aerei da combattimento si stanno rifiutando di prestare servizio ora, ma non si sono mai rifiutati di bombardare Gaza (o Libano e Siria) e uccidere civili.

Ci sono due cause dietro le proteste. Primo, gli israeliani che non hanno votato per Netanyahu e il suo governo odiano lui e i criminali razzisti nel governo. Vogliono che estremisti fanatici come Itamar Ben-Gvir, Bezalel Smotrich e i loro alleati rimangano in Cisgiordania e terrorizzino i palestinesi. Secondo, non vogliono vedere queste facce come membri del “legittimo” governo israeliano. Anche per questo l’amministrazione Biden e il Primo Ministro britannico criticano Netanyahu. Sono anche imbarazzati nel sostenere un Israele governato da queste figure.

FRAMMENTAZIONE DELLA SOCIETÀ ISRAELIANA

Ci sono sempre state disuguaglianze tra gli ebrei israeliani di diversa estrazione. Di fatto, si potrebbe sostenere che non c’è mai stata una società israeliana coesa. Israele è costituito da un gruppo frammentato di persone che hanno ben poco in comune. Sono cresciuto in un quartiere molto bianco, europeo, fuori Gerusalemme. Prendevo l’autobus per andare a scuola a Gerusalemme e ritorno. Solo poche fermate dopo la mia, era un mondo completamente diverso. C’era un altro quartiere, piuttosto grande, abitato da ebrei provenienti dall’Iraq e dal Kurdistan. Abbiamo usato tutti lo stesso autobus ma siamo andati in scuole separate. Non ci siamo mai incontrati né parlati. Non li capivamo e loro non capivano noi. Ero figlio di europei “civilizzati”, e loro erano “orientali”, il che significa meno privilegiati e inferiori a noi. È così che sono stato cresciuto; questo è un piccolo esempio di quanto sia sempre stata frammentata la società israeliana.

Una volta mi trovavo in stato di fermo in una prigione israeliana dopo essere stato arrestato durante una protesta in Cisgiordania. Ero l’unico bianco nella cella della prigione con altri dieci o dodici detenuti. Erano tutti ebrei israeliani provenienti da Paesi arabi. Non solo non avevamo niente in comune, ma pensavano di essere “peggio di un arabo” perché ero un ashkenazita e un sostenitore degli arabi, un uomo di sinistra.

Mentre ero lì, raccontai ai miei compagni di cella una storia della mia infanzia a Gerusalemme:

Ho frequentato una scuola che era solo per israeliani europei ashkenaziti. Poi, un giorno, qualcuno decise di avviare quella che chiamavano “integrazione”. Non integrazione tra ebrei e arabi che vivevano tutti a Gerusalemme, ma tra ebrei israeliani di differenti classi sociali ed economiche. Le autorità hanno portato i figli degli ebrei arabi, che erano di classe sociale inferiore e frequentavano una scuola a pochi isolati dalla mia scuola, nella mia stessa scuola.

Questi ragazzi erano diversi come ci si poteva aspettare. Non ci parlavamo mai e non giocavamo mai durante la ricreazione. Infatti, hanno collocati questi “altri” ragazzi in classi diverse e con insegnanti diversi. Quando l’ho raccontato agli altri detenuti nella mia cella, sapevano di cosa stavo parlando. Tutti ricordavano che gli israeliani bianchi o europei li trattavano come spazzatura. Pensavano ancora che fossi un nemico di sinistra e peggio di un arabo.

L’illusione di un Israele coeso, un Israele che è un successo miracoloso, esiste solo nelle menti degli israeliani privilegiati e di alcuni ebrei della diaspora. Anche alcuni politici europei potrebbero credere che sia così, essendo stati convinti dagli ebrei nei loro Paesi. Ma così non è mai stato. E ora, se davvero Israele implode, se davvero si disintegra, non ci sarà motivo di piangere.

Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il Figlio del Generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” – Ingiustizia, La storia dei Cinque  Della Fondazione Terra Santa. ( I cinque della Storia sono Shukri Abu Baker, Ghassan Elashi, Mohammed El-Mezain, Mufid Abdulqader e Abdulrahman Odeh. Tutti dirigenti della Holy Land Foundation for Relief and Development (HLF), un’organizzazione senza scopo di lucro dedita ad “Aiutare i poveri, gli orfani e le vedove… uno dei pilastri degli insegnamenti islamici”).

 

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org