Con l’America isolata, alcune capitali occidentali stanno cambiando posizione su Gaza

L’iniziale unità occidentale a sostegno di Israele nel periodo immediatamente successivo agli eventi del 7 ottobre si è frantumata, lasciando solo gli Stati Uniti e, in una certa misura, la Germania, impegnati nella guerra di Israele.

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 11 giugno 2024Immagine di copertina: Le bandiere di (da sinistra a destra) Norvegia, Sudafrica, Palestina, Irlanda e Spagna vengono issate all’ingresso della città di Ramallah nella Cisgiordania Occupata il 28 maggio 2024 (ZAIN JAAFAR/AFP tramite Getty Images)

Il 6 giugno la Spagna si è unita al caso del Sudafrica davanti alla Corte Suprema delle Nazioni Unite, accusando Israele di Genocidio. Questa mossa ha fatto seguito alla decisione di Madrid e di altre due capitali dell’Europa occidentale, Dublino e Oslo, di riconoscere lo Stato di Palestina, rompendo così i ranghi con una politica occidentale di lunga data guidata dagli Stati Uniti.

Secondo il pensiero americano, il riconoscimento e l’effettiva creazione di uno Stato Palestinese dovrebbe seguire ad una soluzione negoziata tra Israele e Palestina, sotto gli l’egida della stessa Washington. Tuttavia, da anni non si tengono negoziati di questo tipo e, di fatto, gli Stati Uniti hanno cambiato quasi interamente le proprie politiche sulla questione sotto la precedente amministrazione di Donald Trump. Quest’ultimo ha riconosciuto la presunta legittimità delle colonie ebraiche illegali in Palestina e la sovranità di Israele sulla Gerusalemme Est Occupata, tra le altre concessioni allo Stato Occupante.

Dopo diversi anni di amministrazione Biden, poco è stato fatto per invertire o modificare radicalmente questo status quo modificato. Più recentemente, Washington ha fatto tutto ciò che era in suo potere per sostenere il Genocidio in corso da parte di Israele a Gaza.

Oltre a fornire a Israele le armi necessarie per compiere i suoi Crimini nel Territorio Palestinese, gli Stati Uniti sono arrivati ​​al punto di minacciare gli organismi politici e legali internazionali che hanno cercato di ritenere Israele responsabile e quindi di porre fine allo “sterminio” dei palestinesi a Gaza. Questo è il termine usato il 20 maggio dal Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale Karim Khan.

Washington continua a comportarsi in questo modo nonostante il fatto che Israele rifiuti di accettare una singola richiesta o aspettativa degli Stati Uniti in merito alla pace e ai negoziati. Infatti, il linguaggio politico di Israele è profondamente incentrato su intenti Genocidi, mentre l’esercito israeliano lo sta attivamente portando avanti.

La Cisgiordania Occupata da Israele, dove presumibilmente prenderebbe forma la maggior parte dello Stato Palestinese, sta vivendo il proprio sconvolgimento.

In tutto il territorio, decine di migliaia di coloni illegali stanno bruciando case e automobili, e attaccano i palestinesi con totale impunità, spesso al fianco e protetti dall’esercito israeliano.

Eppure, nonostante gli occasionali rimproveri gentili e le sanzioni inefficaci nei confronti di alcuni coloni, Washington continua a restare fermamente fedele alla sua politica dichiarata riguardo alla “Soluzione dei Due Stati” e tutto ciò che ciò comporta. Non un solo politico israeliano tradizionale, e certamente non il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il suo governo di estremisti di estrema destra, è disposto a prendere in considerazione anche solo il pensiero di questa “soluzione”.

Ciò non sorprende, poiché la politica estera americana spesso va contro il buon senso. Washington, ad esempio, combatte guerre che non può vincere semplicemente perché nessuna amministrazione o presidente americano vuole essere quello associato al fallimento, alla ritirata o, peggio, alla sconfitta. La guerra più lunga mai condotta dall’America in Afghanistan ne è un esempio calzante.

A causa della massiccia influenza esercitata da Israele e dai suoi alleati a Capitol Hill (Campidoglio) e nei media, insieme al potere delle lobby e dei ricchi donatori, Tel Aviv è chiaramente molto più importante di Kabul per le politiche interne degli Stati Uniti. Da qui il continuo sostegno militare e politico degli Stati Uniti a un Paese accusato di Genocidio e di Sterminio deliberato dei palestinesi.

Questa realtà, tuttavia, ha creato un dilemma politico per l’Europa, che spesso ha seguito ciecamente i passi, o i passi falsi, degli Stati Uniti in Medio Oriente. Storicamente, ci sono state alcune eccezioni alla regola del secondo dopoguerra. Il Presidente francese Jacques Chirac, ad esempio, ha sfidato il consenso imposto dagli Stati Uniti quando ha respinto con forza le politiche di Washington sull’Iraq nel periodo precedente dell’invasione e alla guerra del 2003.

Tali importanti, ma relativamente isolate divergenze sono stati infine sanate, e gli Stati Uniti sono tornati al suo ruolo di leader incontrastato dell’Occidente.

L’iniziale unità occidentale a sostegno di Israele nel periodo immediatamente successivo agli eventi del 7 ottobre si è frantumata, lasciando solo gli Stati Uniti e, in una certa misura, la Germania, impegnati nella guerra di Israele.

Le forti e più recenti prese di posizione di diversi Paesi dell’Europa occidentale che accusano Israele di Genocidio e uniscono le forze con i Paesi del Sud del Mondo con l’obiettivo di ritenere Israele responsabile, rappresentano un cambiamento importante, come non si vedeva da molti anni. Si potrebbe sostenere che la portata dei Crimini israeliani a Gaza ha superato la soglia morale che alcuni Paesi europei potrebbero tollerare, ma c’è di più.

La vera risposta sta nella questione della legittimità. I leader occidentali non esitano a formulare il loro linguaggio in questo modo. In un recente articolo, parlando a nome del gruppo The Elders, l’ex Presidente irlandese Mary Robinson ha messo in guardia contro il “crollo dell’ordine internazionale”.

The Elders, ha affermato Robinson, “si oppone a qualsiasi tentativo di delegittimare” il lavoro della Corte Penale Internazionale e della Corte Internazionale di Giustizia, attraverso “minacce di misure punitive e sanzioni”.

L’opposizione di The Elders, tuttavia, non ha sortito alcun cambiamento nella posizione di Washington. Il 5 giugno, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato la Risoluzione H.R.8282 volta ad autorizzare sanzioni contro la Corte Penale Internazionale.

Negli ultimi mesi molti altri hanno fatto riferimento al crollo della legittimità dell’ordine internazionale stabilito dall’Occidente, tra cui il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Nella sua dichiarazione sulla richiesta di mandati di arresto per i leader israeliani accusati di Crimini di Guerra, lo stesso Karim Khan ha fatto questo riferimento.

Per molto tempo Washington è riuscita, almeno agli occhi dei suoi alleati, a mantenere l’equilibrio tra gli interessi collettivi dell’Occidente e il rispetto nominale delle istituzioni internazionali. È ormai chiaro, però, che gli Stati Uniti non sono più in grado di mantenere tale equilibrio, costringendo alcuni Paesi occidentali ad adottare posizioni politiche indipendenti, i cui esiti futuri si dimostreranno consequenziali.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione di Beniamino Rocchetto -Invictapalestina.org