La violenta repressione dell’attivismo pro-Palestina nei campus riflette l’incapacità degli amministratori di affrontare le rimostranze e le richieste degli studenti.
Fonte: English version
di Maira Mirza, 29 giugno 2024
Immagine di copertina: Studentiche chiedono il disinvestimento da Israele per la sua guerra contro Gaza hanno allestito un accampamento all’Università di Oxford, Regno Unito, 7 maggio 2024 (Adrian Dennis/AFP)
Lo scorso maggio, gruppi di studenti in tutto il Regno Unito hanno organizzato accampamenti per fare pressione sulle loro istituzioni affinché interrompessero i legami con i produttori di armi e le aziende complici del regime di apartheid e del genocidio di Israele e ne effettuassero il disinvestimento.
Dopo più di un mese di accampamenti di studenti pro-Palestina nei campus universitari del Regno Unito, si sono diffuse le repressioni della polizia e gli arresti di massa di studenti attivisti.
Il 3 giugno, almeno 17 persone che protestavano contro il massacro della tendopoli di Rafah da parte di Israele il mese scorso sono state arrestate a Cardiff, in Galles. Tra loro c’era anche un attivista disabile che stava conducendo una protesta ” seduto”.
In risposta, più di 100 sostenitori si sono riuniti alla stazione di polizia di Cardiff Bay per chiedere il suo rilascio.
Video inquietanti, supportati da testimonianze, hanno rivelato che le persone sono state trascinate per le braccia e i capelli, strattonate e tirate violentemente dalla polizia.
In un caso, uno studente 22enne dell’Università di Cardiff ricorda l’apparente “”profilazione razziale”” nei confronti di una donna musulmana hijabi che è stata arrestata nonostante non fosse con i manifestanti.
A Swansea, la polizia ha fatto irruzione nella casa di una bambina palestinese di 12 anni e di sua madre, arrestandole entrambe nella prima mattinata del 4 giugno. In seguito a questi incidenti, gli organizzatori hanno rilasciato una dichiarazione in cui rimproverano la polizia del Galles meridionale per i palesi abusi, il razzismo e l’intolleranza nei confronti dei manifestanti pacifici.
In risposta alle accuse, un portavoce della polizia del Galles meridionale e il sovrintendente della polizia hanno entrambi negato qualsiasi illecito da parte della polizia, compresa la discriminazione e l’uso della violenza contro i manifestanti.
Repressione violenta
All’Università di Newcastle, gli studenti hanno dovuto affrontare una violenta repressione da parte dei dirigenti universitari, che hanno autorizzato oltre 140 agenti di polizia a reprimere gli studenti. I racconti dei testimoni hanno rivelato che gli studenti sono stati aggrediti con i manganelli e molestati durante gli scontri con la polizia.
L’amministrazione universitaria ha minacciato l’accampamento con ingiunzioni di sgombero e ha persino tagliato l’acqua, l’elettricità e l’accesso ai servizi igienici nel tentativo di intimidire gli studenti piuttosto che negoziare sulla complicità dell’istituzione nella guerra genocida di Israele contro Gaza.
Un portavoce dell’Università di Newcastle ha dichiarato a Middle East Eye: “Il nostro team di sicurezza ha gestito la situazione con l’assistenza della polizia di Northumbria, che era presente a causa della protesta programmata da coloro che non erano né personale né studenti. La polizia ha fatto la propria valutazione della situazione e ha risposto di conseguenza”.
Hanno aggiunto: “Nessuno studente ci ha formalmente riferito di aver subito lesioni e abbiamo fornito ai manifestanti informazioni su come presentare un reclamo ufficiale alla Polizia di Northumbria”.
All’Università di Nottingham, l’amministrazione si è rifiutata di discutere le richieste degli studenti. Al contrario, li ha portati in tribunale nel tentativo di sgomberarli dal loro accampamento.
Gli studenti hanno avuto meno di due giorni di preavviso per partecipare al procedimento giudiziario iniziale e non hanno avuto alcun rappresentante legale. Ora stanno raccogliendo fondi per la loro difesa, che costerà tra le 15.000 (19.000 dollari) e le 17.000 sterline. L’Università di Nottingham non ha risposto alla richiesta di risposta di MEE.
Procedimenti giudiziari simili sono in corso presso l’Università di Birmingham per intimidire gli studenti ed eludere le responsabilità.
Complicità nei crimini di guerra
Questi eventi inquietanti ci hanno dimostrato che le università britanniche preferiscono continuare a dare una mano all’occupazione illegale israeliana ed essere complici di crimini di guerra piuttosto che facilitare un dialogo onesto e aperto per affrontare le rimostranze degli studenti.
È preoccupante che gli istituti di istruzione superiore, che dovrebbero essere “organismi indipendenti”, siano chiaramente influenzati dalla politica estera e dal gabinetto del governo britannico, che nell’ultimo anno si sono resi protagonisti di violazioni del diritto umanitario internazionale.
I beneficiari, cioè gli studenti di queste università, hanno il diritto di criticare la destinazione delle loro tasse universitarie, di esercitare le loro libertà civili e di protestare contro le gravi violazioni dei diritti umani.
L’opinione pubblica britannica deve essere solidale con i coraggiosi studenti che si stanno mobilitando per porre fine ai crimini di Israele in Palestina, tra cui l’uccisione di almeno 37.202 palestinesi, la distruzione di tutti gli edifici scolastici e la creazione di una grave crisi umanitaria.
Mentre i media tradizionali continuano a minimizzare l’aggressione israeliana e a farsi portavoce dei leader britannici che dal 7 ottobre hanno avallato e permesso il genocidio, i gruppi della società civile stanno lavorando per amplificare gli sforzi degli studenti manifestanti.
Coraggio e successo
Nonostante la mancanza di impegno, le minacce e la repressione da parte delle istituzioni, gli studenti rimangono fermi nella loro ricerca di giustizia per Gaza.
Il 7 giugno, gli studenti dell’Università di Swansea sono riusciti a far sì che la loro università disinvestisse 5 milioni di sterline dalla Barclays, che investe in armi che uccidono i palestinesi. Hanno anche ottenuto che la loro università si impegnasse a sostenere le borse di studio degli studenti palestinesi e a proteggere il diritto di parola politica nel campus.
Allo stesso modo, altre università hanno intensificato le loro tattiche di escalation per portare gli amministratori al tavolo e avere un dialogo significativo sulle loro richieste. La perseveranza e la resilienza della popolazione di Gaza hanno acceso negli attivisti di tutto il mondo lo spirito di onorare i loro sacrifici e chiedere giustizia.
Un esempio è la creazione di Muslim Students for Palestine, una rete di solidarietà che si è mobilitata sulla scia degli accampamenti per sostenere e amplificare l’attivismo degli studenti a favore della Palestina nei campus.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org