Una lettera da Gaza: “vivo per mancanza di morte”

Nato a Gaza, Jehad Abusalim descrive gli effetti devastanti del blocco di Israele sulla vita quotidiana dei palestinesi.

di Jehad Abusalim, 2 settembre 2017

A Gaza, intere famiglie siedono nell’oscurità dei loro salotti, con candele che generano l’unica luce. Decine di famiglie hanno perso i loro cari in incendi domestici.

Il gas propano è scarso, e i piccoli generatori sono pericolosi e difficili da trovare. Di solito vengono contrabbandati attraverso tunnel e sono mal fatti. Uno dei miei professori universitari ha perso tre figli (due gemelli di 14 anni e uno di otto anni) a seguito dell’esplosione del loro generatore.

I residenti di Gaza affrontano così tante difficoltà e dolori, solo per garantirsi una delle necessità di base della vita.

Quando va via l’elettricità, il silenzio diventa assordante. Tutto si arresta: frigoriferi, televisori, apparecchiature ospedaliere, pompe dell’ acqua e ventilatori. La vita moderna si ferma. La quiete ci permette di immaginare come era il mondo prima che fossimo stati immersi nel rumore dei clacson delle auto e il mormorio e il brusio delle macchine moderne. Più tardi, la quiete è sostituita da una tempesta di suoni come quello dei generatori che ronzano e stridono tornando in vita.

Non dimenticherò mai il pomeriggio quando chiesi a mio padre quanto tempo pensava che sarebbe durato il blocco.

“Pochi mesi, figlio mio, pochi mesi, non ci vorrà molto”, rispose.

Poche settimane fa, più di un decennio dopo che il blocco israeliano di Gaza è stato istituito, ho parlato di nuovo con mio padre e gli ho ricordato quello che disse quel giorno. Potevo praticamente sentire il suo dolore e la sua angoscia attraverso il telefono.

“Non so quanti 10 anni ci sono in una vita”, ha risposto, schiacciato dalla ingenuità della sua dichiarazione di tutti quegli anni passati.

Come è accettabile che nel 2017 i residenti di Gaza, tra cui la mia famiglia, devono spendere tanto del loro tempo preoccupandosi di acqua, luce e cibo? Cosa giustifica una politica che causa ai piccoli come mio fratello minore di immergersi nel sudore durante la notte e appoggiare le guance sul fresco pavimento di mattonelle per sfuggire al caldo delle notti di Gaza?

Nessuna pace può venire costringendo migliaia di persone ad aspettare fino all’alba per ricevere la loro quota settimanale di acqua, mentre dall’altra parte del confine, gli israeliani fanno tuffi nelle piscine e godono di accesso illimitato all’acqua fresca.

Oggi, se chiedete ai palestinesi a Gaza come fanno, potrebbero rispondere: “Vivo, a causa di mancanza di morte”. Questa espressione comunemente usata cattura la spaventosita’ della vita quotidiana a Gaza.

Mi provoca dolore dirlo, ma Gaza cadrà inevitabilmente in disparte. Ogni secondo a Gaza sotto il blocco di Israele – dove l’acqua e la cure mediche sono lussi – è contaminato dalla tragedia. Ogni volta che una famiglia non può permettersi di mettere cibo sulla tavola, ogni volta che un incendio in una casa rivendica un’altra vittima, ogni volta che un paziente affetto da cancro non può ottenere un trattamento salvavita o un’altra persona disperata finisce la sua vita, l’orrore del blocco entra in una vista completa.

Finché Israele manterrà il controllo sulle vite dei palestinesi, ma nega loro i propri diritti e libertà fondamentali, non può definirsi una democrazia.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato Gaza ” invivibile ” e il blocco crea una morte lenta e collettiva. Cosa ci vorrà per convincere la comunità internazionale che il popolo di Gaza, come tutte le persone di questa terra, merita di vivere in dignità?

Sempre più persone si uniscono allo sforzo per promuovere la libertà dei palestinesi, anche partecipando al movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni . È giunto il momento di porre fine al blocco di Gaza e di liberare il popolo palestinese.

Jehad Abusalim è uno studente di dottorato presso l’Università di New York e un analista di politica con Al-Shabaka, The Palestinian Policy Network.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Al Jazeera.

 

Trad. Il popolo che non esiste.

Fonte: Al Jazeera

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