Cosa succede se Trump ferma gli aiuti ai palestinesi?

Copertina – Un milione di palestinesi di Gaza dipende dalle razioni alimentari d’emergenza dell’UNRWA. Questo numero è salito dagli appena 80.000 nel 2000, dopo anni di assedio e attacchi militari israeliani sul territorio. Immagine di Abed Rahim Khatib/APA images.

di Ali Abunimah, 3 gennaio 2018

Cosa succederebbe se Donald Trump realizzasse le sue minacce di fermare gli aiuti degli Stati Uniti ai palestinesi?

Se intende tagliare i finanziamenti statunitensi all’Autorità Palestinese, potenzialmente causando il suo collasso, deruberebbe Israele di uno dei suoi strumenti chiave per mantenere il regime di occupazione e apartheid su milioni di palestinesi.

Questo è qualcosa a cui molti palestinesi potrebbero dare il benvenuto.

Ma se intende tagliare i fondi statunitensi all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, ciò potrebbe causare una catastrofe umanitaria.

Provocherebbe sofferenza a milioni di persone che sono state costrette a dipendere dalla fornitura dell’UNRWA per servizi sanitari ed educativi, cibo e ricovero d’emergenza perché Israele nega loro i loro diritti.

Ridurre gli aiuti all’UNRWA – come l’ambasciatrice alle Nazioni Unite di Trump, Nikki Haley, ha suggerito che gli Stati Uniti potrebbero fare – avrebbe anche effetti di vasta portata, potenzialmente destabilizzando Giordania e Libano dove vive larga parte dei profughi palestinesi.

Minacce su Twitter

Martedì scorso Trump ha continuato una diatriba su Twitter contro i paesi che accusa prendere aiuti dagli Stati Uniti senza essere sufficientemente sottomessi.

“Non è solo al Pakistan che paghiamo miliardi di dollari per niente, ma anche a molti altri paesi e altri”, ha scritto il presidente. “Ad esempio, paghiamo ai palestinesi CENTINAIA DI MILIONI DI DOLLARI all’anno e non riceviamo alcun apprezzamento o rispetto”.

 

 

“Non vogliono nemmeno negoziare un trattato di pace con Israele sospeso da molto tempo”, ha aggiunto. “Abbiamo messo Gerusalemme, la parte più difficile del negoziato, fuori dal tavolo, e Israele per questo avrebbe dovuto pagare di più. Ma con i palestinesi non più disposti a parlare di pace, perché dovremmo fare loro enormi futuri pagamenti?”

Trump ha assunto la carica con la promessa di consegnare l’ “accordo definitivo” in Medio Oriente. Il mese scorso ha sabotato qualunque possibilità sottile e velata di fare questa consegna dichiarando unilateralmente Gerusalemme capitale di Israele e dicendo che trasferirà lì l’ambasciata degli Stati Uniti.

In tali circostanze, nemmeno il leader dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas potrebbe continuare a stare al gioco della sciarada del “processo di pace”.

Di conseguenza sembra che lo sforzo statunitense sia collassato, con il vicepresidente Mike Pence che ha ripetutamente rinviato una visita nella regione.

Anche se il bullismo e le minacce di Trump non sono riuscite a fermare la stragrande maggioranza dei paesi dal condannare la sua mossa di Gerusalemme in un voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il mese scorso, sembra che il ricatto finanziario possa funzionare contro i palestinesi.

L’ufficio di Abbas ha risposto alle minacce di Trump dichiarando che Gerusalemme “non è in vendita”.

L’aiuto alla AP è un aiuto a Israele

Nell’ultimo decennio, gli aiuti americani all’Autorità Palestinese ammontano a una media di circa 400 milioni di dollari l’anno – e in primo luogo avvantaggiano Israele rafforzando lo status quo dell’occupazione.

L’aiuto è stato potenziato dopo che il colpo di stato, appoggiato dagli Stati Uniti contro l’elezione di Hamas, condotto nel 2007 dall’AP ha portato alla divisione geografica e di fazioni tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

Mentre Hamas è stata isolata in una Gaza assediata, gli Stati Uniti hanno aumentato i finanziamenti per la AP di Ramallah dominata da Abbas e dalla sua fazione di Fatah.

Secondo il Congressional Research Service, questo finanziamento era “principalmente in appoggio diretto dei programmi di sicurezza, governance, sviluppo e riforma dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania sotto Abbas” e destinato “in parte a contrastare Hamas”.

Tutto questo era diretto al fine ultimo di potenziare l’AP come un subappaltatore dell’occupazione – o come lo presenta il Congressional Research Service usando eufemismi ufficiali americani, l’aiuto è volto a “promuovere la prevenzione o la riduzione del terrorismo contro Israele”.

Il ruolo primario dell’Autorità Palestinese nel sopprimere la resistenza palestinese all’occupazione è chiamato “coordinamento della sicurezza” – una forma di collaborazione quasi universalmente osteggiata dai palestinesi, ma che Abbas ha descritto come “sacra”.

L’amministrazione del presidente Barack Obama ha esplicitamente messo in guardia dal forzare “il fallimento e il collasso” dell’AP e ha sottolineato il suo ruolo vitale nel proteggere non solo Israele, ma anche i suoi coloni nella Cisgiordania occupata.

“L’Autorità Palestinese e Israele attualmente dispongono di meccanismi e canali per il coordinamento della sicurezza, contribuendo a mantenere la sicurezza di palestinesi e israeliani che vivono in Cisgiordania, e identificando e contrastando potenziali attacchi terroristici in Israele”, ha detto il vice segretario di stato Antony Blinken nel 2015. “Il collasso dell’AP spezzerebbe questo canale di coordinamento”.

Se l’AP se ne va

Proprio perché l’aiuto all’Autorità Palestinese è in effetti un aiuto a Israele, il potente gruppo di pressione AIPAC ha ripetutamente sollecitato il Congresso a finanziarlo.

Ad agosto, l’AIPAC ha dato il suo sostegno a una proposta di legge che minacciava di tagliare gli aiuti degli Stati Uniti all’Autorità Palestinese, ma solo dopo che sono state inserite delle eccezioni per garantire che il denaro continuasse a circolare per la “cooperazione di sicurezza”.

È sempre stato facile scommettere che l’AIPAC sarebbe intervenuta per impedire qualsiasi interruzione dell’aiuto alla PA. Ora nulla può essere dato per scontato, sebbene l’organizzazione mantenga un impegno simbolico per una “soluzione a due stati”.

Ma in Israele, i leader che chiedono l’annessione della maggior parte della Cisgiordania sono sempre più dominanti e hanno forti sostenitori nell’amministrazione Trump.

Se l’AP se ne va, la cosiddetta comunità internazionale non sarà più in grado di fingere che ci sia uno stato palestinese in attesa e dovrà fare i conti con la realtà che Israele governa direttamente su milioni di palestinesi che non hanno diritti di sorta per il solo fatto di non essere ebrei.

Dal punto di vista palestinese l’unica strada percorribile dopo il collasso dell’Autorità Palestinese sarebbe quella di promuovere i pieni diritti palestinesi in ogni parte della Palestina storica: una soluzione democratica, non settaria a uno stato per contrastare la versione dell’apartheid che Israele sta imponendo.

Voleva dire UNRWA?

 

Oltre a finanziare l’Autorità Palestinese per proteggere Israele, gli Stati Uniti sono anche il più grande contributore dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite a corto di soldi e sovraccarica che soddisfa i bisogni primari di milioni di profughi palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gaza, in Giordania, Siria e Libano.

Alla conferenza stampa di nuovo anno di martedì scorso, a Nikki Haley, l’ambasciatrice alle Nazioni Unite di Trump, è stato chiesto se gli Stati Uniti avrebbero mantenuto i finanziamenti per l’UNRWA alla luce della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite su Gerusalemme sostenuta dall’Autorità palestinese.

Rispondendo Haley non ha menzionato direttamente l’UNRWA, ma ha dichiarato: “Penso che il presidente abbia sostanzialmente affermato di non voler concedere ulteriori finanziamenti – o di interrompere i finanziamenti – finché i palestinesi non accetteranno di tornare al tavolo dei negoziati, e ciò che abbiamo visto con la risoluzione non è stato d’aiuto alla situazione. Stiamo cercando di portare avanti un processo di pace, ma se ciò non accade, il presidente non continuerà a finanziare questa situazione”.

In una email martedì sera un portavoce dell’UNRWA, Chris Gunness, ha dichiarato a The Electronic Intifada che “l’UNRWA non è stata informata dall’amministrazione degli Stati Uniti di alcun cambiamento nei finanziamenti statunitensi all’agenzia”.

Insieme con l’Unione Europea, gli Stati Uniti sono uno dei maggiori contributori dell’UNRWA, con i loro 380 milioni di dollari dell’ 1,1 miliardi di dollari del budget dell’agenzia nel 2015.

L’UNRWA fornisce servizi sanitari ed educativi essenziali a oltre cinque milioni di profughi palestinesi, tra cui mezzo milione di scolari.

Inoltre l’agenzia ha fornito aiuti alimentari d’emergenza e altra assistenza a centinaia di migliaia di profughi palestinesi colpiti dalla guerra civile in Siria.

A Gaza, metà della popolazione di due milioni di persone fa affidamento sull’assistenza alimentare di emergenza dell’UNRWA. Questo numero è salito da appena 80.000 nel 2000 in seguito ad anni di blocco e ai ripetuti attacchi militari israeliani che hanno distrutto l’economia del territorio, rendendolo invivibile.

Tra gli altri, Libano e Giordania ospitano 2,5 milioni di profughi palestinesi assistiti dall’UNRWA.

Questi paesi che ospitano le più numerose popolazioni di profughi nel mondo pro capite, comprese le persone che sono fuggite dalla guerra in Siria, non sarebbero in grado di far fronte a un taglio improvviso dei servizi dell’UNRWA e tale riduzione potrebbe portare a disordini sociali e politici.

Per anni gli estremisti anti-palestinesi, specialmente negli Stati Uniti, hanno intrapreso campagne diffamatorie contro l’UNRWA, sostenendo che l’agenzia insegna “incitamento” anti-Israele o ospita armi nelle sue scuole.

I propagandisti filo-israeliani affermano spesso che l’esistenza dell’UNRWA “perpetua” l’esistenza di profughi palestinesi. Credono che se l’agenzia venisse sciolta, la richiesta di un diritto al ritorno dei profughi – che è un anatema per l’obiettivo del sionismo di assicurare che ci siano meno palestinesi possibile nella Palestina storica – svanirebbe con lei.

Questo è come sostenere che, siccome gli ospedali sono pieni di persone malate, chiudere tutte le strutture sanitarie metterebbe fine alla malattia. Purtroppo i nemici dell’UNRWA non stanno cercando di risolvere i problemi, ma di far sparire i palestinesi.

Non è del tutto chiaro se Haley volesse dire che gli Stati Uniti avrebbero tagliato gli aiuti all’UNRWA. Ciò che è chiaro è che così facendo si infliggerebbero indicibili sofferenze aggiuntive ad alcune delle persone più vulnerabili del mondo.

Tali considerazioni non hanno mai scoraggiato gli Stati Uniti dal seguire una linea di condotta in passato.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

Fonte: https://electronicintifada.net/blogs/ali-abunimah/what-happens-if-trump-does-stop-aid-palestinians

 

 

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