“O noi o loro”, recitano i manifesti razzisti del partito di Netanyahu a proposito dei Palestinesi e degli Africani

Jonathan Ofir – 4 ottobre 2018

Foto di copertina: manifesti razzisti nelle pensiline degli autobus (dalla pagina Facebook di David Sheen).

“O noi o loro”, afferma un nuovo manifesto elettorale del Likud, suggerendo che Jaffa può essere o una “città ebraica” o una città in cui il “movimento islamista” la farà da padrone. “Solo il Likud è giusto per Tel-Aviv-Jaffa” recita in basso. C’è una seconda versione del poster in cui “loro” sono i rifugiati africani, etichettati come “infiltrati”, così come gli Israeliani, dalla destra alla sinistra dello schieramento politico, amano chiamarli.

Questa è una campagna elettorale razzista per le elezioni municipali. Le elezioni, che in Israele si svolgono ogni cinque anni, sono fissate per la fine del mese.

“Città ebraica” deve essere inteso come un eufemismo per “ebrea”. Quando il principale sindacato sionista Histadrut, negli anni precedenti alla nascita dello Stato di Israele, chiedeva “lavoro ebraico”, intendeva la giudaizzazione del mercato del lavoro. La nozione di “movimento islamista” deve essere invece intesa come un riferimento ai Palestinesi in generale, quelli che gli Israeliani chiamerebbero per lo più “Arabi”. In parole povere, il Likud sta attuando la famosa tattica razzista di “Ebrei contro Arabi”. Lo sappiamo dalla vigilia delle ultime elezioni parlamentari del 2015, quando Netanyahu mise in guardia sul fatto che gli Arabi sarebbero andati a votare “a frotte”.

L’incitamento al razzismo non è nuovo neppure a Giaffa. Nel 2013 ad esempio, il vicesindaco di Tel Aviv Arnon Giladi, anch’egli membro del Likud, lanciò una campagna di manifesti per vietare a Giaffa la chiamata musulmana alla preghiera e “mantenere il carattere ebraico” della città. I manifesti raffiguravano un minareto che diceva: “Zittire il Muezzin? A Giaffa? Solo il Likud può “. La campagna di odio contro i rifugiati africani ha uno sviluppo più recente. Il primo ministro Netanyahu ha compiuto l’anno scorso un tour nel sud di Tel Aviv, dicendo che era “in missione per togliere Tel Aviv dalle mani degli infiltrati africani e restituirla ai residenti israeliani”. Era in tournée con il ministro della Cultura Miri Regev (anch’egli del Likud), che nel 2012 definì i rifugiati africani “un cancro nel nostro corpo”

La pulizia etnica e la giudaizzazione di Giaffa

Jaffa fu ripulita etnicamente dalle milizie sioniste nel 1948. Dei suoi 120.000 abitanti Palestinesi, ne rimasero solo 4.000, poi ghettizzati durante la giudaizzazione e l’ebraicizzazione della città in precedenza palestinese-araba. Jaffa era infatti destinata a far parte dello “Stato arabo” così come designato dal “Piano di partizione” delle Nazioni Unite del 1947, ma Israele  l’annetté a Tel-Aviv, la “città ebraica”.

Oggigiorno, Jaffa ha una popolazione di quasi 50.000 abitanti, circa 1/3 dei quali sono Palestinesi. Eppure delle circa 400 strade di questa città, un tempo fulcro centrale della Palestina araba, solo 14 prendono il nome da dignitari o temi arabi. Dopo la pulizia etnica che precedette la dichiarazione della nascita dello stato nel 1948, Israele cancellò tutti i nomi delle strade, prima nominandoli unicamente con dei numeri e poi, nel 1950, iniziando ad assegnare loro dei nomi nuovi. Una strada, Natan Pantz Street, è un esempio di questo simbolismo: Natan Pantz era un membro dell’organizzazione terroristica sionista Irgun che, insieme alla più importante delle milizie sioniste, l’Haganah, ripulì etnicamente Jaffa. Nel 1998, durante una cerimonia cui partecipò l’allora primo ministro Netanyahu, gli venne intitolata una strada. In una piazza lungo  la strada c’è una statua di Panz, che era anche un giocatore di calcio. Il cartello indica “Natan Panz (1917-1948): un atleta esemplare caduto al servizio dell’Irgun nella battaglia per la liberazione di Giaffa”.

Netanyahu può condannare quanto vuole  i Palestinesi per intitolare strade e piazze a “terroristi”, ma lui fa lo stesso. Per lui, sono solo “liberatori”.

Poco dopo la cerimonia di assegnazione del nome, gli attivisti del Movimento Islamico posero una targa di metallo verde accanto al nome della via. La targa riporta un versetto del Corano che invita i credenti a chiedere perdono per i loro peccati: “Chiedi perdono al tuo Dio, Egli è misericordioso”.

Non solo la destra

Questa è una triste, tristissima storia di come il colonialismo sionista continui a cancellare la storia culturale, etnica e religiosa dei luoghi in cui subentra. Quest’ultima campagna dimostra che è una questione ancora in corso.

Ma non lasciamoci ingannare dal pensare che questa “vendita della paura”razzista sia limitata alla destra. Questa campagna ne ricorda infatti  una dello scorso anno ideata dal gruppo pseudo liberale dei “comandanti per la sicurezza israeliana”, che chiedevano la separazione dai Palestinesi perché “sarebbero stati presto la maggioranza”. Gli enormi cartelloni pubblicitari erano in arabo e utilizzavano  come espediente i colori palestinesi. Non sorprende quindi che Ehud Barak, “eroe di sinistra”, che si vanta della “liberazione” di “Giudea e Samaria”, abbia appoggiato la campagna.

La “minoranza araba”

Israele si vanta spesso della sua “minoranza araba” e di quanto siano trattati bene questi cittadini. Ma questa minoranza è ciò che resta del quasi un milione di Palestinesi  che vivevano sulle terre annesse da Israele nel 1948. Mentre sono usati come alibi per dimostrare il presunto liberalismo di Israele (dal momento che non sono stati TUTTI espropriati, e dato che dopotutto  è  stata loro concessa la cittadinanza,  se pur senza alcun diritto nazionale), questi Palestinesi vengono regolarmente indicati come una “quinta colonna”. La loro presenza nelle città, al contrario delle città isolate che sono esclusivamente palestinesi, sembra essere una questione particolarmente inquietante per i sionisti  che , se proprio dovessero accettarli , preferirebbero averli stipati in ghetti o bantustan di un qualche tipo. Persino la sinistra sionista, nella sua ossessione per la purezza razziale, spesso non si vergogna di aizzare contro gli “Arabi”, come ha fatto l’ex leader dell’Unione Sionista Isaac Herzog, quando mise in guardia il suo collegio elettorale dall’ essere percepito come ” amante degli Arabi”, e ancor  prima quando ammonì gli Ebrei di tutto il mondo  contro la “piaga” dei matrimoni misti tra Ebrei e non Ebrei.

Può darsi che nel Likud ,  con la retorica allarmistica del  “o noi o loro”, stia ora prendendo il sopravvento il razzismo e il fascismo , ma questo è puramente indicativo di un problema generale del  sionismo. La legge Nazione-Stato ha solo incoraggiato questo fascismo, ma ha una storia molto lunga e molto brutta. E ricordiamoci  che tutto questo sta accadendo in quello che è generalmente noto come “il vero Israele”.

 

Grazie a Dorthe Dalsgaard, Danielle Alma Ravitzki, Nasser Butt, Tom Pessah, Ofer Neiman, David Sheen

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org

Fonte: https://mondoweiss.net/2018/10/netanyahus-party-baiting/

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