Il punto di vista di un epidemiologo su COVID-19 in Palestina.

Il problema più importante ha a che fare con la capacità di assistenza medica e la Palestina semplicemente non ha le risorse necessarie.

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Rob Lipton  – 2 aprile 2020

Immagine di copertina: Dipendenti UNRWA a Gaza, con  indosso mascherine e guanti protettivi a causa della pandemia di COVID-19,  consegnano razioni di aiuti alimentari a domicilio piuttosto che distribuirle presso il centro delle Nazioni Unite, il 31 marzo 2020. (Foto: Ashraf Amra / APA Images)

In deroga al mio solito focus su Muzzlewatch che si occupa dei tentativi di censurare il BDS e tratta argomenti “pro-palestinesi” e anti-sionisti, oggi indosso il mio  quotidiano abito di epidemiologo per parlare di alcuni aspetti della pandemia di COVID-19 in Palestina e Israele. Questo articolo sarà il primo di una serie che seguirà gli effetti della pandemia in Israele / Palestina. Chiaramente, questo evento mondiale avrà ripercussioni imprevedibili e di vasta portata.

La prima cosa da capire è che siamo nei  primissimi giorni della pandemia. Al momento della stesura di questo articolo, in Israele ci sono 6.360 casi e 3 morti mentre in Palestina ci sono  155 casi e 1 morto. Questi numeri aumenteranno molto rapidamente su entrambi i lati della linea verde. Ovviamente, sia la Cisgiordania con le sue poche risorse, sia la prigione a cielo aperto di Gaza corrono un rischio terribile, ma come è ovvio i confini non sono qualcosa che COVID-19 riconosce.

Piramide dell’età per la Cisgiordania e la Striscia di Gaza

Il problema più importante ha a che fare con la capacità di assistenza medica e la Palestina semplicemente non ha le risorse per affrontare qualsiasi tipo di  consistente impennata nelle cure di emergenza, nelle cure intensive e nelle cure di follow-up. Al momento della stesura di questo documento, la maggior parte dei casi gravi e dei decessi riguardano la popolazione più anziana e, a questo proposito, la piramide dell’età della popolazione in Cisgiordania e Gaza potrebbe essere effettivamente favorevole. Rispetto all’età della popolazione israeliana possiamo vedere che in Palestina ci sono molti più giovani. Al momento della stesura di questo documento, le persone anziane  corrono un rischio molto più elevato di  infettarsi e di morire rispetto alla popolazione più giovane (anche se sembra che persone adulte relativamente più giovani, di età compresa tra 25 e 44 anni, siano a rischio di ricovero negli Stati Uniti). D’altra parte, sebbene i giovani possono avere una malattia lieve o essere asintomatici,  sono comunque contagiosi. Non sappiamo esattamente cosa  accadrà quando la pandemia si espanderà.

Piramide dell’età in Israele

La questione più grande, tuttavia, ha a che fare con i confini artificiali e il controllo microspaziale dei movimenti dei palestinesi. Già  difficile in tempi “normali”,la possibilità  dei palestinesi di riuscire a distribuire risorse mediche secondo necessità; organizzare correttamente la popolazione in base alle esigenze di  distanziamento sociale e quarantena; tracciare e testare correttamente le persone,lo diventa ancora di più in queste circostanze e  prevedibilmente comporterà  elevati numeri  di  contagi e di  morti, in misura più ampia di quanto  potrebbe accadere in uno scenario con meno ostacoli. Se Israele  imporrà un duro coprifuoco / quarantena sulla Palestina, simile a quanto accaduto nel 2002 durante la seconda Intifada e fino al punto di non consentire la libertà di movimento delle ambulanze / EMT,diventerà estremamente difficile  fronteggiare la pandemia in evoluzione.

Una popolazione murata, che questo muro sia la permeabile  barriera della Cisgiordania o il contesto carcerario di Gaza,  peggiora la  situazione per i  palestinesi, così come per gli israeliani, perché ci sarà questo enorme serbatoio del  virus che potrà facilmente essere passato tra le popolazioni contigue. La natura  spezzettata della Cisgiordania mostra come sia davvero difficile mantenere una separazione effettiva, in quanto palestinesi e israeliani vivono essenzialmente fianco a fianco. Questa situazione  è aggravata dalla mancanza di risorse mediche disponibili in Palestina. Una grave malattia palestinese è spesso curata in Israele e possiamo facilmente immaginare una situazione in cui una “dura” quarantena rende tale assistenza sanitaria non disponibile. Inoltre, quando il sistema sanitario israeliano verrà travolto, ci sarà ancora meno capacità di assistere tutte le persone che ne avranno bisogno sia  in Israele che in Palestina.

Rob Lipton è membro di lunga data di Jewish Voice for Peace, ha scritto per Muzzlewatch di JVP, è stato un membro dell’ISM  e direttore di FAIR a Los Angeles durante la prima guerra del Golfo. È poeta laureato di Richmond, California ed epidemiologo

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

 

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