Ricordando Suha Jarrar, pioniera dei difensori dei diritti dei palestinesi

Le autorità israeliane avrebbero dovuto  consentire alla madre detenuta, la parlamentare Khalida Jarrar, di partecipare al funerale

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Omar Shakir – 12 luglio 2021

Immagine di copertina: Una foto di Suha Jarrar  mostrata in occasione della sua commemorazione a Ramallah nella Cisgiordania occupata da Israele il 12 luglio 2021

La scorsa notte, Suha Jarrar, ricercatrice e advocacy presso l’organizzazione palestinese per i diritti umani al-Haq, è morta nella sua casa di Ramallah, nella West Bank occupata da Israele. Durante i suoi 31 anni, Suha ha avuto un impatto indelebile sulla difesa dei diritti umani in Palestina.

Suha  aveva condotto una ricerca innovativa sugli impatti ambientali dell’occupazione israeliana, incluso un rapporto del 2019 in cui sostiene che le politiche e le pratiche discriminatorie israeliane impediscono ai palestinesi della Cisgiordania occupata di adattarsi ai cambiamenti climatici. Come persona di punta sulle questioni di genere per al-Haq, ha rappresentato l’organizzazione quando il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne ha deliberato sulla situazione delle donne in Palestina. Ha ricercato, sostenuto e spinto senza paura a favore dell’integrazione  all’interno della società civile palestinese dell’intera gamma di questioni relative ai diritti relative al genere e alla sessualità, anche laddove pericolose e proscritte.

Suha è morta senza sua madre accanto, poiché Khalida Jarrar si trova in una prigione israeliana. Per la maggior parte degli ultimi sei anni, le autorità israeliane hanno detenuto Khalida, 58 anni, membro eletto del Consiglio Legislativo Palestinese, per il suo attivismo politico con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). Una delle oltre 400 organizzazioni che le autorità israeliane hanno messo al bando, il FPLP comprende sia un partito politico che un braccio armato. Il braccio armato ha attaccato soldati e civili israeliani. Le autorità israeliane non hanno mai accusato Khalida di coinvolgimento in attività armate.

Khalida ha trascorso lunghi periodi, compreso tra luglio 2017 e febbraio 2019, in detenzione amministrativa senza processo e accusa. Nel marzo 2021, un tribunale militare israeliano l’ha condannata a due anni di carcere per “appartenenza a un’associazione illegale”, sulla base di un patteggiamento, con le autorità militari israeliane che riconoscevano che “non si occupava degli aspetti organizzativi o militari dell’organizzazione”. Detenere Khalida per il suo attivismo politico viola la sua libertà di associazione, come ha documentato Human Rights Watch. La sospensione dei diritti civili ai milioni di palestinesi che vivono nei Territori palestinesi occupati è una parte centrale dei crimini contro l’umanità dell’apartheid e della persecuzione del governo israeliano.

Il sorriso contagioso di Suha non è mai svanito, anche se per gran parte della sua vita adulta sua madre è stata ingiustamente dietro le sbarre. Secondo quanto riferito, le autorità israeliane hanno negato a Khalida di partecipare ai funerali di Suha. Avendo ripetutamente detenuto Khalida in violazione dei suoi diritti, le autorità israeliane avrebbero almeno dovuto permetterle di salutare sua figlia.

 

Trad: Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org