I giornalisti Palestinesi contrastati da Israele, dalle restrizioni dell’Autorità Palestinese e dai giganti di internet

 

I giornalisti palestinesi subiscono pressioni da più direzioni, anche nella relativa libertà di Internet.

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Di Daoud Kuttab – 2 luglio 2020

Le difficoltà che devono affrontare i giornalisti palestinesi hanno portato molti a esprimersi esclusivamente sui media digitali. Ma anche con questo mezzo relativamente libero, stanno ora affrontando una legge restrittiva sulla criminalità informatica, le pressioni di Israele e delle società di social media in assenza di diritti e responsabilità chiaramente definiti. Queste tre potenti forze stanno minacciando la libertà di stampa in Palestina.

Funzionari palestinesi tra cui il portavoce del governo Ibrahim Milhem, che ha parlato con Al-Monitor, insistono sul fatto che mentre la libertà di stampa è garantita dal diritto nazionale e internazionale, “il governo non tollererà discorsi di odio, calunnie e altre forme di diffamazione sui media digitali”.

Nibal Thawabteh, direttore del Centro per lo Sviluppo dei Media dell’Università di Birzeit, ha detto ad Al-Monitor che il primo ministro Mohammad Shtayyeh è stato un sostenitore del giornalismo. “Il primo ministro Shtayyeh è una persona intelligente che si è impegnato seriamente su questioni di sviluppo e rottura con l’occupazione, e per questo ha costruito un forte legame tra governo e popolo, e i media sono stati un tramite importante per questo.”

Walid Batrawi, un giornalista veterano e insegnante di media, ha detto ad Al-Monitor che mentre i giornalisti “esercitano la loro professione liberamente, il numero di professionisti sta diminuendo e i giornalisti praticano l’autocensura sempre più spesso a causa della situazione generale restrittiva”.

Le questioni relative alla libertà di stampa sono quindi sempre più combattute nel panorama digitale, secondo gli attivisti palestinesi per i diritti umani e la libertà dei media.

This picture taken on July 4, 2019 in Nantes, shows the logo of the US online social media and social networking service, Facebook. (Photo by LOIC VENANCE / AFP) (Photo credit should read LOIC VENANCE/AFP via Getty Images) 

L’uso più recente della legge palestinese sulla criminalità informatica nei confronti di un giornalista è stato il caso del giornalista di Tulkarem, Sami al-Sai, che è stato accusato di gestire una pagina Facebook critica di alcuni funzionari della sicurezza palestinese a Tulkarem e di essere un sostenitore di Hamas. Il suo avvocato Muhannad Karaje ha detto ad Al-Monitor che Sai è stato rilasciato su cauzione il 1° luglio. Ha detto che il giudice era convinto che non ci fosse bisogno di ulteriori indagini nel caso.

Il Centro palestinese per lo sviluppo e le libertà dei media, MADA, ha condannato l’arresto in una dichiarazione dell’11 giugno e ha chiesto il rilascio di Sai.

Il 25 Giugno Human Rights Watch ha dichiarato di aver documentato la “pratica sistematica delle forze di sicurezza palestinesi di arrestare e torturare arbitrariamente critici e oppositori, anche per espressioni pacifiche”. Human Rights Watch ha affermato che i dati forniti dal governo palestinese indicano che “tra il 1° gennaio 2018 e il 30 marzo 2019, l’Autorità Palestinese ha arrestato 752 palestinesi per post sui social media”. Shtayyeh aveva promesso in una riunione del luglio 2019 con il gruppo che non ci sarebbe stato “nessun arresto o persecuzione” dei palestinesi per la libertà di espressione pacifica, ha aggiunto l’organizzazione per i diritti.

Omar Shakir, direttore nazionale di Israele e Palestina di Human Rights Watch espulso da Israele e ora residente ad Amman, ha dichiarato ad Al-Monitor: “Se il Primo Ministro Shtayyeh è serio, dovrebbe iniziare rilasciando Sai”.

Il giornalista freelance Mustafa Ibrahim ha scritto per l’agenzia di stampa pro-OLP Maan News, il 6 maggio, che da marzo “l’emergenza del coronavirus ha fornito il pretesto per minare la libertà di espressione in Palestina”. Lo scorso ottobre, il tribunale di Ramallah ha ordinato ai fornitori di servizi Internet locali di bloccare l’accesso ad almeno 49 siti di notizie in Cisgiordania e Gaza, a seguito di una richiesta dell’ufficio del procuratore generale palestinese, secondo quanto riferito dal Gruppo di Libertà di Stampa Regionale del Centro per i Media e la Libertà Culturale Skeyes, dall’Organizzazione Palestinese per i Diritti Online del Centro Arabo per lo Sviluppo dei Social Media e dal Sindacato dei Giornalisti Palestinesi.

Il 17 giugno 13 organizzazioni non governative palestinesi e organi di informazione senza scopo di lucro hanno creato una coalizione per difendere la libertà di espressione digitale. La coalizione, che comprende il Centro MADA e Maan News, ha dichiarato che prevede di proteggere i diritti dei giornalisti e la libertà di espressione attraverso la legislazione e le organizzazioni internazionali competenti.

Oltre ai problemi con le forze di sicurezza palestinesi, i giornalisti, in particolare quelli che vivono a Gerusalemme, vedono progressivamente ridurre la loro libertà di stampa. Giornalisti della Palestina TV sono stati arrestati e interdetti dal lavorare a Gerusalemme. Israele ha regolarmente chiesto alle aziende digitali di bloccare i siti di notizie palestinesi con l’accusa di incitamento alla violenza. L’istituto di Stampa Internazionale di Vienna e persino il Sindacato della Stampa Israeliano hanno condannato Israele per queste violazioni.

Le autorità israeliane sono accusate di aver commesso più di 50 violazioni contro i giornalisti palestinesi nella Gerusalemme occupata nella prima metà del 2020, secondo il Comitato di supporto dei giornalisti. In un rapporto del 18 giugno, l’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta i giornalisti ha affermato che l’occupazione israeliana ha espulso quattro giornalisti dalla città, arrestati sette e convocati 14 per essere interrogati dalla polizia.

Mousa Rimawi, direttrice del Centro MADA, ha affermato che gli arresti avvengono in un momento “in cui le autorità israeliane monitorano attentamente i social media e prendono di mira i palestinesi”.

“Abbiamo notato che negli ultimi mesi, molte persone sono state arrestate per aver espresso le loro opinioni sui social media”, ha detto Rimawi ad Al Jazeera il 23 maggio, aggiungendo che in molti casi i palestinesi sono detenuti per “legittima espressione politica e non per incitamento“.

Il Centro MADA ha riferito a febbraio che nel 2019 le società di social media, principalmente Facebook, hanno commesso 181 violazioni contro i contenuti palestinesi e bloccato pagine di notizie e account dei giornalisti.

Daoud Kuttab è un giornalista palestinese, un attivista dei media e un editorialista per Palestine Pulse. È un ex professore di giornalismo Ferris alla Princeton University ed è attualmente direttore generale della Community Media Network, un’organizzazione no-profit dedicata alla promozione dei media indipendenti nella regione araba.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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