La tragedia di Alaa Abd el-Fattah, inarrestabile rivoluzionario

Uno dei migliori pensatori egiziani, scrittore e attivista, ha trascorso la maggior parte dell’ultimo decennio in prigione.

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The Economist – 22 giugno 2022 (aggiornato al 26 giugno 2022)

Immagine di copertina: Alaa Abdel Fattah, blogger e attivista egiziano, parla con i giornalisti in una sala d’attesa presso l’Alta Corte prima di un’udienza, il 26 marzo 2013 al Cairo, in Egitto.(Getty Images)

Definire il nuovo libro di Alaa Abd el-Fattah come una richiesta pressante non è un cliché. Sebbene il blogger e attivista abbia trascorso la maggior parte dell’ultimo decennio in una prigione egiziana, la sua situazione è diventata ancora più grave nelle ultime settimane. Nel disperato tentativo di ottenere la libertà, Abd el-Fattah è in sciopero della fame dal 2 aprile. “Smettila di immaginare che sarai in grado di salvarmi. Morirò qui, martire in prigione”, ha detto a sua sorella, Mona Seif, durante la sua ultima visita il 12 giugno. “Concentrati su come la mia morte possa essere utilizzata per esigere il prezzo politico più alto possibile”.

Naturalmente, la sua famiglia preferirebbe salvargli la vita. A tal fine, le sue due sorelle hanno cercato di ottenere sostegno in America e in Gran Bretagna. Decine di celebrità hanno firmato una lettera in cui esortavano Liz Truss, il ministro degli esteri britannico, a negoziare il suo rilascio. (Abd el-Fattah ha ottenuto la cittadinanza britannica a dicembre tramite sua madre, cittadina britannica.) La campagna #FreeAlaa è accompagnata dal suo recente libro “Non siete stati ancora sconfitti”, una potente raccolta di saggi (alcuni scritti in carcere e  fatti uscire di nascosto), interviste e tweet che ripercorrono la tragica discesa sua e dell’Egitto dalla speranza durante la rivolta del 2011 alla brutale dittatura militare.

La mobilitazione deve ancora dare risultati. L’Egitto nega che Abd el-Fattah sia in sciopero della fame e che sia un prigioniero politico, e persino che le affollate carceri egiziane contengano prigionieri politici. Nel paranoico stato di sicurezza del Paese, chi ha opinioni opposte è considerato un terrorista o, come Abd el-Fattah, pericoloso “fornitore di false notizie”. Lo scorso dicembre Abd el-Fattah è stato condannato ad altri cinque anni di carcere per un vecchio post su Facebook. Prima di allora, era stato incarcerato per cinque anni per aver sfidato una legge draconiana contro le proteste. “Sessanta mesi di carcere dovrebbero essere un prezzo sufficiente, e anche di più, per una protesta durata un quarto d’ora”, scrive.

Il padre  di Abd el-Fattah, Ahmed Seif, era un dissidente comunista che è stato torturato e incarcerato dal precedente autocrate egiziano, Hosni Mubarak, negli anni ’80. Seif  studiò legge mentre era in prigione e divenne uno dei più importanti difensori dei diritti umani in Egitto. Abd el-Fattah, un programmatore di computer, è diventato famoso come la voce di una nuova tipologia di rivoluzionari, esperti di tecnologia. Insieme, padre e figlio hanno contribuito a rovesciare il regime sclerotico di Mubarak durante le proteste di massa nel 2011.  Fu il culmine della cosiddetta primavera araba.

La loro vittoria fu di breve durata. Dopo il colpo di stato del 2013, Abdel-Fattah al-Sisi, il generale diventato presidente, ha represso tutto ciò che si rifaceva alla rivoluzione. Abd el-Fattah era un ovvio obiettivo. Da allora l’hashtag #FreeAlaa ha fluttuato in Internet, ultimo persistente appello dal fantasma della passata rivoluzione. “Sono in detenzione come misura preventiva a causa di uno stato di crisi politica e per paura che io mi impegni politicamente”, scrive Abd el-Fattah. Molti dei saggi sono stati scritti dalla stessa prigione in cui suo padre languiva 30 anni prima. Incarcerato, non è stato presente alla nascita del suo primo figlio e alla morte del padre, al cui funerale non gli è stato permesso partecipare. “Qui nella mia cella combatto con i miei sogni e i miei incubi, e non so quali facciano più male”.

La pubblicazione del libro di Abd el-Fattah, che descrive la tortura e la brutalità della polizia, è di per sé un grande atto di sfida. Nell’Egitto di al-Sisi, i media tendono a  limitare gli argomenti di discussione. Gli egiziani che parlano più liberamente sono quelli che vivono all’estero. In un passaggio, Abd el-Fattah descrive la “Guardia d’Onore”, un rituale carcerario in cui i nuovi detenuti vengono fatti passare tra file di poliziotti che “fanno cadere su di loro calci, pugni e colpi”. Un uomo anziano muore a metà del percorso, poiché “nessuno aveva controllato la sua salute”. Tale mancanza di rispetto per la vita umana è un tema ricorrente.

La scrittura di Abd el-Fattah brilla di commenti perspicaci e arguzia su qualsiasi cosa, dalla minaccia dei monopoli tecnologici alla rottura della comunicazione umana nell’era di Twitter. “Quando è diventato OK per gli adulti comunicare principalmente con emoji e gif?” osserva in un pezzo scritto durante una breve tregua dal carcere. Una delle tragedie dell’Egitto è che molte delle sue menti più brillanti sono in carcere o in esilio.

In qualche modo, Abd el-Fattah riesce a evocare un senso di ottimismo. Crede nel potere della protesta e nella necessità di spingere per il cambiamento. “Lo stato attuale non era inevitabile finché non si è verificato”, scrive. In una lettera a RightsCon, una conferenza annuale sui diritti umani e la tecnologia, esorta i partecipanti a lottare per Internet come spazio per difendere le libertà. “A differenza di me, non siete ancora stati sconfitti.”

Il libro di Alaa Abd el-Fattah  “Non siete stati ancora sconfitti” , con prefazione di Paola Caridi, è pubblicato in Italia da hopefulmonster editore- sostenuto da Amnesty International e Arci  

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org