L’uscita di Netanyahu dalla scena politica sembra inevitabile, sia per l’esito della guerra, sia per le prossime elezioni, sia semplicemente per salute e vecchiaia.
Fonte: English version
Di Ramzy Baroud – 20 gennaio 2025
Immagine di copertina: Lunedì sono stati consegnati i primi ostaggi nel cessate il fuoco. (AFP)
Un titolo nella sezione blog del Times of Israel diceva tutto: “Per la prima volta, Israele ha appena perso una guerra”.
Indipendentemente dal ragionamento alla base di questa affermazione, che l’articolo pubblicato la scorsa settimana ha suddiviso in 14 punti, suggerisce un evento sconvolgente e senza precedenti nei 76 anni di storia dello Stato di Israele. Le conseguenze di questa presa di coscienza avranno effetti di vasta portata sugli israeliani, con un impatto sia su questa generazione che sulla prossima. Queste ripercussioni penetreranno in tutti i settori della società israeliana, dall’élite politica all’identità collettiva degli israeliani comuni.
È interessante e significativo che l’articolo attribuisca la sconfitta di Israele esclusivamente all’esito della guerra di Gaza, limitata all’area geografica della Striscia di Gaza. Non un singolo punto affronta la crisi in corso all’interno dello stesso Israele. Né esplora l’impatto psicologico di quella che viene definita come la prima sconfitta di Israele.
A differenza delle precedenti campagne militari a Gaza, che erano su scala molto più ridotta rispetto a questa Guerra Genocida, non c’è un filone significativo della società israeliana che rivendica la vittoria. La familiare retorica del “falciare l’erba”, che Israele usa spesso per descrivere le sue guerre, è notevolmente assente. Invece, c’è un semi-consenso all’interno di Israele sul fatto che l’accordo di cessate il fuoco fosse inequivocabilmente negativo, persino disastroso per il Paese.
La parola “negativo” ha ampie implicazioni. Per il Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir, rappresenta una “resa completa”. Per l’altrettanto estremista Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, è un “accordo pericoloso” che compromette la “sicurezza nazionale” di Israele.
Il Presidente israeliano Isaac Herzog si è astenuto dal fornire dettagli politici, ma ha affrontato l’accordo in termini altrettanto forti: “Non ci siano illusioni. Questo accordo, una volta firmato, approvato e implementato, porterà con sé momenti profondamente dolorosi, difficili e strazianti”.
Il Ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, insieme ad altri funzionari israeliani, ha cercato di giustificare l’accordo inquadrando l’obiettivo finale di Israele nella liberazione dei prigionieri. “Se rimandiamo la decisione, non sappiamo quanti di loro sopravviveranno”, ha affermato.
Tuttavia, molti in Israele, insieme a un numero crescente di analisti, stanno ora mettendo in discussione la narrazione del governo. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva respinto simili accordi di cessate il fuoco lo scorso maggio e luglio, impedendo qualsiasi possibilità di negoziazioni.
Nel periodo tra quei rifiuti e l’accettazione finale dell’accordo, decine di migliaia di palestinesi sono stati uccisi o feriti. Mentre queste tragedie sono state completamente ignorate o negate in Israele, molti prigionieri israeliani sono stati uccisi, principalmente in attacchi militari israeliani.
Se Netanyahu avesse accettato l’accordo prima, molti di questi prigionieri sarebbero probabilmente ancora vivi. Questo fatto permarrà su ciò che resta della carriera politica di Netanyahu, definendo ulteriormente la sua eredità già controversa e piena di corruzione.
In definitiva, Netanyahu ha fallito su più fronti. Inizialmente, voleva impedire che la sua coalizione estremista di destra crollasse, anche a spese della maggior parte degli israeliani. Già a maggio dell’anno scorso, molti avevano dato priorità al ritorno dei prigionieri rispetto alla continuazione della guerra. L’eventuale concessione di Netanyahu non è stata guidata da pressioni interne, ma dalla cruda consapevolezza che non poteva più vincere.
La crisi politica che si stava preparando in Israele ha raggiunto il punto di rottura mentre l’amministrazione di Netanyahu si affannava per gestire il crescente malcontento. In un articolo pubblicato subito dopo l’annuncio del cessate il fuoco, Yedioth Ahronoth ha dichiarato Netanyahu politicamente sconfitto, mentre il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, Tenente Generale Herzi Halevi, è stato ritenuto responsabile del fallimento militare.
In realtà, Netanyahu ha fallito su entrambi i fronti. I generali militari lo hanno ripetutamente esortato a porre fine alla guerra, credendo che Israele avesse ottenuto vittorie tattiche a Gaza. Durante la guerra, le crisi politiche e sociali di Israele si sono aggravate.
Ma Netanyahu ha fatto ricorso alle sue vecchie tattiche. Invece di dimostrare una vera dirigenza, si è impegnato nella manipolazione politica, ha mentito quando gli faceva comodo, ha minacciato coloro che si rifiutavano di seguire le sue regole e ha deviato la responsabilità personale. Nel frattempo, il pubblico israeliano è diventato sempre più disilluso dalla direzione della guerra e frustrato da Netanyahu e dalla sua coalizione.
Alla fine, l’intera struttura kafkiana del governo israeliano è crollata. L’incapacità di gestire sia la crisi politica che la strategia militare ha lasciato la dirigenza di Israele indebolita e sempre più isolata dal pubblico.
Naturalmente, Netanyahu non si arrenderà facilmente. Sta tentando di accontentare Ben-Gvir insistendo sul fatto che Israele conserva il diritto di tornare in guerra in qualsiasi momento. Probabilmente consentirà a Smotrich di espandere gli insediamenti illegali in Cisgiordania e potrebbe provare a riscattare la reputazione dell’esercito intensificando le operazioni lì.
Queste azioni potrebbero far guadagnare tempo a Netanyahu, ma non dureranno. La maggior parte degli israeliani ora vuole nuove elezioni. Mentre le elezioni precedenti hanno ignorato i palestinesi, il prossimo voto sarà quasi interamente definito dalla guerra di Gaza e dalle sue conseguenze.
Israele sta ora affrontando la realtà di un fallimento politico e militare su una scala in precedenza inimmaginabile. La gestione della situazione da parte di Netanyahu sarà ricordata come un momento chiave nella storia del Paese e le sue conseguenze continueranno a influenzare la società israeliana per gli anni a venire.
L’uscita di Netanyahu dalla scena politica sembra inevitabile, sia per l’esito della guerra, sia per le prossime elezioni, sia semplicemente per salute e vecchiaia. Tuttavia, gli impatti materiali e psicologici della guerra di Gaza sulla società israeliana rimarranno, e probabilmente avranno conseguenze irreversibili. Questi effetti potrebbero potenzialmente minacciare la sopravvivenza dello stesso Israele.
Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org