Speed Sister: incrociare la vita nella Palestina occupata

 

Dorgham Abusalim Novembre 2016

“L’odore del gas lacrimogeno mi ricorda la mia infanzia”, dice Maysoon Jayyusi, la coach della squadra palestinese di auto da corsa tutta al femminile nel film documentario intitolato Speed Sisters. E’ con queste parole che la regista Amber Fares pone le basi per l’eccitante giro delle quattro compagne di squadra attraverso la Cisgiordania, incrociando gli stereotipi di uno sport dominato dagli uomini con quelli di una società sotto occupazione straniera.

Le Speed Sisters, Marah, Noor, Mona e Betty sono la prima squadra femminile nelle corse automobilistiche in Medio Oriente e star del film. Anche se condividono una comune passione per le auto da corsa, lo sport, per ognuna di loro, ha un significato diverso. “I miei genitori mi danno tutto quello che hanno. Sento di avere una responsabilità.”, dice Mara, il cui impegno di principio nello sport è che non può non essere una sfida. Suo nonno, tanto per fare un esempio, si lamenta del fatto che “la gente parla.” Come in ogni società in cui le donne devono affrontare ruoli di parità di genere, il nonno di Marah considera la sua carriera con le auto da corsa come insignificante rispetto al fare qualcosa di “più prezioso.” Ciò nonostante, Marah gode del sostegno del padre che ritiene che il disagio che i palestinesi affrontano sotto occupazione li costringe a innovarsi, anche se questo comporta un impegnativo cambio di certe vedute profondamente radicate.

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Il team deve lottare anche con uno spazio limitato per correre e provare: con i posti di blocco israeliani che attraversano la Cisgiordania, trovare strade adatte su cui provare e competere non è compito facile. Spostarsi può diventare un incubo logistico, come spiega Maysoon, soprattutto quando “i bambini tirano pietre e i soldati [israeliani] tirano pallottole.” Il racconto e le inquadrature ironiche sanno riassumere l’intera dinamica dell’occupazione israeliana e la determinazione palestinese a vivere una vita normale: le Sisters spesso fanno girare le loro ruote in un’area adiacente alla famigerata prigione israeliana di Ofer dove si stima che 1.250 palestinesi, tra cui dei bambini, siano imprigionati, il più delle volte senza accusa né processo. Capita anche che durante le loro prove nei pressi di Ofer, Betty venga colpita e leggermente ferita da una bomboletta di gas sparata a distanza ravvicinata da un soldato israeliano di pattuglia nella zona.

Emerge anche la rivalità tra Mara e Betty, che smaschera i favoritismi da parte della tutta al maschile Federation Motor Sports palestinese. La coach Maysoon è pienamente consapevole del fatto che la sua squadra “può essere vista come una minaccia” che può dirottare opportunità e sponsorizzazioni verso le Sisters. Spesso “scende a compromessi” per far sì che gli uomini “si sentano come se fossero al comando.” A un certo punto durante il film, la carriera sportiva di Marah arriva ad una battuta d’arresto a causa dell’inosservanza da parte della federazione dei suoi stessi regole e regolamenti. “I giudici pensano solo allo spettacolo”, si lamenta dopo che le regole sono state piegate per favorire un’altra concorrente. Nonostante la battuta d’arresto, torna alle sgommate in pista per riconquistare il suo titolo di campionessa nella categoria femminile.

Anche se al di fuori delle loro famiglie e degli ambienti professionali le reazioni al team sono in gran parte positive, le Sisters si trovano comunque a dover affrontare detrattori. In una scena Noor legge ad alta voce da Facebook. “Tu sei un segno della fine dei tempi”, dice un commento. Un altro consiglia alle Sisters di “resistere [all’occupazione] con le pietre, non con lo sport e la moda.” Nonostante queste osservazioni, le Sisters sono sicure di sé nel tracciare il loro percorso.

Il film è accompagnato dalla musica di una compilation dinamica di artisti mediorientali dagli stili e backgrounds diversi. Caratterizzato da colonne sonore di Apo and the Apostles, DAM e altri, il documentario di Fares utilizza canzoni che rendono realisticamente una piacevole e divertente storia a lieto fine , senza mai perdere di vista gli ostacoli sullo sfondo. Ostacoli che non solo sono limitati all’occupazione. In realtà, gli spettatori che hanno familiarità con i recenti sviluppi palestinesi non possono non vedere la connessione con lo stato generale delle politiche palestinesi in tutte le controversie su norme e regolamenti.

Questa combinazione di una buona storia di vita vissuta e un contesto politico oscuro è abbastanza rara e nel caso di Speed Sisters lo spettatore è invitato a guardare i palestinesi come un qualsiasi altro gruppo di persone con sogni, ambizioni e gli innumerevoli ostacoli che si incontrano sulla strada per la loro realizzazione. Come ripete Maysoon i palestinesi, semplicemente, non possono portare la loro vita a una battuta d’arresto perchè c’è l’occupazione. Il documentario è un delizioso ritratto di straordinaria determinazione e redenzione.

 

 

 

Trad.  Invictapalestina.org

Fonte: http://blog.palestine-studies.org/2016/10/12/speed-sisters-cruising-through-life-in-occupied-palestine/

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