Lettera di Moni Ovadia al Sindaco di Milano.

 

Milano 23 Aprile 2017

Egregio signor Sindaco,

 

le scrivo a seguito della notizia circolata nella rete che un’associazione di ebrei legata alla Comunità Ebraica milanese, attraverso il suo sito www.linformale.eu, le ha chiesto, non si capisce a quale titolo, di adoperarsi per impedire la partecipazione alla prossima manifestazione del 25 Aprile, festa della Liberazione, al movimento BDS (Boicotta Disinvesti Sanziona), calunniandolo con accuse false e infamanti.

Il 25 Aprile ricorda e celebra sì la memoria della lotta contro la barbarie nazifascista, ma irradia anche un insegnamento e un monito che cammina di generazione in generazione: il dovere di opporsi ad ogni oppressione per liberare ogni popolo oppresso da chiunque ne sia l’oppressore. Per questa ragione, lo slogan più ripetuto nella manifestazione dell’antifascismo è “Ora è sempre Resistenza!”, pertanto chiunque inalberi simboli che richiamano alla libertà e all’indipendenza dei popoli, è legittimo erede dei partigiani.

Signor Sindaco, io non mi permetto di chiederle di prendere posizione sul BDS, voglio solo sottoporle un’accorata sollecitazione a non prestarsi a legittimare un uso scellerato e strumentale dall’accusa di antisemitismo o di terrorismo contro BDS. L’unico scopo di tali falsità è quello di tappare la bocca, imbavagliare il pensiero e criminalizzare una militanza sacrosanta che si batte per i diritti di un popolo oppresso, i cui territori sono occupati, colonizzati da cinquant’anni, le cui topografie esistenziali sono devastate, ai cui figli è negato il presente e il futuro, la cui gente è sottoposta a punizioni collettive e ad un autentico apartheid a causa del quale, i palestinesi subiscono un diuturno ed incessante stillicidio di vessazioni e patiscono la negazione sistematica della dignità sociale e personale.

Signor Sindaco, questa situazione tragica, violenta ed ingiusta, è denunciata con forza anche dalle voci più coraggiose della stampa e della società israeliana.

28 ottobre 2016 – Il direttore di B’Tselem, Hagai el-Ad, durante il suo discorso al Consiglio di sicurezza dell’Onu

A titolo di esempio riporto qui alcuni brani del discorso pronunciato davanti all’assemblea delle Nazioni Unite il 16 ottobre 2016 da Hagai El-Ad, direttore esecutivo del gruppo israeliano per i diritti umani Bet’Tselem: “Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché sono israeliano. Non ho un altro Paese. Non ho un’altra cittadinanza né un altro futuro. Sono nato e cresciuto qui e qui sarò sepolto: mi sta a cuore il destino di questo luogo, il destino del suo popolo e il suo destino politico, che è anche il mio. E alla luce di tutti questi legami, l’occupazione è un disastro.

[…] Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché i miei colleghi di B’Tselem ed io, dopo così tanti anni di lavoro, siamo arrivati ad una serie di conclusioni. Eccone una: la situazione non cambierà se il mondo non interviene. Sospetto che anche il nostro arrogante governo lo sappia, per cui è impegnato a seminare la paura contro un simile intervento.

[…] Non ci sono possibilità che la società israeliana, di sua spontanea volontà e senza alcun aiuto, metta fine all’incubo. Troppi meccanismi nascondono la violenza che mettiamo in atto per controllare i palestinesi.

[…] Non capisco cosa il governo voglia che facciano i palestinesi. Abbiamo dominato la loro vita per circa 50 anni, abbiamo fatto a pezzi la loro terra. Noi esercitiamo il potere militare e burocratico con grande successo e stiamo bene con noi stessi e con il mondo.

Cosa dovrebbero fare i palestinesi? Se osano fare manifestazioni, è terrorismo di massa. Se chiedono sanzioni, è terrorismo economico. Se usano mezzi legali, è terrorismo giudiziario. Se si rivolgono alle Nazioni Unite, è terrorismo diplomatico.

Risulta che qualunque cosa faccia un palestinese, a parte alzarsi la mattina e dire “Grazie, Raiss” – “Grazie, padrone” – è terrorismo. Cosa vuole il governo, una lettera di resa o che i palestinesi spariscano? Non possono sparire.”.

L’antisemitismo, signor Sindaco, è stato ed è uno dei crimini più odiosi, farne uso di vergognosa propaganda al fine di legittimare politiche di oppressione contrarie ad ogni principio del diritto internazionale è infame.

 

Proprio in occasione delle recenti polemiche, la comunità ebraica romana in una sua nota, ne ha rispolverato a pappagallo una versione inventata dal talento di Bibi Netanyahu: “L’Anpi sceglie di cancellare la Storia e far sfilare gli eredi del Gran Muftì di Gerusalemme che si alleò con Hitler con le proprie bandiere…” ( la Repubblica 20/04/2016). Ovvero, chi inalbera la bandiera palestinese, simbolo dell’identità e della dignità di un popolo oppresso, sarebbe erede del Gran Mufti di Gerusalemme del tempo della Seconda Guerra Mondiale, noto per le sue simpatie filonaziste. Questo argomento se non fosse una vigliaccata sarebbe ridicolo e patetico, tanto più se serve come scusa alle istituzioni della Comunità Ebraica romana per non partecipare alla manifestazione a cui ha pieno titolo ad esserci ma non contro l’aspirazione alla libertà e all’indipendenza del popolo palestinese.

Da ultimo, signor Sindaco, mi permetto di rivolgermi a lei a titolo personale. Se lei desse legittimità a chi vuole criminalizzare BDS, metterebbe anche su di me che ne sostengo il diritto, la libertà e la piena legittimità, lo stigma del terrorista antisemita. Mi permetto orgogliosamente di ricordarle, che sono ebreo per nascita, cittadino milanese da 68 anni, militante antifascista dall’età della ragione e che ho dedicato oltre quarant’anni a far conoscere e a celebrare i valori specifici e universali della cultura ebraica rappresentandoli in teatro, scrivendone e parlandone.

In questi ultimi anni per avere sostenuto i diritti del popolo palestinese, ho ricevuto ogni sorta di spietati insulti e maledizioni, ci ho un po’ fatto il callo, ma se, ancorché indirettamente, l’istituzione della mia città si unisse al coro, il vulnus colpirebbe non me ma i valori della tradizione antifascista e democratica della nostra Milano.

 

La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che vorrà rivolgermi

 

Moni Ovadia

9 risposte a “Lettera di Moni Ovadia al Sindaco di Milano.”

  1. Più tempo passa e più il conflitto Israele palestinese si ingarbuglia….. ma ricorda: chi perde una guerra ha perso il proprio territorio sopratutto se sei stato tu ad attaccare per primo… gli israeliani si sono difesi e hanno vinto punto i palestinesi riconoscano l’autonomia israeliana sui territori assegnati agli israeliani dal l ONU

    1. Gli israeliani si sarebbero difesi da chi?
      Sono pittosto i palestinesi che si sono difesi e hanno perso.
      Punto.
      Forse hai fatto un po’ di confusione.

    2. I palestinesi non hanno perso alcun territorio in quanto non ne hanno mai avuto se non a titolo personale. Accetto smentite naturalmente.

  2. Moni è sempre molto puntuale nei suoi interventi. Se lo ascoltassero veramente, intendo non se si limitano e leggere o sentire ma proprio ascoltare, forse non saremmo a questo punto!

    1. Se lo ascoltassero veramente sarebbe un dramma, meglio dargli il peso che merita e ignorare la sua follia. Non è esattamente questo che penso di lui ma…tengo famiglia.

  3. Intenzione lesiva senz’altro. Ma penso preterintenzionale, perchè subordinata ad una pericolosa sindrome paranoica.
    L’uomo che “per oltre quarantanni si è dedicato a far conoscere e a celebrare i valori specifici e universali della cultura ebraica rappresentandoli in teatro, scrivendone e parlandone”, ricorda orgogliosamente di essere ebreo “per nascita”
    Il delirio paranoico di un megalomane che si identifica con ” i valori della tradizione antifascista e democratica della nostra Milano” nasce da qui: dalla sconsolata ricostruzione di ” questi ultimi anni in cui per aver sostenuto i diritti del popolo palestinese ha ricevuto ogni sorta di spietati insulti e maledizioni”.
    A mio modesto parere tutte le falsità, le mezze verità (che sempre falsità sono) nascono da qui, da questa angoscia di accerchiamento da cui si può uscire solo con un energica psicanalisi.

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