L’Antisionismo non è soltanto la critica ad Israele, è anche un rifiuto del razzismo e dell’imperialismo.

Plaudiamo alla recente dichiarazione di Jewish Voice for Peace (JVP),titolata “Il nostro approccio al Sionismo”, per la sua “inequivocabile opposizione al Sionismo”. Condividiamo i valori e gli obiettivi di giustizia, uguaglianza e libertà che JVP ha delineato nella sua dichiarazione.

Eyad Kishawi-  Max Ajl-  Liliana Cordova Kaczerginski  –   29 gennaio 2019

Desideriamo tuttavia manifestare alcune nostre preoccupazioni riguardo ad alcune parti della dichiarazione di JVP, “Il nostro approccio al Sionismo“. In primo luogo, la dichiarazione ricollega il dibattito sul Sionismo al dolore e al trauma collettivo degli Ebrei. Secondo, dà credito all’idea che il Sionismo sia un’ideologia del Diciannovesimo Secolo emersa dalla società ebraica, non un’ideologia coloniale sviluppata per espandere l’imperialismo occidentale in Palestina. JVP segmenta l’ideologia sionista nelle sue tensioni culturali, religiose e politiche. Mentre si oppongono al Sionismo “politico” che ha portato all’istituzione dello Stato sionista in Palestina, non effettuano uno sforzo significativo per affrontare gli altri due aspetti, e come tale ne implicano la tacita approvazione.

Inoltre, la dichiarazione definisce “l’Anti-sionismo” come un “termine ampio che si riferisce alla critica delle attuali politiche dello Stato di Israele, e / o alla critica morale, etica o religiosa dell’idea di uno Stato-Nazione ebraico.” Ugualmente, sin dallo sciopero generale del 1936 e dalla grande rivolta palestinese contro il mandato britannico, l’anti-sionismo è stato definito come il rifiuto delle colonie ebraiche, create sulla terra palestinese attraverso l’espropriazione e l’espulsione forzata dei Palestinesi indigeni con lo scopo di creare le condizioni economiche e demografiche atte a stabilire uno Stato-nazione coloniale in Palestina. Era pertanto naturale che massacri, genocidi e infine l’apartheid, accadessero inevitabilmente dove il colonizzatore cercava di stabilire il dominio sui colonizzati.

Una rapida lettura della storia, come hanno fatto Ghassan Kanafani e altri, rivela che il Sionismo ha preceduto il XIX secolo ed è sempre stato un partner del colonialismo e dell’imperialismo occidentale. Dopo l’occupazione dell’Egitto, Napoleone marciò con oltre 30.000 soldati su Giaffa e San Giovanni d’Acri. Un rapporto francese pubblicato dopo l’attacco militare del 1799 affermava che Bonaparte voleva “restituire  agli Ebrei la loro Gerusalemme”. Concordiamo che il Sionismo ha creato uno Stato di apartheid. Ma noi andiamo oltre e affermiamo che il concetto di apartheid – la distinzione coloniale tra diverse categorie di uomini – è al centro del Sionismo. Le radici coloniali di questo movimento razzista non sono mai state segrete, né  sono state imposte in modo esogeno. Come ha scritto il biografo di Herzl, questi sapeva che sarebbe “andato più lontano di qualsiasi altro colonialista fosse mai andato in Africa” ​​e che, come nelle sue parole del 1896, “avrebbero temporaneamente alienato l’opinione civilizzata nel momento in cui avrebbero occupato la terra”. E continuava, ” Nel momento  in cui il rimodellamento dell’opinione mondiale a nostro favore sarà stato completato, noi saremo già fermamente stabiliti nel nostro Paese e non temeremo più l’influsso di stranieri e riceveremo i nostri visitatori con benevolenza aristocratica “.

Noi tuttavia leggiamo la sequenza storica in modo diverso. Il Sionismo non è semplicemente emerso come una delle tante risposte ebraiche all’antisemitismo, ma come parte integrante dell’imperialismo europeo. Ha ricevuto il sostegno britannico proprio perché  avrebbe creato un avamposto coloniale all’incrocio tra Asia e Africa e sulle rive del Mediterraneo, un mare incastonato tra i tre principali continenti. L’idea era sempre quella di  creare un accesso strategico alle coste del Mediterraneo negandolo invece ai Palestinesi, con l’eccezione del ghetto di Gaza, ed espellendoli nella Giordania creata dagli Inglesi. Questa colonia avrebbe collegato per sempre quell’avamposto, attraverso una dipendenza esistenziale, all’imperialismo. Pertanto, indipendentemente dalle intenzioni soggettive dei Sionisti non politici durante l’era della colonizzazione e dell’insediamento, questi hanno preso parte e contribuito a un più ampio progetto coloniale. Un rifiuto di tutte le forme di Sionismo, non solo politico, è quindi fondamentale per una vera solidarietà fondata sulla giustizia, sull’antirazzismo e sull’anti-imperialismo.

Concordiamo sul fatto che la creazione di Israele e del Sionismo ha portato a una gerarchia razzista tra gli Ebrei che vivono in Palestina ed è stato uno strumento ricorrente utilizzato per recidere i legami delle comunità ebraiche che vivevano  in terre arabe – dalla Tunisia all’Egitto, dallo Yemen all’Iraq. Lo consideriamo come una conseguenza naturale del progetto sionista di denigrazione dell’intero “Oriente”, delle sue culture e dei suoi modi di vita. Uno dei maggiori sostenitori dell’antisemitismo è stato il movimento sionista. Ha bombardato sinagoghe in Iraq e in Tunisia. Negli anni ’80, nel mezzo della guerra civile libanese in cui Israele e Stati Uniti erano direttamente implicati, nel quartiere ebraico l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina stava di guardia davanti alle sinagoghe libanesi, sinagoghe che vennero poi distrutte dalle bombe sioniste per  assicurarsi che gli Ebrei non avessero rifugi sicuri nei loro Paesi natii e al di fuori della Palestina. E come descrisse dettagliatamente Hannah Arendt, durante la seconda guerra mondiale i Sionisti si allearono con i leader nazisti e cospirarono contro i capi della resistenza ebraica a Varsavia per garantire la completa rottura della continuità ebraica in Europa e al di fuori della Palestina.

L’Anti-sionismo, quindi, è una politica fondata sul rifiuto delle relazioni di oppressione coloniali in Palestina, e per estensione rifiuta la persistente esistenza di uno Stato di Ebrei europei in Palestina. È una presa di posizione che non riconosce il diritto delle persone provenienti dall’Europa di invadere e di prendere possesso di quelle terre e di istituire una gerarchia di popoli al loro interno. L’ Antisionismo non è solo una critica alle attuali politiche israeliane o addirittura all’idea di uno Stato-nazione ebraico. È un rifiuto di uno Stato imperialista e razzista, uno Stato di colonizzatori coloniali.

Il Sionismo non si limita all’espropriazione e all’occupazione palestinese. Il Sionismo ha compiuto numerosi e continui attacchi contro gli Stati arabi sia vicini che lontani, dall’Egitto, alla Siria, al Libano e alla Tunisia, comprese le occupazioni decennali della Regione Levantina e gli estesi attacchi al Libano. Ha contribuito ad eliminare la leadership radicale araba, tra cui il militante marxista marocchino Mehdi Ben Barka, George Hawi e Mustafa Ali Zibri. Ha fornito armi e addestramento a regimi di destra, fascisti, anticomunisti, razzisti e antisemiti, dal Sud Africa dell’apartheid alle dittature dell’America del Sud e dell’America Centrale negli anni ’70 e ’80, alle continue e massicce vendite di armi al governo di destra indiano alleato degli Stati Uniti,  oltre che ingraziarsi il regime criptofascista di Bolsonaro in Brasile. In Guatemala ha inoltre collaborato con la giunta militare nel perseguire un genocidio che ha provocato la morte di 200.000 persone, per lo più indigeni Maya. I Sionisti hanno aiutato e addestrato la forza e le falangi libanesi, l’Esercito del Libano Meridionale e le fazioni di Al Qaida, e si è persino coordinato direttamente con lo Stato islamico. In questo, Israele ha portato a termine un’agenda a cui è stato fedele fin dalla sua fondazione: trasformarsi nella punta di lancia dell’imperialismo  nel Terzo Mondo, combattendo e ostacolando le sue lotte di liberazione nazionali e sociali. Consideriamo questi fatti altamente rilevanti nel costituire una politica anti-sionista, che storicamente è stata inseparabile da una più ampia posizione internazionalista e anticoloniale che respinge l’influenza imperialista dell’Europa e degli Usa negli affari dei Paesi del Terzo mondo.

Naturalmente, riconosciamo e applaudiamo gli sforzi di JVP di unirsi finalmente ai ranghi del movimento antisionista dopo molti anni di incoerenza con la quale ha contribuito a rafforzare il progetto coloniale sionista nascosto sotto la maschera del “sionismo liberale”. Tuttavia, la chiarezza storica e ideologica è importante . L’Antisionismo è una politica internazionalista, alla quale i nostri predecessori, Palestinesi ed Ebrei, hanno dato importanti contributi. Sosteniamo questa eredità e abbracciamo calorosamente questo importante passo dI Jewish Voice for Peace nello sviluppo di un’analisi sempre più profonda del Sionismo come parte di una lotta comune per liberare la regione da Israele e da tutte le conseguenze reazionarie del progetto sionista. Pertanto, desideriamo  sollecitare ancora di più il nostro alleato, affinché JVP possa comprendere l’Antisionismo per quello che è, un’ideologia liberazionista fondata sull’antimperialismo e sull’antirazzismo. Questa visione dell’Anti-sionismo ha una sola conclusione logica, un totale rifiuto di tutte le forme di Sionismo e l’abbraccio della vera decolonizzazione.

Eyad Kishawi, attivista palestinese e membro di Al-Awda

Max Ajl, Tunisi-Tunisia – attivista della Rete Internazionale Antisionista Ebraica ed editore di Jadaliyya e Viewpoint. Seguilo su Twitter: @maxajl.

Liliana Cordova-Kaczerginski, Madrid, Spagna- ex attivista di Matzpen. Nata in Argentina, ha vissuto in Israele / Palestina per 14 anni a partire dal 1969. Attualmente vive a Madrid, in Spagna.

 

Trad Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”- Invictapalestina.org

Fonte: https://mondoweiss.net/2019/01/rejection-imperialism-criticism/?fbclid=IwAR2q7DXudoN6D76THUexlTMutp9Mx6Fgix5pZQ7YfbCsXNV_rrDaEhHbR9k

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