RASHID KHALIDI: passato e futuro della Palestina

Copertina: Ismail Raghib Khalidi (padre) al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 1967

Di William Parry – 18 Marzo 2020

I termini “secolo” e “cent’anni”, spesso intercambiabili, condividevano una strana coincidenza il 28 gennaio, quando l’eminente accademico palestinese-americano Rashid Khalidi pubblicò il suo ultimo libro, La guerra dei cent’anni contro la  Palestina: una storia di Colonialismo e resistenza, 1917–2017. Mentre veniva distribuito nelle librerie, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha svelato il suo piano di pace per il Medio Oriente soprannominato “l’affare del secolo”. Sebbene entrambi siano incentrati sulla stessa questione Palestina-Israele, anni luce, non secoli, li separano.

Khalidi mi disse al telefono che aveva scelto il titolo alludendo alla Guerra dei Cent’anni tra Inghilterra e Francia (1337-1453) perché credeva avrebbe attratto il pubblico occidentale. “Avevo letto molto sulla Guerra dei Cent’anni e sono rimasto colpito dal fatto che in Palestina si combatta da oltre 100 anni”, ha spiegato. “La guerra tra le corone di Inghilterra e Francia è andata avanti per 117 anni, quindi non l’abbiamo ancora eguagliata, ma quasi. Ho pensato che avrebbe messo tutti d’accordo.”

Usando la frase “contro la Palestina”, Khalidi cerca di spostare il fulcro della narrativa predominante da quello di un tragico e intrattabile conflitto tra due popoli che combattono su terre “contese” a un’altro “molto più reale”. “Volevo scioccare il lettore. Sapevo che avrebbe deluso alcune persone, ma non credo che si possano addolcire certe questioni. Non è solo il modo in cui i palestinesi lo vedono, penso che sia effettivamente così: è una guerra contro una popolazione autoctona da parte di una coalizione straordinariamente potente, guidata dal più grande potere dell’epoca a sostegno del movimento sionista e, in seguito, lo stato di Israele. È come la guerra contro le popolazioni indigene del Nord America o la guerra contro gli algerini da parte dei coloni francesi e così via”.

Palestinian-American academic Professor Rashid Khalidi, 17 March 2020

Il prof. Khalidi vede il suo ottavo libro sulla storia moderna del Medio Oriente come l’ultimo di una vasta e crescente molteplicità di voci, di figure accademiche, culturali, giuridiche e politiche, che collettivamente, seppur incrementalmente, stanno plasmando una narrazione palestinese emergente che sta guadagnando terreno.

Uno dei motivi per cui questo è stato lento ad emergere, ha detto, è che “la narrativa sionista è stata pubblicata da persone che erano originarie dei paesi da cui provenivano”. Erano sionisti austriaci e tedeschi che comunicavano ai sionisti in tedesco, in francese ai sionisti francesi, americani e britannici in inglese e così via. “La narrazione è stata messa a disposizione delle persone nella loro lingua, nel loro linguaggio e nel contesto della loro cultura nazionale da uomini e donne loro connazionali.”

Ha aggiunto che la narrazione del sionismo è stata aiutata anche dalla sua narrazione biblica, che era intimamente familiare a questo pubblico occidentale, inoltre il sionismo è riuscito ad allearsi con “i grandi poteri coloniali” dell’epoca. “Hanno avuto un innato vantaggio con lo stabilirsi in vari paesi in quanto erano in sintonia con gli obiettivi sionisti e/o con il sostegno di tali obiettivi, specialmente nel caso della Gran Bretagna e in seguito degli Stati Uniti”.I palestinesi non hanno mai avuto questa opportunità fino a poco tempo fa e quindi hanno iniziato con un enorme svantaggio, ha aggiunto Khalidi. Ma ci sono stati cambiamenti critici in quel contesto che fanno ben sperare.

“Negli ultimi due o tre decenni ho visto un cambiamento nella scrittura accademica, in particolare in Medio Oriente e Palestina. C’è stato un enorme cambiamento nei campus universitari in termini di volontà di ascoltare un’interpretazione alternativa delle cose e di essere in qualche modo critici rispetto alle versioni precedenti. In alcuni altri settori delle società americane ed europee penso che, nonostante l’enorme contraccolpo, oggi ci sia una ricettività che in realtà non c’era più di un decennio fa in quei vasti settori della popolazione”.

Il libro di Khalidi si conclude con riflessioni sul presente, le opportunità e le sfide future per continuare a riformulare la narrazione. È graffiante con le fazioni palestinesi rivali, Fatah e Hamas, che descrive come due “movimenti politici ideologicamente falliti” i cui sforzi “non sono arrivati ​​a nulla”. La riconciliazione aiuterà, a suo avviso, ma mancano della “nuova strategia dinamica necessaria per rimuovere la causa palestinese dal suo attuale stato di stagnazione e recessione”.

Il suo capitolo conclusivo non menziona il ruolo che potrebbero svolgere i cittadini palestinesi di Israele negli sforzi futuri. Sente che hanno qualcosa da dare?

“Possono insegnare moltissimo agli altri palestinesi su come affrontare il sionismo, Israele, lo stato di sicurezza di Israele e i loro metodi. Hanno di gran lunga la più sofisticata comprensione di tutte queste cose perché ne hanno la più lunga esperienza, parlano ebraico e sono israeliani allo stesso tempo in cui sono palestinesi. Col passare del tempo parte dell’isolamento che è sorto tra i palestinesi in Cisgiordania e la Striscia di Gaza da un lato e i palestinesi all’interno di Israele dall’altro diminuiranno, e abbiamo molto da imparare da quest’ultimi”.

Ismail Raghib Khalidi nel 1949
Trova anche ispirazione e leadership da elementi di iniziative della società civile. L’ascesa della campagna globale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele, che è stata avviata dalla società civile palestinese e ora è supportata da gruppi internazionali di difesa dei diritti umani, gruppi ecclesiali e sindacati, tra gli altri, ha fatto di più per promuovere i palestinesi che i due principali partiti politici in Cisgiordania e Gaza, mi ha detto.

Consapevole dell’impatto che il BDS potrebbe avere e del suo ruolo nel riformulare la narrativa palestinese, il governo israeliano ha investito decine di milioni di dollari nella sua lotta per contrastarlo a livello globale, principalmente attraverso il Ministero degli affari strategici di recente creazione. Le accuse di antisemitismo sono una tattica sempre più comune che si rivolge a BDS e ai suoi sostenitori.

Khalidi crede che queste imputazioni stiano avendo un impatto, basta guardare alle accuse inarrestabili e alla caccia alle streghe che il Partito laburista britannico subisce da diversi anni, o l’attuale campagna di leadership democratica di Bernie Sanders negli Stati Uniti, ma, ha insistito, è destinato a fallire.

“Sono pensate per avere un effetto intimidatorio. Avranno successo? Una cosa che abbiamo negli Stati Uniti che non c’è in Europa è il primo emendamento. In definitiva, qualsiasi legge approvata per reprimere i boicottaggi o il movimento BDS sarà considerata una violazione del Primo Emendamento, il diritto dei cittadini alla libertà di parola. Falliranno. II boicottaggio è una forma rispettata di resistenza all’oppressione da quando è stato adottato dai contadini irlandesi; poi dagli indiani, i sudafricani, il movimento per i diritti civili americano e ora lo hanno scelto i palestinesi.

È americano quanto la torta di mele. Non puoi renderlo illegale.”

Sebbene possano sostenere che il BDS sia “antisemita”, dovremmo ribaltare l’argomento. “Ciò che i contadini irlandesi fecero scegliendo il  Boicottaggio è in qualche modo discriminazione razziale? Certo che no; era resistenza contro l’oppressione. Dimostra che l’isterico logoramento del termine antisemitismo per descrivere qualsiasi critica di Israele o del sionismo, o qualsiasi difesa dei diritti dei palestinesi, penso che è così palesemente ridicolo che il tribunale finirà per essere deriso  prima o poi da tutti.

Khalidi tocca l’idea di una soluzione a uno o due stati nelle pagine finali del suo libro, ma ha affermato di essere indifferente riguardo alla forma che alla fine assumerà. Quella realtà è molto lontana, ha insistito, ed è una distrazione per il messaggio più urgente che è richiesto in questo momento.

“Dovremmo pensare: come possiamo transitare da dove siamo, da questo status quo di uno Stato a una situazione equa di Stato unico o a uno Stato o due o più Stati equi o qualunque cosa? Non accadrà molto presto e il disperdersi nei dettagli ci distrae dai principi: deve essere [basato su] assoluta uguaglianza. Avete schiacciato quel focolare in un paese che si basa sull’idea che tutti gli uomini sono creati uguali, o un paese che dice che la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza sono la base della repubblica e avete un argomento che è incontrovertibile. [Ciò che esiste] è ineguale e discriminatorio – non si deve usare un termine come “apartheid” anche se a mio avviso la situazione è peggio dell’apartheid – e questo è un ideale che implica uguaglianza. Questa dovrebbe essere la cosa da sottolineare.”

 

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam