Il Ministero dell’Educazione si schiera contro la mescolanza di rifugiati e bambini israeliani nelle scuole

Il parere, emesso a seguito di un ricorso dei richiedenti asilo contro la municipalità di Tel Aviv, sostiene che l’integrazione “danneggerà le radici culturali e familiari degli studenti”

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Bar Peleg   Shira Kadari-Ovadia

Secondo un parere emesso dal principale consulente politico del ministero e riportato da Haaretz , il ministero dell’Istruzione si oppone all’integrazione dei figli dei richiedenti asilo con i bambini israeliani nelle scuole elementari e negli asili nido.

Secondo il parere, “Tale integrazione può danneggiare le radici culturali e familiari degli studenti e creare un’unificazione delle culture in un modo che cancellerebbe e offuscherebbe l’identità e la comunità da cui provengono”.

Il parere, scritto da Inbar Bobrovsky e dalla dott.ssa Odette Sela dirigente dell’ufficio scientifico  del ministero, è stato emesso in risposta a un appello dei richiedenti asilo contro il comune di Tel Aviv e il ministero dell’Istruzione per fermare la politica di discriminazione dei bambini dei richiedenti asilo dai bambini israeliani nel sistema scolastico cittadino.

Tale integrazione, afferma il parere, pone “una questione complessa che riguarda delicate questioni culturali di stabilità e fiducia dei bambini piccoli”. Inoltre, affermano gli autori, l’integrazione dei bambini nelle scuole della città può aumentare i divari tra i bambini. “La concessione di pari opportunità che si basa esclusivamente sull’integrazione di popolazioni diverse nelle stesse scuole non riesce”, afferma il documento.

Al contrario, il dottor Yariv Feniger, che studia politica educativa e disuguaglianza all’Università Ben-Gurion, afferma che il ministero dell’Istruzione non ha alcuna autorità per affrontare la questione dell’inserimento dei bambini nelle scuole. L’affermazione che i genitori avranno difficoltà se i bambini vengono collocati in scuole lontane può essere corretta in alcuni casi, afferma Feniger, ma non si basa su ricerche e dovrebbe spettare solo ai genitori.

Feniger ha riferito ad Haaretz: “Così come ci sono bambini nel nord di Tel Aviv che studiano alla Nature School nella parte meridionale della città, dipende dai genitori. Perché il caso dei bambini dalla pelle scura dovrebbe essere diverso?”. “È diritto del ministero e della città non finanziare gli autobus per le scuole lontane, ma gli argomenti nel documento d’opinione sono vaghi. E si può fare anche l’affermazione opposta”.

Il ministero dell’Istruzione si è inoltre dichiarato contrario a un’intesa tra i ricorrenti e il comune in base alla quale circa 90 figli dei ricorrenti, dal primo al terzo anno, possono iscriversi al di fuori delle loro zone di registrazione, è stato appurato che conseguenza sarà necessario portare i bambini a scuola in autobus dalle loro case nel sud di Tel Aviv e a questo il ministero si  pone un veto al finanziamento degli autobus. Domenica si terrà un’udienza tra il comune e il ministero dell’Istruzione presso il tribunale distrettuale di Tel Aviv su questo argomento.

  • Tel Aviv ha affermato che non stava segregando i bambini stranieri a scuola. Questo documento dimostra il contrario.
  • Nelle scuole di Tel Aviv il ministro dell’Interno spinge per la separazione dei figli dei richiedenti asilo dagli israeliani.
  • Questi ragazzi sono pronti per la scuola, ma i genitori delle scuole di Tel Aviv Sud non li vogliono.

Secondo Bobrovsky e Sela, l’accordo da discutere in tribunale danneggerà i figli dei richiedenti asilo, in particolare quelli che necessitano di  maggiore attenzione. Quei bambini non sarebbero autonomi dopo la scuola poiché fanno affidamento sugli scuolabus per riportarli a casa alla fine della normale giornata scolastica.

Il ministero afferma anche che iscrivere i bambini in scuole lontane renderà difficile per i loro genitori essere coinvolti nella comunità scolastica e che i bambini avranno anche problemi a connettersi con i compagni di classe dopo la scuola perché verranno portati a casa in autobus.

Il ministero sostiene che tale integrazione potrebbe significare che i figli dei richiedenti asilo non sentiranno “un senso di appartenenza alla comunità da cui provengono perché saranno divisi in tutta la città e non conosceranno i bambini con cui vivono nella loro Comunità.”

Bobrovsky e Sela sottolineano anche le difficoltà che, secondo loro, le scuole incontreranno nell’integrare i figli dei ricorrenti: “Le scuole avranno bisogno di molte ore di tutoraggio privato extra per questi studenti. Inoltre, dovranno formare gli insegnanti ad affrontare l’eterogeneità in classe e le complesse problematiche che solleva, dai divari scolastici ai complessi problemi socio-emotivi”.

Gli avvocati Haran Reichman e Tal Hassin della Law and Educational Policy Clinic dell’Università di Haifa e dell’Association for Civil Rights in Israel, che hanno presentato l’appello insieme al gruppo di aiuto per rifugiati e richiedenti asilo Assaf e alla Biblioteca Levinsky, hanno affermato: “È difficile credere che il ministero dell’Istruzione ha emanato un documento così distaccato che ignora molti studi che dimostrano l’importanza dell’integrazione in generale e per quanto riguarda i richiedenti asilo in particolare”.

Secondo Reichamn e Hassin, “Gli autori hanno ragione su una cosa: l’integrazione da sola non è sufficiente. Gli insegnanti devono essere formati, devono essere sviluppati programmi adeguati e  assegnate risorse per realizzare la loro integrazione con successo. Questo è realmente l’obbligo  che ha il Ministero dell’Istruzione e lo avrebbe già dovuto fare”.

 

Trad. Invictapalestina.org