Capita: si chiama censura

Immagine copertina: Uno dei 12 Display luminosi esposti a Torino nei pressi di Porta Susa dal 21 dicembre 2022 con contratto AVIP G-025994 e sospeso il 26 dicembre dopo le pressioni politiche esercitate sul concessionario degli spazi pubblicitari.

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Pubblicazioni dopo la censura

Roma 1 gennaio 2023 – Rossella Ahmad

 

 

Dedicato a quanti più o meno consapevolmente appoggiano la pulizia etnica di un popolo, a quanti potrebbero fare ma si girano dall’altra parte di fronte a centinaia di donne, uomini e bambini uccisi. Dedicato a quanti governano in nome di un popolo che chiede giustizia ma si impegnano solo a mantenere il loro potere politico subalterno. Dedicato a quanti cantano Bella ciao durante le convention e la canzone del maggio di Fabrizio de André quando si cimentano per dare lezioni di moralismo.

 

Capita che vi sia gente che ritiene che ciò che stia accadendo in Palestina sia qualcosa che vada denunciata.

Capita che vengano riprese le parole di pubblica denuncia di Amnesty International e vengano riportate in pannelli luminosi da sottoporre all’attenzione di un pubblico ignaro, volutamente tenuto all’oscuro sulla realtà di violenza, sopraffazione ed apartheid che da settant’anni sconvolge quella piccola striscia di terra incastonata tra il mare ed il deserto.

Capita che gli attivisti per la Palestina autofinanzino l’esposizione dei cartelloni nelle principali città italiane, dopo averne ottenuto le debite autorizzazioni: Contratto AVIP G-025994 per Torino e G-026502 per Milano per complessivi 3500 euro +IVA.

E capita anche che, all’improvviso, quei permessi vengano ritirati e la campagna di sensibilizzazione di fatto sospesa a Torino dopo 6 giorni e annullata a Milano prima ancora dell’attivazione.

Si chiama censura. Attuata per lo più dai “progressisti per tutti tranne che per la Palestina”, disposti a lottare per i diritti di chiunque tranne che per la sistematica violazione dei diritti umani, compreso quello alla vita, in Palestina.

Per la seconda volta, dopo Firenze, affissioni realizzate da gruppi solidali con la popolazione palestinese che denunciano il sistema di apartheid israeliano, come fatto da Amnesty International in un rapporto del febbraio 2022, vengono contestate o censurate, unitamente a espressioni di condanna e sconcerto per l’uso di tale termine del diritto internazionale, come se s’ignorasse che proprio in Israele di ciò si parla e da anni.

[Tina Marinari – responsabile nazionale campagne Amnesty International – Italia]

Questa cosa capita anche più spesso delle altre, e capita soprattutto nel nostro paese.

Perchè? Da parte di chi?

In quali forme si esplica quel sistema di vessazioni e ricatti che rende di fatto impossibile un discorso serio e veritiero su ciò che accade da settant’anni in Palestina, sicchè al pubblico viene sistematicamente impedito di conoscere la realtà sul terreno?

Tutto ciò, si badi, a fronte di un movimento internazionale di boicottaggio delle istituzioni israeliane partito proprio dal mondo accademico e culturale internazionale, che ritiene Israele colpevole di aver instaurato in Palestina un vero e proprio regime di segregazione razziale e apartheid, in cui nessuno dei diritti universalmente sanciti viene riconosciuto alla popolazione autoctona.

 

“Possiamo impedire di leggere: ma nel decreto che proibisce la lettura si leggerà pur qualcosa della verità che non vorremmo venisse mai letta”
Italo Calvino

Il video prodotto da Amnesty

 

Dicono di noi:

Durante il lancio della campagna

 

Dopo la censura