Il Genocidio è quasi completo. Quando sarà concluso, non solo avrà decimato i palestinesi, ma avrà anche messo a nudo il fallimento morale della civiltà occidentale.
Fonte: English version
Di Chris Hedges – 9 giugno 2025
Immagine di copertina: Membri di una società di sicurezza privata statunitense, incaricata dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), guidano gli sfollati palestinesi mentre si riuniscono per ricevere aiuti umanitari in un centro di distribuzione nella Striscia di Gaza centrale, l’8 giugno 2025, mentre le truppe israeliane lanciano fumogeni. (Foto di Eyad tramite Getty Images)
Questa è la fine. L’ultimo capitolo intriso di sangue del Genocidio. Finirà presto. Settimane. Al massimo. Due milioni di persone sono accampate tra le macerie o all’aperto. Decine di persone vengono uccise e ferite ogni giorno da proiettili, missili, droni, bombe e proiettili israeliani. Mancano di acqua pulita, medicine e cibo. Sono giunti al collasso. Malati. Feriti. Terrorizzati. Umiliati. Abbandonati. Indigenti. Affamati. Senza speranza.
Nelle ultime pagine di questa storia dell’orrore, Israele sta sadicamente adescando i palestinesi affamati con promesse di cibo, attirandoli verso la stretta e congestionata striscia di terra di quindici chilometri che confina con l’Egitto. Israele e la sua cinicamente chiamata Fondazione Umanitaria per Gaza, presumibilmente finanziata dal Ministero della Difesa israeliano e dal Mossad, stanno trasformando la fame in un’arma. Stanno attirando i palestinesi nel Sud di Gaza come i Nazisti convinsero gli ebrei affamati del Ghetto di Varsavia a salire sui treni diretti ai Campi di Sterminio. L’obiettivo non è sfamare i palestinesi. Nessuno sostiene seriamente che ci siano sufficienti centri di cibo o aiuti umanitari. L’obiettivo è stipare i palestinesi in complessi pesantemente sorvegliati e deportarli.
Cosa succederà ora? Ho smesso da tempo di fare previsioni. Il destino ha un modo tutto suo di sorprenderci. Ma ci sarà un’esplosione umanitaria definitiva nel Mattatoio Umano di Gaza. Lo vediamo con la crescente folla di palestinesi che lotta per ottenere un pacco di cibo, che ha portato alla morte di almeno 130 persone e al ferimento di oltre 700 da parte di appaltatori privati israeliani e statunitensi nei primi otto giorni di distribuzione degli aiuti. Lo vediamo con Benjamin Netanyahu che arma le bande legate all’ISIS a Gaza che saccheggiano le scorte alimentari. Israele, che ha eliminato centinaia di dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Impiego dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), medici, giornalisti, funzionari pubblici e poliziotti in omicidi mirati, ha orchestrato l’implosione della società civile.
Sospetto che Israele faciliterà una breccia nella barriera lungo il confine egiziano. Palestinesi disperati si riverseranno nel Sinai egiziano. Forse finirà in un altro modo. Ma finirà presto. Non c’è molto altro che i palestinesi possano sopportare.
Noi, partecipanti a pieno titolo a questo Genocidio, avremo raggiunto il nostro folle obiettivo di svuotare Gaza ed espandere il Grande Israele. Caleremo il sipario sul Genocidio trasmesso in diretta. Ci saremo fatti beffe degli onnipresenti programmi universitari di studi sull’Olocausto, concepiti, a quanto pare, non per prepararci a porre fine ai Genocidi, ma per deificare Israele come una vittima eterna autorizzata a compiere Massacri di Massa. Il mantra del “Mai Più” è una barzelletta. L’idea che quando abbiamo la capacità di fermare un Genocidio e non ci riusciamo, siamo colpevoli, non ci riguarda. Il Genocidio è una politica pubblica. Approvata e sostenuta dai nostri due partiti al potere.
Non c’è più niente da dire. Forse è proprio questo il punto. Lasciarci senza parole. Chi non si sente paralizzato? E forse anche questo è il punto. Paralizzarci. Chi non è traumatizzato? E forse anche questo era pianificato. Nulla di ciò che facciamo, a quanto pare, può fermare le Uccisioni. Ci sentiamo indifesi. Ci sentiamo impotenti. Genocidio come spettacolo.
Ho smesso di guardare le immagini. Le file di piccoli corpi avvolti in sudari. Gli uomini e le donne decapitati. Le famiglie bruciate vive nelle loro tende. I bambini che hanno perso arti o sono paralizzati. Le maschere mortuarie gessose di coloro che sono stati tirati fuori dalle macerie. I lamenti di dolore. I volti scarni. Non posso.
Questo Genocidio ci perseguiterà. Risuonerà nella storia con la forza di uno tsunami. Ci dividerà per sempre. Non si può tornare indietro.
E come ricorderemo? Non ricordando.
Una volta finita, tutti coloro che l’hanno sostenuta, tutti coloro che l’hanno ignorata, tutti coloro che non hanno fatto nulla, riscriveranno la storia, inclusa la loro storia personale. Era difficile trovare qualcuno che ammettesse di essere un Nazista nella Germania del dopoguerra, o un membro del Ku Klux Klan una volta terminata la Segregazione Razziale negli Stati Uniti del Sud. Una nazione di innocenti. Persino di vittime. Sarà lo stesso. Ci piace pensare che avremmo salvato Anna Frank. La verità è diversa. La verità è che, paralizzati dalla paura, quasi tutti noi salveremo solo noi stessi, anche a spese degli altri. Ma questa è una verità difficile da affrontare. Questa è la vera lezione dell’Olocausto. Meglio che venga cancellata.
Nel suo libro “Un Giorno, Tutti Saranno Sempre Stati Contrari a Questo”, Omar El Akkad scrive:
Se un drone dovesse vaporizzare un’anima senza nome dall’altra parte del pianeta, chi di noi vorrebbe esporsi? E se si scoprisse che erano terroristi? E se l’accusa di base si rivelasse vera e, implicitamente, venissimo etichettati come simpatizzanti del terrorismo, ostracizzati, insultati? In genere, le persone sono motivate con più zelo dalla peggiore delle cose plausibili che possa capitare loro. Per alcuni, la peggiore delle cose plausibili potrebbe essere la fine della propria discendenza in un attacco missilistico. Intere vite ridotte in macerie, il tutto giustificato preventivamente in nome della lotta contro terroristi che sono automaticamente terroristi, perché sono stati uccisi. Per altri, la peggiore delle cose plausibili è essere insultati.
Non si può decimare un popolo, effettuare bombardamenti a tappeto per 20 mesi per Cancellare le loro case, i loro villaggi e le loro città, Massacrare decine di migliaia di innocenti, organizzare un assedio per ridurli alla fame, cacciarli dalla terra dove hanno vissuto per secoli senza aspettarsi conseguenze. Il Genocidio finirà. La risposta al Regno del Terrore di Stato inizierà. Se pensate che non accadrà, non sapete nulla della natura umana o della storia. L’uccisione di due diplomatici israeliani a Washington e l’attacco contro i sostenitori di Israele durante una protesta a Boulder, in Colorado, sono solo l’inizio.
Chaim Engel, che partecipò alla rivolta nel Campo di Sterminio Nazista di Sobibor, in Polonia, descrisse come, armato di coltello, attaccò una guardia del campo.
“Non è una decisione”, spiegò Engel anni dopo. “Reagisci e basta, reagisci istintivamente, e io ho pensato: ‘Lasciateci fare, andiamo e facciamolo’. E ci sono andato. Sono andato con l’uomo in ufficio e abbiamo ucciso questo tedesco. A ogni colpo, dicevo: ‘Questo è per mio padre, per mia madre, per tutte queste persone, per tutti gli ebrei che avete ucciso'”.
Qualcuno si aspetta che i palestinesi si comportino diversamente? Come dovrebbero reagire quando l’Europa e gli Stati Uniti, che si elevano ad avanguardia della civiltà, hanno sostenuto un Genocidio che ha Massacrato i loro genitori, i loro figli, le loro comunità, Occupato le loro terre e ridotto in macerie le loro città e case? Come possono non odiare coloro che hanno fatto loro questo?
Quale messaggio ha trasmesso questo Genocidio non solo ai palestinesi, ma a tutto il Sud del mondo?
È inequivocabile. Voi non contate. Il Diritto Umanitario non si applica a voi. Non ci importa delle vostre sofferenze, dell’assassinio dei vostri figli. Siete parassiti. Non valete nulla. Meritate di essere Uccisi, Affamati ed Espropriati. Dovreste essere Cancellati dalla faccia della terra.
“Per preservare i valori del mondo civile, è necessario incendiare una biblioteca”, scrive El Akkad:
Fare saltare in aria una moschea. Incenerire ulivi. Vestirsi con la lingerie di donne fuggite e poi fotografarle. Radere al suolo le università. Saccheggiare gioielli, opere d’arte, derrate alimentari. Banche. Arrestare bambini che raccolgono verdure. Sparare a bambini che tirano pietre. Far sfilare i prigionieri in mutande. Rompere i denti a un uomo e infilargli uno scopino in bocca. Scatenare cani da combattimento contro un uomo con sindrome di Down e poi lasciarlo morire. Altrimenti, il mondo incivile potrebbe vincere.
Ci sono persone che conosco da anni e con cui non parlerò mai più. Sanno cosa sta succedendo. Chi non lo sa? Non rischieranno di inimicarsi i colleghi, di essere diffamati come antisemiti, di mettere a repentaglio la loro posizione, di essere rimproverati o di perdere il lavoro. Non rischiano la morte, come fanno i palestinesi. Rischiano di macchiare i patetici monumenti di status e ricchezza che hanno dedicato la vita a costruire. Idoli. Si inchinano davanti a questi idoli. Adorano questi idoli. Ne sono schiavi.
Ai piedi di questi idoli giacciono decine di migliaia di palestinesi assassinati.
Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell’Ufficio per il Medio Oriente e dell’Ufficio balcanico per il giornale. In precedenza ha lavorato all’estero per The Dallas Morning News, The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore dello spettacolo RT America nominato agli Emmy Award On Contact.
Traduzione a cura di: Beniamino Rocchetto
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