I gazawi guidano una rivolta popolare contro Israele

“Penso che possiamo vivere insieme”, ha detto Abu Artema. “Abbiamo i semi per vivere insieme, ma senza occupazione, senza apartheid, con uguaglianza, con diritti umani, in uno stato democratico”.

Ian Lee e Salma Abdelaziz – 16 maggio 2018

 

“Ho guardato gli uccelli nel cielo volare di qua e di là tra gli alberi, sui due lati del recinto di filo spinato, senza essere fermati. Cosa c’è di più semplice di così? Gli uccelli decidono di volare e volano.”

Su un margine della strada che sovrasta il confine tra Gaza e Israele, Ahmad Abu Artema legge una poesia che ha scritto e adottato per ispirare una rivolta popolare. “Perché complichiamo le cose semplici?” legge Abu Artema.

Un crepitio di spari israeliani in lontananza scandisce i suoi versi. “Non è diritto delle persone muoversi liberamente come desiderano, come gli uccelli?” Il trentatreenne scrittore, attivista e sedicente sognatore ha mobilitato decine di migliaia di abitanti di Gaza con un’idea semplice per questa regione: resistenza non violenta.

 

FOTO – Il leader della protesta Ahmad Abu Artema legge poesie vicino alla barriera di Gaza.

“Rifiuto completamente il principio secondo cui muri e recinzioni dovrebbero separare le persone l’una dall’altra, credo che persone di culture e background diversi debbano vivere insieme pacificamente, senza confini”, ha affermato.

Abu Artema è l’organizzatore del movimento della “Grande Marcia del Ritorno”, il cui obiettivo dichiarato è quello di mettere in luce il diritto palestinese di tornare alle case e ai villaggi persi dai loro antenati nella guerra arabo-israeliana del 1948-49. Ogni venerdì dal 30 marzo, i palestinesi si sono ammassati alla barriera di confine di Gaza per manifestare. Almeno 100 sono morti durante le proteste, secondo un calcolo della CNN che si basa sulle cifre del ministero della Sanità palestinese.

Decine di palestinesi sono stati uccisi a Gaza lunedì durante le proteste indette per contestare l’inaugurazione ufficiale della nuova Ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme.

La decisione del presidente Donald Trump di trasferire l’ambasciata da Tel Aviv nella città contestata ha capovolto decenni di politica estera degli Stati Uniti nella regione, esasperando i palestinesi e molti paesi arabi.

Hamas, il gruppo militante che controlla Gaza e altre fazioni islamiste hanno sostenuto il movimento. Il leader di Hamas, Yahya al-Sinwar, ha parlato durante una delle proteste applaudendo i manifestanti che hanno affrontato “il nemico che ci assedia”.

Abu Artema dice di non avere affiliazioni politiche e nega che il movimento abbia legami con Hamas, un gruppo considerato organizzazione terroristica da Israele, Stati Uniti e Unione Europea.

Israele insiste che questo movimento di protesta è orchestrato da Hamas. Ha descritto gli attacchi alla recinzione come terrorismo e dice che i bambini vengono deliberatamente messi in situazioni di pericolo.

“Le proteste sono ideate per provocare la distruzione di Israele”, ha detto alla CNN Michael Oren, un ex ambasciatore israeliano negli Stati Uniti. “Sono ideate per sfondare la barriera e uccidere gli israeliani e noi siamo andati avanti tenendo in considerazione questo presupposto. I nostri soldati l’hanno impedito, quindi è un successo.”

La marcia settimanale verso il confine culmina martedì – il Giorno della Nakba palestinese, o “Giorno della Catastrofe”, che commemora gli oltre 700.000 palestinesi che furono espulsi o fuggirono dalle loro case durante la creazione di Israele. Migliaia dovrebbero partecipare alla manifestazione di martedì.

“Ho sempre creduto nella non violenza, e sono felice di vedere questo cambiamento, di vedere la gente a Gaza accettarlo più di prima”, ha detto Abu Artema. “Molti qui ora credono che i loro obiettivi possano realizzarsi in questo modo più che con la resistenza violenta”, aggiunge.

Un blocco aereo, terrestre e marittimo di oltre un decennio imposto da Israele e dall’Egitto ha deteriorato i servizi di base, ha contribuito all’elevata disoccupazione e ha posto enormi restrizioni alla libertà dei gazawi per lasciare la piccola enclave costiera.

Israele dice che il blocco è necessario per fare pressione su Hamas perchè fermi gli attacchi missilistici verso Israele.

 

FOTO – Un dimostrante usa una racchetta per respingere una bomboletta di gas lacrimogeno sparata dalle truppe israeliane durante gli scontri alla barriera di Gaza venerdì 11 maggio.

Le Nazioni Unite hanno affermato che la stretta fascia costiera sarà “invivibile” entro il 2020 se le condizioni continueranno a peggiorare al ritmo attuale.

“Le nostre difficoltà hanno indotto questo urlo alla vita. La Marcia del Ritorno è un urlo alla vita per poter lasciare le mura della nostra prigione”, ha detto Abu Artema. “Perché dovremmo morire qui in silenzio? Vogliamo che il nostro messaggio raggiunga il mondo, vogliamo dire al mondo ‘qui c’è un popolo, un popolo che cerca una vita di dignità, diritti umani e libertà”.

Il 30 marzo, Abu Artema ha visto i suoi sogni realizzarsi, quando migliaia di palestinesi hanno organizzato un sit-in lungo la barriera di recinzione, il più grande raduno di questo tipo da anni. Gli organizzatori hanno voluto creare un’atmosfera da festival montando tende, bagni da campo e connessione wifi gratuita per attirare le famiglie.

Ma le promesse di pacifismo si sono rapidamente deteriorate in uno schema familiare di violenza: le truppe israeliane hanno scambiato fuoco vero e proiettili di gomma contro bottiglie Molotov e pietre, lasciando quel giorno 17 palestinesi morti e 1.400 feriti, secondo il ministero della Sanità palestinese.

Vi è stata una forte condanna internazionale dell’uso di munizioni vere da parte di Israele, ma l’esercito israeliano insiste dicendo di sparare in conformità con le regole di ingaggio.

Lo spargimento di sangue non ha scoraggiato la partecipazione alla dimostrazione, ormai lunga sette settimane, che ha visto decine di palestinesi perdere la vita sotto i colpi del fuoco israeliano. Nessun israeliano è stato ucciso o ferito negli scontri.

 

 Ahmad Abu Artema dice di essersi ispirato a Martin Luther King Jr. e al Mahatma Gandhi.

 

“Questi confini per noi qui a Gaza sono simbolo di soffocamento e oppressione”, ha detto Abu Artema. “I giovani di Gaza stanno dicendo basta con questa morte lenta e vogliono abbattere muri e barriere, spero che Israele e il mondo considereranno il nostro appello con mente aperta”.

In un campo di protesta vicino alla barriera, dove gli adolescenti tiravano di fionda e preparavano gomme da bruciare domenica come difese di fumo, l’improbabile leader sembrava fuori posto. Abu Artema dice di non aver mai gettato un sasso contro un soldato israeliano, e si sente più a suo agio in una biblioteca che tra la folla.

Ancora molti si radunano intorno all’affabile, occhialuto intellettuale e lo aggiornano sui loro piani per sfidare la sicurezza della barriera israeliana, che va da piccole recinzioni di filo spinato fino a muri di cemento di 20 piedi lungo la frontiera di 32 miglia. “Com’è il tuo morale?” ha chiesto a un uomo con le stampelle che è stato ferito durante la protesta della prima Marcia del Ritorno.

“Va bene, ringrazio Dio”, ha risposto il manifestante. “Domani romperò il recinto di filo spinato e attraverserò, niente mi fermerà, nemmeno un F-16.”

Il disprezzo di Abu Artema per i confini è iniziato nell’infanzia dopo che i suoi genitori si sono separati e sua madre è stata costretta sul lato egiziano del passaggio di Rafah.

“Ero dalla parte palestinese di Rafah e anche se la casa di mia madre era a soli 150 metri di distanza non potevo passare da lei”, ha ricordato. “Mi ha spinto a chiedermi: perché questi recinti che tengono le persone fuori da normali connessioni umane? Oggi a Gaza c’è lo stesso problema, la recinzione rappresenta l’oppressione”.

 

FOTO – Forze israeliane lanciano lacrimogeni verso dimostranti palestinesi al confine di Gaza venerdì, 11 maggio.

 

Abu Artema dice di aver passato la giovinezza a studiare i principi della resistenza nonviolenta per tracciare paralleli tra il conflitto israelo-palestinese e il movimento per i diritti civili in America, l’apartheid in Sud Africa e la lotta contro il dominio britannico in India.

“Sono stato ispirato da Gandhi, è stato per me il principale educatore. Mi piace il modo in cui ha combattuto per la pace, penso che ciò che è giusto sia più forte delle armi, quindi mi piace il metodo di Gandhi, mi piace il metodo di Martin Luther King”, ha detto Abu Artema. Come il suo idolo Martin Luther King Jr., Abu Artema ha un sogno. Spera che un giorno israeliani e palestinesi possano vivere in una nazione in cui non saranno giudicati dal loro background o dalla loro fede.

“Penso che possiamo vivere insieme”, ha detto Abu Artema. “Abbiamo i semi per vivere insieme, ma senza occupazione, senza apartheid, con uguaglianza, con diritti umani, in uno stato democratico”.

 

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Fonte:https://edition.cnn.com/2018/05/14/middleeast/gaza-uprising-leader-intl/index.html

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