Perchè tutti all’AIA il 29 novembre?

Al fine di essere tutti e tutte ben informati sulla CPI e la Palestina (senza per questo essere giuristi), ecco qualche informazione che ho scovato da buone fonti, e che permettono di fare il punto su questa istituzione e le sue capacità di azione per quanto riguarda le denunce sporte dai palestinesi alla CPI stessa.

24 ottobre 2019 – Olivia Zemor – Traduzione dal francese ANA.

 

La CPI è entrata in funzione nel 2002. E’ indipendente e il suo status trova origini nel trattato di Roma del 1998.

E’ stata riconosciuta da 123 stati (tra cui la Palestina). Gli Stati Uniti e Israele non l’hanno riconosciuta ma questo non impedisce alla CPI di poter giudicare dei criminali di guerra o crimini contro l’umanità di questi due paesi. La CPI giudica effettivamente le persone (e in generale chi ha avuto incarichi di responsabilità) e non gli Stati.

Si appoggia sul diritto internazionale, come noi lo conosciamo (Risoluzioni Onu, Convenzioni di Ginevra….) ma per aprire un’inchiesta ed esaminare un caso è necessario che questi riguardino un conflitto armato, internazionale o interno.

La CPI ha anche la possibilità di aprire un’inchiesta di sua propria iniziativa in assenza di denunce, dopo un esame preliminare che permetterà di decidere se l’inchiesta è « opportuna ». In questo caso è la CPI stessa che ricercherà le vittime.

Contrariamente alla Corte Internazionale di Giustizia (CIJ), ugualmente basata all’Aia ma con la quale non va confusa (e che giudica essenzialmente controverzie tra Stati), i giudici della CPI possono prounciare delle vere e proprie sentenze con delle conseguenze concrete, contrariamente alla CIJ che non fa che esprimere un’opinione (spesso priva di effetto, come abbiamo visto quando ha condannato il muro e le colonie nel 2004).

I giudici della CPI possono indagare e pronunciare sentenze (compreso l’indennizzo delle vittime), ma soltanto a condizione che il Procuratore Generale lo richieda. Attualmente se questi casi non sono raccolti da Fatou Bensouda, i giudici non possono aprire nemmeno un’inchiesta.

Fatou Bensouda, avvocata gambiana, che è stata procuratore in Gambia e poi alla direzione di una banca dal 2000 al 2002, è diventata procuratore generale della CPI il 12 dicembre 2011, dopo essere stata vice procuratore del   precedente Procuratore capo Luis Moreno Ocampo.

E’ stata scelta dall’insieme degli Stati membri del tribunale al termine di un processo di selezione al quale hanno partecipato numerosi candidati, sembrerebbe.

E’ presentata come una delle 100 personalità più influenti al mondo.

La Palestina ha le condizioni necessarie per essere abilitata a deporre denunce presso la CPI, avendo l’Autorità Palestinese ratificato ufficialmente la CPI il 31 dicembre 2014 (dopo essersi fatta seriamemnte desiderare) e avendo dato il via ad una procedura detta « Referral » che corrisponde ad una domanda di apertura d’inchiesta, il 15 maggio 2018.

Se il procuratore rifiuta di aprire un’inchiesta, l’Autorità Palestinese ha il diritto di fare appello presso la «Corte d’appello della CPI».

Da notare che l’assenza di riconoscimento della Palestina come Stato da parte di alcuni paesi, come la Francia, non ha impedito alla CPI di considerare le richieste delle vittime palestinesi perché, contrariamente ad uno Stato normale che giudica lui stesso i criminali di guerra, la Palestina è sotto occupazione militare e non può rendersi giustizia da sola.

Numerosissime denunce sono state depositate alla CPI dagli avvocati che rappresentano le vittime palestinesi, e non soltanto quelle dell’Autorità Palestinese (che hanno permesso di aprire il « rubinetto »)

  • denunce riguardo al massacro dell’estate 2014

  • denunce nel 2017 sull’embargo di Gaza, punizione collettiva e quindi illegale secondo il diritto internazionale, e tutte le conseguenze disastrose per la popolazione, quando in realtà una potenza occupante dovrebbe proteggere la popolazione che occupa 

  • denunce per acquisizioni di territori con la forza, illegali come il trasferimento della popolazione (i coloni) sul territorio occupato

  • denunce riguardo alle vittime della Marcia del Ritorno (in tutto 650 denunce personalizzate e documentate fino ad oggi, tra cui quella che riguarda l’uccisione di Ibrahim Abu Thuraya il 15 dicembre 2017, quando era già amputato delle due gambe)

  • e certamente, dal 2013, la denuncia alla CPI riguardo la Mavi Marmara, respinta dalla signora Bensouda, che ha dichiarato che il crimine « non era abbastanza di massa » (solo 10 passeggeri della nave turca umanitaria uccisi!)

Lo stato delle Comore ha fatto appello e i giudici della CPI chiedono al procuratore di riesaminare il fascicolo. Fatou Bensouda ha tempo fino al 2 dicembre prossimo per dire se per questo merita o no aprire un’inchiesta.

Sul piano politico, è chiaro che la maggior parte degli Stati membri di questa istituzione non hanno una gran volontà di far applicare il diritto internazionale. Così, quando quest’anno a Fatou Bensouda è stato impedito di entrare negli Stati Uniti perché voleva indagare su eventuali crimini di guerra commessi in Afghanistan, nessuno dei 123 Stati ha protestato (nemmeno lei stessa del resto) !!

In realtà, che si tratti dell’Onu (il cui consiglio di sicurezza è bloccato), dell’Unione Europea, dei governi occidentali e della maggior parte dei dirigenti arabi, ritroviamo la stessa complicità con Israele.

Dunque, non ci facciamo illusioni su tutte queste organizzazioni e pensiamo che solo la società civile possa far pendere la bilancia.

La nostra azione del 29 novembre, che sarà una prima in Europa, ha come scopo :

  1. informare la CPI, e soprattutto la signora Bensouda, che questa società civile esiste, non dorme e conosce il diritto internazionale e i doveri della CPI

  2. dare modo di esprimersi ai palestinesi della diaspora, che sono numerosi tra i firmatari di questa iniziativa

  3. stringere e mantenere i rapporti tra i militanti che lottano per i diritti dei palestinesi in vari paesi e vincere le attitudini settarie che spesso prevalgono

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