La raccolta delle olive in Palestina e la propaganda israeliana.

COGAT ha pubblicato un video che elogia una collaborazione che non spiega perché sia necessaria la presenza militare in stretta prossimità degli agricoltori palestinesi; nella loro propaganda non vi è alcuna menzione della violenza dei coloni o del furto di terra da parte dei coloni .

English version

Ramona Wadi  – 7 novembre 2019

Immagine di copertina: raccolta delle olive a Gaza. Ottobre 2018 [Ali Jadallah/Anadolu Agency]

Ogni anno in Palestina la raccolta delle olive costituisce un inevitabile richiamo per il vandalismo e a la violenza dei coloni israeliani. Nel 2018, l’ONG israeliana B’Tselem denunciò l’enorme  danno inflitto agli uliveti, con un agricoltore palestinese che riportava: “sembrava che gli alberi fossero stati massacrati”. Nel frattempo, le discrepanze tra la libertà di movimento e l’accesso illimitato agli uliveti dei coloni israeliani e le limitazioni per i palestinesi , con giorni stabiliti per il raccolto, ancora una volta costringe i palestinesi a un silenzio che non è certo voluto da loro.

Consapevoli che presentare denunce alle autorità israeliane non produce alcun risultato, gli agricoltori palestinesi sono costretti a scegliere il silenzio e un raccolto più piccolo. “Mi restavano solo tre dei giorni concessomi e ho preferito cercare di terminare il raccolto “, ha spiegato uno di loro .

Il Coordination of Government Activities in the Territories (COGAT) vorrebbe far credere al mondo intero che le cose avvengono diversamente. Il suo ultimo video di propaganda  presenta due realtà che lo Stato israeliano non ha intenzione di modificare: le restrizioni in atto verso  il movimento palestinese e la violenza dei coloni come misura complementare all’espropriazione delle terre da parte dello stato coloniale.

Video di COGAT

“Il nostro scopo è garantire che ogni agricoltore abbia libero e sicuro accesso ai suoi alberi e possa raccogliere le sue olive senza alcun problema”, afferma il funzionario israeliano. Riferendosi al filmato che mostra i palestinesi che raccolgono le olive, il funzionario aggiunge: “Come potete vedere, i contadini palestinesi che vivono qui lavorano liberamente. Siamo qui con loro, e questo è il nostro scopo. ”

Coordinare la raccolta delle olive non è libertà, né lo è una presenza militare in uno scenario di lavoro. Se COGAT vuole evidenziare la sua presenza nei campi sottolineando “l’accesso libero e sicuro” alla terra,  evidenzia anche una pletora di violazioni non solo legate alla raccolta delle olive, ma anche allo Stato israeliano che priva i palestinesi dei diritti che, altrove, sono dati per scontati. La presenza di Israele, così come dell’esercito e dei coloni, sono il motivo per cui COGAT sta tentando di normalizzare la presenza militare spacciandola per un aiuto nell’assicurare ai Palestinesi un accesso sicuro alla loro terra.

Naturalmente, il video tenta di distogliere l’attenzione dalla protezione fornita dall’esercito ai coloni anche mentre questi vandalizzano la terra e le proprietà palestinesi,  distruggendo la principale fonte di sostentamento degli agricoltori, una delle ragioni per cui l’agricoltura palestinese è diventata militarizzata. L’attaccamento palestinese alla terra è  un ostacolo per Israele; i coloni contribuiscono alla graduale espansione dello stato coloniale e, di conseguenza, all’ espropriazione palestinese. L’anno scorso, i coloni hanno  equiparato le coltivazioni  palestinesi al terrorismo;  il danno più grande della presenza dei palestinesi sulla  loro terra.

COGAT ha pubblicato un video che elogia una collaborazione che non spiega perché sia necessaria la presenza militare in stretta prossimità degli agricoltori palestinesi; nella loro propaganda non vi è alcuna menzione della violenza dei coloni o del furto di terra da parte dei coloni . Eppure i coloni lasciano le loro tracce continuamente , operando in piena vista e con la massima protezione dallo stato israeliano.

Il problema è molto più grande della raccolta delle olive; è il furto di terra che Israele elimina dalla sua finta narrativa. Tuttavia, nel far ciò, fa sorgere una domanda spontanea: perché i palestinesi dovrebbero essere costretti a lavorare a fianco di una presenza militare se vivono davvero liberamente nella propria terra?

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”- Invictapalestina.org

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam