“Il grande furto dei libri palestinesi ” nel 1948, raccontato in un documentario israeliano

Il film israeliano racconta il furto delle biblioteche palestinesi, nell’ambito delle politiche israeliane volte a far scomparire ogni aspetto dell’identità nazionale palestinese.

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Cuba Debate (con notizie da  EFE e Clarín) – 19 febbraio 2020

“The Great Theft of Palestine Books” (Il grande furto dei libri palestinesi) è l’ultimo film del regista israeliano Benny Brunner, che racconta  il furto delle biblioteche private arabe durante la “Nakba” (“catastrofe” in arabo, una parola con cui gli arabi descrivono l’esilio e l’espropriazione palestinese dopo la fondazione di Israele nel 1948).

“In un’operazione congiunta dell’Esercito e della Biblioteca Nazionale – che allora apparteneva all’Università Ebraica – furono raccolti circa 30.000 libri in case palestinesi a Gerusalemme Ovest e 40.000 in città arabe come Haifa o Nazareth”, ha detto a EFE Brunner in una conversazione telefonica da Amsterdam.

Secondo il regista, che basa il suo film su una tesi di dottorato dell’israeliano Gish Amit, i bibliotecari scartarono circa 24.000 volumi e ne conservarono altri 46.000.

Più di 7000 sono oggi nella Biblioteca Nazionale classificati come “Absentee Property (AP)”, mentre il resto “non si sa dove sia finito, ma ci sono prove che una parte sarebbe stata inclusa nella collezione generale” dice Brunner.

Tra le biblioteche confiscate vi sarebbero quelle appartenenti ad alcune delle più antiche famiglie di Gerusalemme, come i Sakakini, i Nashasiwi o gli Al Huseini, raccolte che includevano gioielli della letteratura islamica e araba.

Il documentario sostiene che, sebbene i libri fossero stati  inizialmente registrati in base alla loro origine, negli anni ’50 le carte d’identità che avrebbero permesso  di collegarli ai loro proprietari furono rimosse, per evitare che un giorno potessero essere reclamati .

“Venne  ordinato di cancellare ogni legame, di rendere impossibile la restituzione dei  libri così da impossessarsene”, dice Brunner, aggiungendo che altri documenti furono confiscati “come il grande archivio dei giornali di Jaffa, che comprendeva le edizioni dei giornali arabi più importanti che vi erano stati stampati”.

Molti dei proprietari dei libri e i loro eredi sono ora rifugiati palestinesi a cui non è permesso entrare nel Paese, mentre altri si trovano nei territori occupati o vivono in Israele e hanno la cittadinanza israeliana.

Questo è il caso di Anwar Ben Badis, residente a Gerusalemme e originario di Tantura (Israele settentrionale), uno dei villaggi palestinesi distrutti durante la guerra.

Come racconta, suo padre conservava due immagini che non dimenticò più: “Come i soldati ebrei della divisione Alexandrón dell’Haganá rubarono i libri dalla casa di famiglia e come subito dopo la fecero esplodere”.

“In totale, abbiamo perso circa 1.600 libri, per lo più testi sacri. Nel 1991, un amico antropologo che studiava alla Biblioteca Nazionale trovò tre libri con all’interno una scheda con i nomi di mio nonno e di suo fratello. Qualcuno ce li consegnò. Illegalmente. Proprio come se li avessero rubati da noi”, dice.

La sua famiglia,aggiunge, ha ripetutamente rivendicato la restituzione di questi e altri libri dalla Biblioteca Nazionale , senza mai ottenere una risposta,.

Un portavoce di tale istituzione ha dichiarato che “la raccolta Absentee Property ha solo 8 000 volumi, non fa parte delle raccolte di proprietà della Biblioteca Nazionale ed è sotto l’autorità legale del custode delle proprietà assenti del Ministero delle Finanze”, a cui  occorre fare riferimento per qualsiasi domanda.

Ma che non ha mai risposto alle richieste di informazioni.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ognispecismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

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