Israele sembra pensare che le sue città arabe siano a prova di terremoto

Ora immaginate che un terremoto colpisca Israele, un sisma che non si differenzia in base a razza, sangue o nazionalità, e danneggi due città vicine, una ebraica e una araba. Cosa pensate  succederebbe?

Fonte: English version

Di Hanin Maiadli – 15 febbraio 2023

Immagine di copertina: Persone sulle rovine della loro casa danneggiata da un terremoto mortale a Jableh, in Siria, mercoledì. Credito: AMR ALFIKY/ REUTERS

I terremoti che questa settimana hanno ucciso 40.000 siriani e turchi hanno suscitato un giustificato panico anche in Israele. Il Servizio Geologico è stato elogiato nei notiziari, gli esperti di terremoti sono diventati celebrità, sono state fatte previsioni spaventose e siamo stati tempestati di innumerevoli rapporti investigativi sulla preparazione di varie comunità israeliane e inondati di grafici che mostravano i rischi di disastri locali.

È interessante notare che gli arabi non sono apparsi in nessuna di queste classifiche. Apparentemente, non hanno nulla da temere da un terremoto. Non sono ad alto rischio, almeno secondo i media israeliani. Altrimenti, come spiegare la classifica delle “città a più alto rischio durante un terremoto” che è stata mostrata al notiziario di Canale 12, elencando Kiryat Shmona, Safed, Tiberias, Afula, Migdal Ha’emek e Katzrin. Strano: Kiryat Shmona sì, ma il vicino Majdal Shams no? E che dire di Tuba Zangaria, vicino a Safed? O Ilaboun, vicino di Tiberiade? O Nazareth e Iksal, vicini di Migdal Ha’emek e Afula?

A giudicare dai media tradizionali, le città e i villaggi arabi sono apparentemente i luoghi più sicuri in Israele. Presumibilmente non si trovano in cima alla faglia siriano-africana come i loro strettissimi vicini ebraici. Un’altra possibilità è che le infrastrutture nelle località arabe siano state costruite in modo così sicuro e attento, senza scorciatoie o soluzioni improvvisate, quindi questi luoghi sono meglio preparati per un terremoto rispetto a qualsiasi località ebraica.

E non è solo negli scenari di disastro che siamo completamente esclusi nella copertura mediatica: non siamo entrati nell’indice di povertà del 2021 (o 2022) pubblicato su Yedioth Ahronoth. Evidentemente Baka Al-Gharbiya, Umm al Fahm, Sakhnin e Kafr Yasif sono più ricchi di Ashdod, Netanya, Beit Shemesh e Be’er Sheva. Eppure in qualche modo non siamo nemmeno entrati nella classifica delle città più ricche di Israele per il 2021-2022 pubblicata da Walla.

In breve: tre elementi casuali in diversi anni e su diversi argomenti, in cui non vi è alcuna rappresentazione del 20% della popolazione, il 20% che è tra i più poveri di Israele, il 20% che è a più alto rischio in caso di  terremoto a causa della discriminazione criminale e dell’incuria nel campo della progettazione e della costruzione. Nessun riferimento a tutto questo.

Ora immaginate che un terremoto colpisca Israele, un sisma che non si differenzia in base a razza, sangue o nazionalità, e danneggi due città vicine, una ebraica e una araba. Cosa pensate  succederebbe?

Nella città ebraica, verrà allestita una sala emergenze. I media forniranno una copertura ininterrotta e intervisteranno sopravvissuti scioccati e in lutto. Sentiremo anche i rappresentanti del Comitato Interministeriale per l’Emergenza Terremoti, in cui non ci sono arabi, e che è composto da partiti di destra e di estrema destra. Il Ministro degli Alloggi e delle Costruzioni Yitzhak Goldknopf arriverà sulla scena e prometterà nuove costruzioni per le famiglie ebree rimaste senza casa perché “un ebreo non abbandona un ebreo!”

Tutti dimenticheranno come raggiungere la città araba, a parte forse Furat Nasser di Canale 12 Notizie, che riferirà da Nazareth, con la sua immagine   in un piccolo riquadro a lato dello schermo mentre l’immagine grande è dedicata alla telecronaca dalla città ebraica. Il sindaco verrà nella città araba e dirà di aver parlato al telefono con il Comitato Interministeriale e di aver fatto delle promesse, ma poiché la città non ha un piano regolatore generale, a quanto pare non c’è molto da fare in questo momento.

Tra due decenni, un giovane telegiornalista entusiasta del canale televisivo che sorgerà sulle rovine dell’emittente pubblica verrà a fare un servizio sul disastro causato dal terremoto nella città araba, e riferirà: la gente qui sta ancora aspettando le promesse del Comitato Direttivo.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org