Peggio di Galloway

È tutto un altro Labour: Jeremy Corbyn, il socialista anti-Blair

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Che la sinistra rinasca proprio nell’ultima patria di Karl Marx? In Gran Bretagna Jeremy Corbyn, il candidato più a sinistra alla segreteria del Labour, cresce nei sondaggi ed è molto popolare tra i giovani. La cover di questa settimana di Left è dedicata proprio a lui, marxista di formazione, amato dai sindacati e dalla working class, fautore della statalizzazione dei servizi pubblici, compresa la scuola. Corbyn è un feroce nemico delle diseguaglianze sociali che con la Thatcher prima e il blairismo poi, sono cresciute a dismisura. Nella sola Londra vivono 2 milioni di poveri. Questo signore dalla barba bianca che ama viaggiare in bicicletta e dice cose di sinistra, sta facendo così tanti proseliti dentro il Labour – le cui primarie si tengono il 12 settembre – da produrre diversi interventi di Tony Blair, che lo accusa di voler distruggere la creatura da lui creata: un partito laburista che corre e spera di vincere al centro dello spettro politico. «Ma più Tony Blair parla e più la gente si convince a votare Corbyn!», afferma nell’intervista rilasciata a Left, lo scrittore Antony Cartwright che ha raccontato la stagione del thatcherismo in molti dei suoi libri.

Peggio di Galloway 

Ecco la politica estera di Corbyn, candidato alla guida del Labour: Hamas, Hezbollah e isolazionismo 

Londra. Jeremy Corbyn è uno di quelli che vanno davanti alle ambasciate americane con striscioni e slogan anche quando piove forte. Ci mancherebbe: per lui quasi tutte le buone cause del mondo si possono sostenere protestando contro gli Stati Uniti. Anche nel 2015, secondo questo deputato di lungo corso dalla coerenza ai limiti dell’impermeabilità. Solo il fatto che i britannici siano isolani che si interessano sempre meno al mondo esterno, osservano alcuni, può spiegare gli innamoramenti seriali degli ultimi anni verso leader dalle posizioni di politica estera tra il desolato e lo sconfortante.

Ma Nigel Farage o Alex Salmond non si stavano candidando a guidare il Labour. Corbyn, che appartiene ad un mondo di pacchetti ideologici in cui ad una presa di posizione ne seguono altre come fossero ciliegie, sì. “E’ contro il militarismo e la guerra, contro l’austerità e contro i conti pubblici in ordine. Ha iniziato la sua vita protestando contro il Vietnam, poi contro il reaganismo, poi la globalizzazione e il libero scambio, poi George W Bush e l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan”, spiega Denis MacShane, 18 anni da deputato e 45 anni da membro del Labour. Fin qui, risulta tutto molto prevedibile. Corbyn però è anche presidente di un’associazione, chiamata la Stop the War Coalition, che in un comunicato “ha ribadito il suo appello alla fine dell’occupazione in Iraq” e ha riconosciuto “ancora una volta la legittimità della lotta degli iracheni, con qualunque mezzo essi ritengano necessario raggiungere i loro obiettivi”.  Anche se questo significa soldati britannici morti per mano di al Qaeda e dei militanti baathisti.

Ma in un Labour che alla parola ‘Iraq’ inizia a fischiettare e a guardarsi intorno, nessuno osa contraddirlo, come se fosse in corso un rito di espiazione collettiva che sarebbe maleducato interrompere. Chi conosce Corbyn garantisce che non è antisemita, ma certo la sua tendenza a condividere panel e organizzazioni con chi invece lo è e pure molto, come Hamas e Hezbollah, è assai vistosa. Nel 2009 aveva invitato esponenti di Hezbollah e di Hamas a Westminster accogliendoli come “amici” e dichiarando che a suo avviso “si tratta del modo giusto di usare i locali del Parlamento”. Nella sua constituency, Islington Nord, c’è la famosa moschea di Finsbury Park, quella di Abu Hamza, dove nel 2014 Corbyn ha dato il benvenuto al predicatore algerino Abdallah Djaballah, uno che invoca la guerra santa musulmana contro Gran Bretagna e America. Sempre l’anno scorso ha organizzato un evento pro-Palestina con tanto di cospirazionista da 11 settembre, James Thring, tutto preso ad invocare la creazione di un esercito palestinese. Chiamato a rispondere di queste cose, soprattutto di quella definizione di “amici” data a Hamas e Hezbollah, Corbyn – autoproclamatosi uomo di dialogo che però non potrebbe mai diventare amico con qualcuno che non fosse di sinistra – ha accusato a brutto muso Krishnan Guru-Murthy di Channel 4 di “trivializzare una questione importante”.

Per lui la parola “amici” aveva un senso “collettivo” e non significa che ci sia convergenza con Hamas e Hezbollah, ma soltanto che “per portare avanti un processo di pace si deve parlare con la gente con cui si è in profondo disaccordo”. Anche con chi ha nel proprio statuto che “non c’è soluzione per la questione palestinese tranne che attraverso la jihad”. E quindi via con i te’ con il ‘Gandhi della Palestina’ Raed Salah, condannato per antisemitismo nel 2008, o alle ospitate su Press TV, un canale di propaganda iraniano in cui sono spesso ospiti dei negazionisti dell’Olocausto. “Mi sono chiesto più volte se ci sia un gruppo troppo violento e radicale per Jeremy. Onestamente non credo ci sia”, ha dichiarato una volta un suo vecchio compagno d’arme, il giornalista Leo McKinstry.

Anche con l’Ira si era dimostrato molto accogliente. Nel 1984, due settimane dopo le bombe di Brighton – 5 vittime e Maggie Thatcher salva per un pelo aveva invitato dei rappresentanti dell’organizzazione in Parlamento. Tant’è. Su ‘Left foot forward’, blog progressista, ci si chiede perché nessuno lo stia sfidando sulle questioni di politica estera cercando di contrastare le sue sparate, come quando dice che la situazione in Ucraina è tutta colpa della Nato, allineandosi con Marine Le Pen e Nigel Farage. Per John C. Hulsman anche la retorica del “candido di sinistra” e dell’”idiota utile” mostra la corda: “I suoi istinti disastrosi in politica estera rappresentano un credo nettamente pericoloso, che porrebbe fine per sempre alla rilevanza della Gran Bretagna nel mondo”.

Tra i modelli di riferimento di Corbyn c’e Hugo Chavez buonanima “il cui contributo è stato enorme per il Venezuela e il mondo in senso ampio”, mentre sull’Europa non esclude di fare campagna per l’uscita dalla Ue, andando contro David Cameron. Ma il pacchetto ideologico ovviamente non finisce qui: ci sono gli isolani Chagos dislocati, il fronte Polisario, e i rifugiati di Diego Garcia.

Fonti:

Antisionismo di Jeremy Corbyn, candidato alla guida del partito Laburista britannico

È tutto un altro Labour: Jeremy Corbyn, il socialista anti-Blair

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