Furto a mano armata: la politica dell’esercito israeliano in Cisgiordania

Il ben noto video del soldato israeliano che strangola un ragazzo di 12 anni mostra solo uno dei modi in cui l’esercito terrorizza i residenti dei villaggi palestinesi per rubare la loro terra.

 

Palestinians fight to free a Palestinian boy held by an Israeli soldier during clashes on August 28, 2015 in the West Bank village of Nabi Saleh.AFP
Palestinians fight to free a Palestinian boy held by an Israeli soldier during clashes on August 28, 2015 in the West Bank village of Nabi Saleh.AFP

Di Amira Hass, 2 settembre 2015-09-05

Il soldato che la settimana scorsa ha preso per il collo il dodicenne Mohammad Tamimi fa parte dell’organizzazione che attua e garantisce il continuo furto di terra a Nabi Saleh, utilizzando diversi metodi per terrorizzare i residenti. Non è il primo e non è l’ultimo; il furto a mano armata non è perpetrato solamente sulle terre di questo villaggio, e la sorgente d’acqua a Nabi Saleh non è la sola in Cisgiordania ad essere stata sottratta dai coloni ebrei.

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Previste proteste questa settimana a Londra per la visita di Netanyahu

Importanti leader sindacali e persone di sinistra chiedono che Israele sia sanzionato, piuttosto che accolto dal primo ministro David Cameron.

British PM David Cameron (L) and Israeli PM Benjamin Netanyahu meet in London in May 2011. Amos Ben Gershom/GPO
British PM David Cameron (L) and Israeli PM Benjamin Netanyahu meet in London in May 2011.  Credit Amos Ben Gershom/GPO

Oltre 100.000 firme nel Regno Unito per una petizione che chiede l’arresto di Netanyahu a Londra
La prevista visita del primo ministro Benjamin Netanyahu al Regno Unito questa settimana ha suscitato nel paese ospitante una tempesta . Oltre  100.000 persone hanno firmato una petizione che chiede il suo arresto per crimini di guerra ed è prevista   una grande manifestazione  a Londra in concomitanza con la visita.
Con una lettera pubblicata sul quotidiano Guardian lunedi, un gruppo di dirigenti sindacali, i parlamentari del Partito Laburista e importanti uomini di sinistra hanno invitato il primo ministro David Cameron a “imporre sanzioni immediate e un embargo sulle armi a Israele finché non ottemperi al diritto internazionale e ponga fine al blocco di Gaza e all’occupazione “.

Secondo l’appello che  include tra i firmatari  Len McCluskey dirigente sindacale, il regista Ken Loach e lo storico di origine israeliana Ilan Pappe, “Il nostro primo ministro non dovrebbe dare il benvenuto all’uomo che presiede l’occupazione israeliana e l’assedio di Gaza”.

Israele, la lettera accusa, ha creato “l’inferno” a Gaza, e tra i profughi  annegati nel Mediterraneo quest’anno c’erano palestinesi in fuga da questa situazione”.
Il governo britannico non ha risposto alla lettera, anche se in una dichiarazione pubblicata Domenica in risposta alla petizione ha detto che Netanyahu, come capo del governo in visita, avrebbe l’immunità.

Palestine Solidarity Campaign (PSC) con un comunicato ha chiesto:
“Vogliamo sapere perché David Cameron accoglie nel Regno Unito un uomo direttamente responsabile di crimini di guerra, così definiti dalle Nazioni Unite. L’ Accoglienza di Netanyahu da parte di Cameron invia un messaggio molto negativo circa l’atteggiamento del governo britannico nei confronti delle quotidiane violazioni dei diritti umani di Israele e dei crimini di guerra commessi a Gaza lo scorso anno.”
il servizio di stampa palestinese WAFA ha segnalato che manifestanti provenienti da tutto il Regno Unito si riuniranno Mercoledì a Londra  per esprimere il loro rifiuto all’accoglienza del governo di Netanyahu,.

trad. Invictapalestina

fonte. http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/1.675009

Obama deve porre fine al supporto all’apartheid israeliano contro gli studenti palestinesi

The Electronic Intifada 3 Settembre 2015

Palestinian protesters climb a ladder at Israel's controversial barrier that separates the West Bank town of Abu Dis from Jerusalem November 17, 2014. Photo by Muammar Awad
Palestinian protesters climb a ladder at Israel’s controversial barrier that separates the West Bank town of Abu Dis from Jerusalem November 17, 2014. Photo by Muammar Awad

Con i contributi di: Radhika Balakrishnan, Karma R. Chávez, Dworkin Ira, Erica Caple James, J. Kehaulani Kauanui, Doug Kiel, Barbara Lewis e Soraya Mekerta

Il presidente Usa Barack Obama, in una recente intervista con Jeffrey Goldberg a The Atlantic, ha ribadito il suo sostegno e l’amore per Israele, perché, come egli sostiene, “è una vera democrazia dove puoi esprimere le tue opinioni.”

Egli ha inoltre espresso il suo impegno a proteggere Israele come “stato ebraico”, garantendo una “maggioranza ebraica”.

Il sostegno del governo degli Stati Uniti per lo “stato ebraico” è sempre stato molto più che retorico, sostenuto da miliardi di dollari di finanziamenti militari e con veti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a favore di Israele.

Noi siamo un gruppo di accademici statunitensi, che rappresentano diverse origini etniche, razziali e culturali, così come una vasta gamma di origini nazionali, che di recente ha visitato la Palestina. Siamo stati in grado di vedere in prima persona  ciò che Obama ha descritto nell’intervista come “democrazia ebraica” di Israele e quali tipi di infrastrutture le nostre tasse contribuiscono a sostenere – muri, posti di blocco  e armi moderne.

Abbiamo avuto il privilegio di viaggiare attraverso parte dei territori palestinesi occupati – Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est – dove ci siamo incontrati con i palestinesi.

Doppi standard

Ci sentiamo in dovere di condividere alcuni esempi di quello che abbiamo visto durante la nostra visita con studiosi palestinesi, responsabili politici, attivisti, artisti e altri che lavorano in Cisgiordania. Abbiamo osservato numerosi doppi standard per quanto riguarda i diritti dei palestinesi, che ci spingono a mettere in discussione l’affermazione che Israele è una vera democrazia.

Noi crediamo che le affermazioni del nostro governo che descrivono Israele come una democrazia, oscura le condizioni da essa imposte al popolo palestinese attraverso l’occupazione e con  altre condizioni che si sommano all’apartheid sotto il colonialismo.

Le nostre preoccupazioni sono iniziate ancor prima del nostro arrivo,  una ricerca sul sito web del Dipartimento di Stato per le informazioni sul viaggio in Israele ha dato risultati che fanno riflettere.

Il governo degli Stati Uniti mette in guardia i viaggiatori a fare il back up del proprio computer perché i funzionari di controllo alla frontiera israeliana possono cancellare quello che vogliono. Questo infatti è successo a uno di noi dopo aver lasciato Tel Aviv per tornare negli Stati Uniti.

Il sito mette anche in guardia i viaggiatori che possono essere controllate le loro e-mail o gli  account personali dei social network, e così i viaggiatori “non dovrebbero avere alcuna aspettativa di privacy per tutti i dati memorizzati su tali dispositivi o nei loro account”. Le  attrezzature possono anche essere confiscate.

Il Dipartimento di Stato inoltre riconosce che i cittadini americani che sono musulmani e/o di origine araba palestinese o altro possono avere una notevole difficoltà a entrare o uscire attraverso le frontiere controllate da Israele. E anche questo è successo a uno di noi che ha ricevuto una chiamata telefonica appena arrivato a Tel Aviv.

Trattamenti

Poche preoccupazioni in entrata e in uscita  rispetto alle restrizioni imposte ai cittadini americani di origine palestinese, insieme a tutti gli altri palestinesi in possesso di documenti d’identità della Cisgiordania e di Gaza.

Prima di partire, la maggior parte di noi non erano a conoscenza che per i palestinesi sotto occupazione, ci sono diversi tipi di identificazione e trattamenti con particolari restrizioni alla mobilità.

I palestinesi di Gerusalemme hanno carte d’identità  in un libretto blu, mentre quelli che vivono nel resto della Cisgiordania occupata sono in possesso di una carta d’identità in un libretto verde, rilasciato a loro dall’Autorità Palestinese con il permesso del governo israeliano.

Le persone anche se in possesso di un documento d’identità in genere non possono entrare a Gerusalemme o odierna Israele senza previa autorizzazione, anche per un colloquio per il visto per partecipare a una riunione accademica negli Stati Uniti. Molte persone che abbiamo incontrato hanno potuto  visitare, una volta nella vita, solo Gerusalemme, sede di molti luoghi sacri,  pur essendo a pochi minuti di auto.

Nel resto della Cisgiordania, un cittadino statunitense di origine palestinese che vuole vivere lì a lungo termine deve ottenere un visto che specifica la residenza soltanto nella West Bank. Essi non sono autorizzati a viaggiare dentro e fuori della Cisgiordania e sono soggetti agli stessi posti di blocco, come altri palestinesi. Essi non possono lasciare i territori occupati come  cittadini degli Stati Uniti, come il Dipartimento di Stato mette in guardia sul suo sito web.

Un palestinese nella West Bank che ha la cittadinanza americana non può semplicemente prendere un aereo da Tel Aviv come qualsiasi altro cittadino degli Stati Uniti, semplicemente perché lui o lei è palestinese e detiene una carta d’identità palestinese. Questo fatto è impresso sul passaporto degli Stati Uniti.

Essi non sono autorizzati a passare nei posti di blocco in Gerusalemme o altri posti di controllo, come altre persone possono fare con un passaporto. Questa restrizione non è affatto applicato ai coloni ebrei che stanno crescendo di numero – migliaia di loro sono cittadini statunitensi che scelgono di vivere nella Cisgiordania occupata all’interno di insediamenti illegali finanziati in parte da organizzazioni esentasse statunitensi.

La libertà accademica

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Come studiosi, tra le tante cose inquietanti alle quali abbiamo assistito è stata la libertà accademica limitata e la libertà di espressione imposto ai palestinesi (e molti israeliani, il cui viaggio nella West Bank è limitato) da parte del governo israeliano.

Abbiamo scoperto che c’è un divieto sulla maggior parte dei libri pubblicati in Siria, Iran e Libano, anche se Beirut è un hub centrale di pubblicazione di materiali letterari arabi della regione. Indipendentemente da ciò, vietare i libri è, a nostro avviso, un atto profondamente antidemocratico.

Il muro israeliano che circonda la Cisgiordania inclusa Gerusalemme – e che si snoda in profondità la Cisgiordania in molte delle citta – funziona anche per limitare la libertà accademica.

Uno degli esempi più crudi è a Betlemme, dove il muro taglia la città, rendendo l’accesso all’istruzione presso l’Università di Betlemme molto difficile per chi capita di essere, per alterne vicende, dalla parte sbagliata  del muro.

Inoltre, il campus di Abu Dis di Al-Quds University è completamente circondata dal muro, rendendo il viaggio da e per il campus incredibilmente arduo nonostante sia nella stessa Gerusalemme.

Un collega accademico ci ha descritto le difficoltà che sperimenta al campus in una giornata tipica. Si deve passare attraverso posti di blocco e sopportare le perquisizioni e una miriade di forme di molestie da parte dei soldati israeliani.

In Cisgiordania, siamo rimasti scioccati nello scoprire strade separate per Palestinesi e Israeliani in base al colore della propria targa automobilistica e di identità.

In teoria, esistono queste strade per la protezione dei coloni israeliani che vivono negli insediamenti costruiti in Cisgiordania illegalmente secondo il diritto internazionale. In pratica, queste strade creano un sistema di di apartheid  in cui i palestinesi viaggiando incontrano diversi posti di blocco nello stesso giorno, alcuni dei quali possono essere mobili,  e imprevedibilmente presenti come “posti di blocco volanti”.

Come una nostra collega ci ha spiegato, quello che prima era un viaggio molto breve tra il suo villaggio e l’università ora richiede spesso più di un’ora e mezza e ci si aspetta di attraversare almeno tre posti di blocco. Lei è spesso in ritardo per le lezioni  e alcuni giorni deve mandare tutti  a casa perché non in grado di fare il suo lavoro.

I suoi studenti sono spesso arrestati e incarcerati con la copertura legale della detenzione amministrativa – detenzione senza accusa né processo a tempo indefinito – per la loro partecipazione a qualsiasi attività politica, o semplicemente per essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Abbiamo sentito che questa procedura si intensifica durante le sessioni d’esame.

Ciò crea un ambiente accademico straordinariamente stressante in quanto i soldati israeliani possono detenere studenti e docenti che semplicemente si recano all’università.

Impunità

Noi riconosciamo il desiderio di ogni popolo ad essere sicuro – e i sostenitori di Israele che difendono le proprie politiche e azioni in nome della sua sicurezza nazionale. Quello che abbiamo visto durante la nostra visita è che la “sicurezza” si presta  come  base razionale per quasi altro  comportamento politico.

Quello che abbiamo visto è stata una lenta espansione, ma deliberata dell’occupazione israeliana, l’aumento degli insediamenti, la confisca dei terreni agricoli e la diffusione di insediamenti industriali in Cisgiordania comprese  parti sostanziali di Gerusalemme Est – tutto in nome della “sicurezza”.

Gli Stati Uniti, come stato coloniale e le sue occupazioni, la violenza della polizia, l’ingiustizia carceraria, di fatto, l’apartheid e il proprio marchio di brutalità sui confini – ha certamente le sue debolezze come  democrazia, carenze che continuiamo ad affrontare nel nostro lavoro intellettuale e politico.

Non rivendichiamo quindi alcuna superiorità morale. Ma un etnocrazia non è una democrazia; lo Stato di Israele impone dominazione violenta sul popolo palestinese attraverso il colonialismo, l’occupazione e l’apartheid – tre poli di oppressione brutale che sono l’antitesi della democrazia.

Come accademici, osservando i tentativi di soffocare le critiche ad Israele – come nel caso del nostro collega, il professor Steven Salaita – e visitando la Cisgiordania, ci ha spinto a parlare pubblicamente delle ingiustizie di Israele. E’ imperativo parlarne in questo modo.

Noi imploriamo il Presidente Obama a riconsiderare la sua retorica e la sua politica – e il bilancio degli stanziamenti – che sostengono l’impunità di Israele.

Radhika Balakrishnan is professor of Women’s and Gender Studies at Rutgers University.

Karma R. Chávez is associate professor of Communication Arts at the University of Wisconsin, Madison.

Ira Dworkin is assistant professor of English at Texas A&M University.

Erica Caple James is associate professor of Anthropology at Massachusetts Institute of Technology.

J. Kēhaulani Kauanui is associate professor of American Studies and Anthropology at Wesleyan University.

Doug Kiel is assistant professor of American Studies at Williams College.

Barbara Lewis is associate professor of English at the University of Massachusetts, Boston.

Soraya Mekerta is director of the African Diaspora and the World Program, and associate professor of French and Francophone Studies at Spelman College.

trad. Invictapalestina

fonte: https://electronicintifada.net

Grandi sogni a Gaza per la squadra di karate dei non vedenti.

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GAZA CITY, Striscia di Gaza – Mu’min Bitar sposta il braccio e la gamba dopo aver sentito le istruzioni del suo allenatore. Le sue mosse sono perfettamente sincronizzate con quelle del suo compagno Mohamed Mahaty. Insieme, hanno messo su un grande spettacolo. I giocatori non vedenti hanno imparato le loro mosse affidandosi al tatto e  all’udito. Leggi tutto “Grandi sogni a Gaza per la squadra di karate dei non vedenti.”

Trasferimenti momentanei dei palestinesi della Valle del Giordano

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Cari amici,
Lo scorso agosto, abbiamo documentato la demolizione di 50 strutture residenziali palestinesi dalla Amministrazione Civile israeliana.

Le case demolite erano in varie comunità palestinesi in Area C della West Bank. Su grande scala, in una demolizione insolitamente folle, le autorità israeliane hanno raso al suolo solo nel mese di agosto un numero di abitazioni confrontabile con quelle demolite nei primi sette mesi del 2015, lasciando oltre 200 persone senza casa, la metà delle quali minorenni.

Delle migliaia di palestinesi che vivono in famiglie numerose di agricoltura e pastorizia in villaggi in Area C, la maggior parte dei quali non sono collegati alla rete idrica ed elettrica. Le  umili tende e baracche che sono state distrutte erano le loro case, e le stalle il loro mezzo di sostentamento.

Due donne – una da Khirbet Humsah nella Valle del Giordano e una da parte della comunità di Abu Falah nella regione di Ma’ale Adumim – ha raccontato l’esistenza praticamente impossibile imposta dalla politica israeliana.
La demolizione è solo una delle tante misure adottate dalle autorità israeliane al fine di rendere la vita nella zona C insostenibile per i palestinesi e per spingerli ad andar via. Ad esempio, i militari di routine distribuiscono alle famiglie ordini per  lasciare le loro case temporaneamente in modo che possano svolgersi esercitazioni militari.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=AOcX6iLJ_xY]

Nel mese di agosto abbiamo caricato un breve film che racconta le conseguenze di questi spostamenti temporanei. Un altro esempio di questa politica è quello che il Coordinatore delle attività di governo nei Territori Maj-Gen. Yoav (Poli) Mordechai ha detto in una commissione della Knesset. Ha messo in chiaro che gli abitanti del villaggio di Susiya possono ora “scegliere” tra il trasferimento coatto di terreno adiacente alla zona A o la completa distruzione del loro villaggio.

Questa politica del governo israeliano, che è stata attuata sistematicamente da anni, costituisce il trasferimento forzato – direttamente: attraverso demolizione di case, o indirettamente: con la creazione di una realtà insopportabile – dei palestinesi che vivono nei territori  occupati.

Questa politica di lunga data è illegale, impedendo ai residenti palestinesi di condurre una vita normale, ed è vistosamente crudele e sistematica.

Cordiali saluti,
Niv Michael
Coordinatore

fonte: http://www.btselem.org