Non esiste un “terrorismo” palestinese

Foto: Durante una manifestazione contro gli insediamenti israeliani, a Nabi Saleh, vicino a Ramallah, il 4 settembre. Foto Mohamad Torokman. Reuters via Libération, 14 dicembre 2015.

Daniel Vanhove, 27 settembre 2018

Quando parlano di Palestina, gli attivisti che la sostengono devono affrancarsi dal discorso dominante che li porta all’auto-censura, ed essere coerenti. Soprattutto quando si tratta della parola “terrorismo”.

Tutti oggi conoscono l’importanza delle parole. Conviene dunque utilizzarle con precisione: non esiste un “terrorismo” palestinese, e non ce n’è mai stato uno!

C’è una popolazione che si difende da nemici esterni venuti per attaccarla, derubarla e, se possibile, eliminarla.

Quando un popolo è invaso, occupato e colonizzato da forze esterne, sono queste forze esterne ad agire come dei “terroristi”.

E coloro che subiscono questa aggressione usano i mezzi alla loro portata per difendersi.

Quindi da parte loro non c’è nessuna intenzione né comportamento “terrorista”. Solo l’assoluta determinazione a non sottomettersi alla violenza dell’occupante e a difendere la propria terra, la propria famiglia, la propria vita, con una resistenza radicale che può assumere vari aspetti.

In ogni situazione di aggressione nei confronti di un popolo, viene riconosciuto a questo popolo il diritto di difendersi “con tutti i mezzi necessari”. Mi riferisco ai testi ufficiali di Diritto internazionale:

La risoluzione 2621 XXV del 12.10.1970 delle Nazioni Unite afferma “il diritto intrinseco dei popoli colonizzati di combattere con tutti i mezzi necessari contro le potenze coloniali che reprimono la loro aspirazione alla libertà e all’indipendenza.”

Questa legittimazione del diritto alla resistenza è rafforzata dall’articolo 1°§4 del Primo Protocollo addizionale di Ginevra dell’8.06.1977 secondo cui, tra i conflitti armati internazionali, vi sono quelli “in cui i popoli combattono contro il dominio coloniale e l’occupazione straniera e contro i regimi razzisti nell’esercizio del diritto dei popoli all’autodeterminazione, …”

Perché allora dovrebbe essere diverso per i palestinesi?!

C’è solo una propaganda mediatica viziosa e ben orchestrata che ha bollato e stigmatizzato i palestinesi con il fallace appellativo di “terroristi”. Quando invece non erano e sempre non sono altro che dei resistenti contro una macchina da guerra temibile e sofisticata anche per quanto riguarda la comunicazione, come possiamo vedere da questo esempio.

A suo tempo anche i tedeschi chiamavano “terroristi” i combattenti della resistenza. E così è con tutti gli stati che incontrano una resistenza alle loro imprese belliche e coloniali. I francesi qualificarono gli algerini allo stesso modo; gli americani hanno fatto lo stesso con i vietnamiti, ecc… E oggi l’Iran, che l’alleanza USA-Arabia Saudita-Israele vorrebbe fare a pezzi, è accusato negli stessi termini. E questo non solo è inesatto, ma è totalmente infondato.

E’ un fatto, e non dobbiamo avere paura delle parole: i palestinesi si sono confrontati con il “terrorismo di stato” sin dal proclamato governo israeliano del 1948, (secondo i testi ufficiali da sempre lo Stato di Israele non poteva esistere se non affiancato da uno stato di Palestina) che ha invece deciso di invadere l’intero territorio palestinese con la forza e la barbarie militare contro popolazioni disarmate.

Questo concetto è fondamentale, perché inverte il paradigma: non sono più gli indigeni ad essere “terroristi” a prescindere dal mezzo che utilizzano per difendersi, ma chi li attacca. Quindi, non erano gli algerini a essere “terroristi”, ma lo stato francese; e non erano i vietnamiti a essere “terroristi” ma gli Stati Uniti, e così via …

Oggi ciò comporta che le decine di paesi – si parla di 86 paesi! – coinvolti chi più chi meno nell’aggressione contro la Repubblica araba siriana riconosciuta come tale dalle Nazioni Unite, sono Stati “terroristi”… che fanno di ogni loro cittadino – vale a dire, noi – un complice di questo “terrorismo” di stato, anche senza volerlo!

Ogni cittadino può comprendere pertanto la gravità di una parola mal utilizzata. E le conseguenze che ne derivano.

Bisogna dunque avere il coraggio di guardare le cose in faccia: se, come cittadini, non agiamo né denunciamo le avventure militari all’esterno condotte dai nostri stati, diventiamo allora complici di paesi che praticano il “terrorismo”.

Al contrario, i cittadini dei paesi che resistono in un modo o nell’altro, a un’aggressione esterna portata contro di loro sono dei resistenti.

Se un domani una potenza esterna ci minaccia e ci aggredisce, ci difenderemo con tutti i mezzi disponibili, e questo non ci renderà dei “terroristi” ma dei resistenti.

Non c’è ragione per cui debba essere diverso per i palestinesi. Sono davvero dei resistenti e i “terroristi” sono in questo caso, lo stato fittizio di Israele e i nostri che lo sostengono, perché con le loro scelte politiche i nostri governi rientrano nella categoria dei “terroristi” in quanto collaborano con un governo che porta avanti una guerra coloniale e pratica un apartheid denunciato dalle più alte autorità internazionali.

E i nostri Stati, complici di questa situazione, ci trascinano ciascuno nella loro scia se non li denunciamo.

Quando il fittizio stato israeliano rivendica ogni 5 minuti “il diritto di difendersi dagli attacchi terroristici palestinesi” è un abuso di linguaggio. Si fa passare – come sempre – per l’aggredito mentre è l’aggressore. E noi non possiamo trasmettere una tale comunicazione ingannevole a rischio di diventare complici dell’occupante. Questione di coerenza.

Ad oggi, la constatazione è insopportabile: i nostri paesi occidentali si coalizzano in avventure belliche esterne, rendendoci così dei “terroristi” passivi. Noi non resistiamo a nessuno stato che ci attacca, ma in compenso, i nostri eserciti partecipano alla loro aggressione attraverso più che improbabili coalizioni imposte – sotto pena di sanzioni (!) – dallo stato più “terrorista” per come moltiplica le guerre nel mondo: gli Stati Uniti d’America.

Leggi:https://www.les-crises.fr/larmee-de-trump-largue-une-bombe-toutes-les-12-minutes-et-personne-nen-parle/

Impariamo quindi ad essere cauti nell’uso delle parole, rendiamoci conto della loro portata e non trasmettiamo automaticamente le formule ingannevoli dell’élite politico-mediatica.

Denunciamole!

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Fonte:https://www.mondialisation.ca/il-ny-a-pas-de-terrorisme-palestinien/5628064

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