Dalla Palestina a Ferguson: riflessioni sul dolore condiviso e sulla liberazione

Ex carcerate nere raccontano la storia di un adolescente palestinese ucciso dalla polizia israeliana nell’ottobre 2000. L’atto di solidarietà tra la Palestina e il Black Lives Matter evidenzia traumi condivisi, ma anche strategie concrete per la liberazione.

Jen Marlowe e Je Naé Taylor – 1 Ottobre 2018

Foto di copertina: Gli attivisti di Black Lives Matter organizzano un’azione “die-in” alla Memorial Church dell’Università di Harvard il 7 dicembre 2014 a Cambridge, Mass. (Tess Scheflan / Activestills.org)

Il 2 ottobre 2000, Aseel Asleh, un Palestinese Israeliano di 17 anni, fu ucciso a colpi d’arma da fuoco dalla polizia israeliana durante una manifestazione nelle vicinanze del suo villaggio nel nord di Israele. Lo scorso 3 settembre, una lettura scenica di “There is a Field”, un’opera documentaria sulla vita e sull’uccisione di Aseel, è stata eseguita nell’ambito del Page to Stage Festival del Kennedy Center, prodotto dal Gildapapoose Collective, un’organizzazione con base nel District of Columbia che tramite azioni artistiche dirette lotta per la liberazione dei Neri.

Ciò che ha reso l’evento unico è stato il fatto che la performance è stata rappresentata da ex carcerate nere e mulatte.  Ancora più singolare: alcune di quelle donne erano state rilasciate dietro cauzione grazie ai fondi raccolti attraverso letture teatrali della stessa commedia. Qui, la direttrice  e fondatrice di Gildapapoose, Je Naé Taylor, riflette sull’iniziativa e sullo spettacolo con la drammaturga, Jen Marlowe.

Taylor: Innanzitutto, perché hai scritto “There is a Field”?

Marlowe: Aseel era un mio amico – era stato mio collega in un’organizzazione per la pace per la quale stavo lavorando in quel momento. Quando fu assassinato, sapevo che avrei dovuto fare qualcosa perché la sua vita e il modo in cui era stato ucciso fossero ricordati. Qualche mese dopo l’assassinio , chiesi a sua sorella maggiore Nardeen se voleva collaborare con me nello scrivere una commedia, ed è stato allora che abbiamo iniziato.

Taylor: Quindi “There is a Field” è nato come tributo ad Aseel. Quali connessioni ha ora quest’opera ?

Marlowe: Terminai una prima versione nel 2010, poi scrissi  la sceneggiatura. Diversi anni più tardi, decisi che volevo svilupparla ulteriormente, quindi nell’estate del 2014 la ripresi in mano. Questo accadde proprio quando negli Stati Uniti scoppiarono le proteste contro il razzismo e la brutalità della polizia, dopo che la polizia di Ferguson, nel Missouri, aveva ucciso un adolescente nero disarmato. Non potei fare a meno di vedere i parallelismi tra la storia di Aseel e la violenza di stato che colpisce i corpi dei Neri e dei Mulatti qui negli Stati Uniti. Volevo che l’opera fornisse una sorta di cornice per esplorare queste connessioni.

Taylor: Le connessioni mi sembrano chiarissime. Quando vidi per la prima volta la commedia alla conferenza sulla Campagna per i Diritti dei Palestinesi negli Stati Uniti, mi sentii come se stessi guardando una storia sulle esperienze vissute dai Neri. Un adolescente disarmato viene ucciso dalla polizia, ci sono dozzine di testimoni oculari, la notizia è ripresa ampiamente dai media nazionali e nessun poliziotto è incriminato. Proprio qui nel D.C., Terrence Sterling, Alonzo Smith, Javon Hall, Bobby Gross, Ralphael Briscoe, Mariam Carey, Relisha Rudd, sono tutte vite che sono state sottratte dalla violenza della polizia. La commedia parla della Palestina, ma è così simile alle ingiustizie di casa.

Nardeen ai funerali di suo fratello nell’ottobre del 2000

Marlowe: Sei riuscita a raccogliere $ 16.000 attraverso le letture pubbliche della commedia, e il DMV (DC / Maryland / Virginia) Bail Out ha rilasciato su cauzione sei madri. Hai anche potuto loro offrire una borsa di studio in una compagnia teatrale. Come ti è venuto in mente di utilizzare “There is a Field” per raccogliere fondi per aiutare the Black Mamas?

Taylor: Tu ed io stavamo già pensando a come utilizzare il teatro nel D.C. per aiutare le persone più colpite dalla violenza di Stato. E questo mi è sembrato un modo reale e concreto per farlo. Ogni persona nera che conosco è stata coinvolta in arresti o fermi. O sono stati imprigionati , o hanno qualcuno in carcere, o qualcuno che conoscono è in un istituto correzionale , e questi sono tutti punti di contatto con la Palestina.

Marlowe: Un’enorme percentuale di Palestinesi ha trascorso dei periodi di tempo nelle prigioni israeliane.

Taylor: Esattamente. Il padre di Aseel era un prigioniero. Decise di parlare subito ai suoi figli del periodo passato in prigione. I genitori di Aseel lo avevano politicizzato in tenera età. La madre di Aseel mi ricorda le madri che organizzo con il Black Youth Project 100 (BYP100), un’organizzazione giovanile, che guida le azioni con i figli al loro fianco.

Marlowe: Ci sono tanti modi in cui avresti potuto raccogliere fondi per il DMV Black Mama Bail Out. Perché il teatro?

Taylor: Per me, il teatro è liberazione. Le prove sono letteralmente la mia chiesa, la mia pratica spirituale. Il palco è un santuario che mi permette di muovermi con la forza che desidero. Voglio estendere questo dono alle persone che ne hanno minore possibilità. Perché se credo che la libertà è qualcosa che meritiamo tutti, allora tutti meritiamo il ​​teatro.

Marlowe: Ricordo quando venni a D.C. per due delle letture di raccolta fondi che avevi organizzato, e mi commossi profondamente ascoltando le letture, vedendo la solidarietà concreta che suscitavano. Non si trattava solo di parlare della solidarietà tra Palestinesi e Neri. La storia di Aseel faceva letteralmente e concretamente parte del portare la libertà a queste madri nere. Qualche mese fa, quando hai mandato un link al festival Page to Stage, dicendo che volevi candidarti con “There is a Field”, e che le madri rilasciate su cauzione sarebbero state quelle che si sarebbero esibite – ho avuto brividi lungo tutta la colonna vertebrale.

Marlowe: Com’è stato per te vedere la commedia al Kennedy Center?

Taylor: Mi è sembrato molto significativo. Le persone che non fanno parte del teatro conoscono il Kennedy Center. Parte dell’obiettivo era offrire uno spazio per far ritrovare la dignità. Ti senti diverso quando sei stato visto, approvato , valutato. Passare dall’essere in una prigione a maggio, al trovarsi al Kennedy Center a settembre! Com’è stato per te?

Marlowe: Sono rimasta totalmente colpita da ciò che le Mamas e gli altri artisti hanno condiviso nella discussione post rappresentazione . Qiana Johnson (che interpretava Jamila, la madre di Aseel) parlando di come lei stessa fosse stata in prigione e lontana dai suoi figli per due anni e mezzo, raccontò come il non avere vissuto per tutto quel tempo con i suoi figli le avesse permesso di sentire una relazione con il trauma di Jamila. E di quanto avesse significato per lei che Kahari, il figlio quattordicenne, fosse tra il pubblico a guardarla. Qiana non aveva mai visto uno spettacolo teatrale prima d’allora ,tanto meno ne aveva preso parte . In seguito mi disse quanto fosse stato confortante avere Kahari tra gli spettatori, di come fosse stato parte della sua guarigione, e di come anche lui fosse stato aiutato a stare meglio.

Taylor: Sapere come Qiana e Andrea Nelson (che ha interpretato Hassan, il padre di Aseel) sono sopravvissuti all’interno di una cella, sentire le loro voci reali e sul palco – è poesia. Questo è ciò che avrebbe detto Jamila, questo è ciò che avrebbe detto Hassan. Sono le voci di chi ha lottato per cause importanti.

Marlowe: C’è stato un momento che ti ha particolarmente colpito?

Taylor: Durante la discussione post spettacolo, Andrea aveva ringraziato Gildapapoose per averla liberata e ci aveva chiamato i suoi angeli. In quel momento, ho visto seduto tra il pubblico la persona che aveva ospitato una delle letture della commedia. Quella notte avevamo raccolto $ 2,000, ricordo di aver visto volare le donazioni. A quella lettura, avevamo raccolto la maggior parte di ciò che era servito per liberare Andrea.

Marlowe: Sono stata anche molto colpita da ciò che Alé ha espresso. (Alé Pablos, una donna messicana cresciuta in Arizona, ha trascorso 43 giorni all’interno di un centro di detenzione ICE all’inizio di quest’anno, dopo aver trascorso due anni nello stesso carcere. Pablos ha interpretato Nardeen, la sorella di Aseel). Era totalmente in sintonia con Aseel e Nardeen, sia come attivista che è stata attaccata fisicamente dalla polizia, sia come donna che lotta per creare una famiglia a dispetto dei confini creati dall’uomo.

Taylor: Il caso di Alé mi ha rivelato quanto sia difficile per le persone vivere dove vogliono vivere, e questo è ben rappresentato in questo spettacolo. Alcune persone hanno deciso di avere il diritto di essere qui più di quanto tu abbia il diritto di essere qui, e devi trasferirti. In America succede ripetutamente, più e più volte. Qualcuno viene e ti dice: non meriti di essere qui, abbiamo cose più importanti di te , ti trasferiremo, ti massacreremo, ti violenteremo, ti uccideremo.

Madri ex carcerate, organizzatori e attivisti al Kennedy Center di Washington D.C., dopo aver rappresentato uno spettacolo che metteva in risalto la solidarietà tra Palestinesi e Neri il 3 settembre 2018. (Will Johnson)

Marlowe: È questo il tipo di arte che vuoi creare?

Taylor: È difficile creare uno spettacolo preso da una storia vera rispetto allo scrivere di una storia immaginaria . La storia di Aseel è qualcosa di molto reale. C’è così dolore e ancora dolore. Ma poi c’è questo regalo, riuscire a  mantenere Aseel vivo attraverso questa narrazione, ed è parte di ciò che provo per la bellissima esibizione al Kennedy Center. Per quanto successo abbia avuto,  queste donne hanno dovuto soffrire per riuscire a rappresentare questo per noi. Se la prigione non esistesse, se le gabbie non esistessero, non farei questo tipo di teatro.

Taylor: qual è il tuo più alto sogno per questa commedia?

Marlowe: Penso che potremmo averlo appena raggiunto. Sapere che  le parole e la storia di Aseel hanno contribuito a portare la libertà ad altri. La solidarietà a tutto tondo delle  Mamas che recitano la sua storia. Sentire  Qiana dire “Sono per sempre parte dell’eredità vivente di Aseel”. Non riesco ad immaginare un risultato  più alto per questa commedia.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo , contro ogni schiavitù”

Invictapalestina.org

Fonte:https://972mag.com/october-2000-killings-black-palestine-solidarity-play/137977/

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